Racconti gastronomici

Copertina anteriore
Laura Grandi, Stefano Tettamanti
Einaudi, 2012 - 363 pagine
Adamo ed Eva si giocarono il paradiso per una mela, Esaù vendette la sua primogenitura per un piatto di lenticchie. Da sempre gli scrittori danno da mangiare e da bere ai propri personaggi, perché questi a loro volta nutrano i lettori: i pranzi serviti sulla pagina disvelano, come per incanto, la visione del mondo di chi si mette a tavola. Forse per questo, come dice Aldo Buzzi, lo scrittore che non parla mai di cibo "ispira diffidenza, come se mancasse di qualcosa di essenziale". E gli scrittori presenti in questa antologia parlano di cibo nelle maniere più diverse. C'è chi come Roald Dahl ci illumina sull'imprevedibile utilità di un cosciotto d'agnello quando finisce un matrimonio. Chi, come David Sedaris, commenta con arguzia irresistibile la sparizione dei ristoranti "normali" a New York, città in cui si serve "il pesce crudo annegato nel cioccolato". Chi, come Guy de Maupassant, racconta di un giovane italiano che su un treno per la Francia sazia la sua fame grazie a una puerpera. Chi, come Katherine Mansfield, descrive l'infrangersi dell'innocenza di una ragazzina subito dopo un delizioso party in giardino. O chi, come Piero Chiara, nell'invenzione del "fungo-trifola" condensa mirabilmente la forza immaginifica della scrittura, il suo saper cogliere e restituire il sapore della vita. Perché se mangiare è un bisogno primario, nutrire lo spirito è la tensione sorgiva della letteratura, e le storie qui raccolte rappresentano l'esito di questa brama inestinguibile.

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