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della dismisurata' avidità sua di danaro. Chè fignendo Mammea di accumulare per aver sempre in pronto da che empiere le mani di Alessandro onde potesse largheggiare co' soldati, avea più veramente tesaurizzato per sè medesima. E macchiò alquanto la fama del figliuolo il vedere che suo malgrado, e mentre ch' era contro la madre crucciato, non si trattenesse l'avara donna dal porre fraudolentemente le mani sopra i beni altrui e le eredità. Ella poi avendo data in moglie ad Alessandro una damigella di nobilissimo legnaggio, e ch'esso amava di amor sopraggrande, la scacciò non molto dopo villanamente di palazzo, ambendo di portare sola il nome di augusta, e avendo a male che con lei ne partecipasse anche la nuora. E tanto procedette nelle ingiurie che il padre della sposa, uomo di molta autorità presso il genero, non potendo più reggere alle villanie ch'esso e la figliuola doveano ogni giorno sofferire, se ne fuggì in campo, gridando ch'era pien di obblighi verso Alessandro per l'onore compartitogli, ma non essere più in istato di sopportare l'oltraggioso orgoglio della madre. Onde la donna, venutane in furore, dette ordine che fosse ucciso; e, cacciata via la fanciulla, confinolla nell' Africa.

Le quali cose tutte si faceano contro la voglia di Alessandro, non essendo egli in grado di opporsi alla madre, di sua natura imperiosa e assuefatta a vedersi obbedire da lui, che in questo solo si vuol riprendere di aver usato a suo riguardo una sover

ERODIANO.:

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chia bontà e riverenza, compiacendola eziandio contro i dettami della propria coscienza. Avendo in sì fatto modo governato l'imperio per lo spazio di tredici anni, senza che in quanto a lui si levasse il menomo lamento, eccoti all'improvviso venir lettere di Soria e di Mesopotamia, nelle quali quei generali davan nuova: Che Artaserse re de' persiani avea debellato i parti, e privato del regno e della vita Artabano loro re, che il primo ebbe nome di gran signore, e due diademi adoperava, e che quindi procedendo innanzi si era sottomessi tutti i popoli vicini, e se gli avea renduti tributarj: non bastato il Tigri a fare argine alle sue escursioni, ma che valicatolo scorrea sopra quel de' romani, saccheggiava la Mesopotamia, e minacciava la Siria, dicendo che tutto il continente ch'è situato fra il mare Egeo e l' Ellesponto, e che guarda l' Europa, e Asia si chiama, fu proprietà de' suoi maggiori, e come tale volerlo ripigliare, per tenersi in obbligo di ricuperare alla persiana monarchia nella sua integrità questo tratto di paese, che da Ciro il quale trasferì l' imperio da medj nei persiani fino all' ultimo Dario vinto da Alessandro, era stato governato da' satrapi della sua nazione.

Questa inaspettata invasione perturbò grandemente Alessandro giovinetto educato sempre tra la pace e le delicatezze della città. E perciò sentito il consiglio degli amici, rimasero di spedirgli ambasciadori con lettere per raffrenarne in qualche modo l'audacia. Le lettere furono scritte in questa sentenza :

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Dover lui viver contento entro il suo regno, tare cose nuove, eccitando guerre da vana speranza sollevato si appaghi di quel tanto che gli ha posto in mano la fortunu, nè voglia arrestarne il corso col provocare i romani, che sono altra foggia di soldati che i barbari suoi vicini e attinenti. Finalmente gli si rammentavano le vittorie riportate contro di loro da Augusto, da Trajano, da Lucio, e da Severo.

Con simili lettere si dava a credere Alessandro di spaventare il barbaro re, e così ridurlo a proposizioni di pace. Ma egli, facendosene beffe, e di ferma opinione che le questioni si avessero a decidere colle armi e non colle parole, scorrea più feroce le provincie romane, ponendo tutto a saccheggio, e guasta e predata la Mesopotamia, s' inanimì a espugnare lo stesso campo romano, che sulle ripe de' fiumi guardava i limiti dell' imperio. E uomo qual' era di natura borioso, vedendo andar le cose assai meglio che non avrebbe creduto, si ergea alle imprese le più sublimi, e già tutto il mondo coll'animo suo calpestava. E certo non erano cagioni di piccolo momento quelle che lo muovevano. Primo ardi guerreggiare i parti, e, vintigli, restituire quella monarchia che dopo Dario, espulso da Alessandro, goduta fu da' macedoni suoi successori, che si divisero tra loro l'Asia tutta e l'Oriente e che quindi dalle discordie indeboliti, venne in mano del parto Arsace; il quale riusci persuadere que' popoli a ribellarsi da loro e presa la corona col comune

consenso de' parti e loro vicini tenne il regno, che dopo una lunghissima serie di anni pervenne a giorni nostri in Artabano. Artaserse dunque, privato avendo questo Artabano della vita e dello stato, e sottomessi colla forza i vicini popoli, tenea alta la fronte, e provocava tutto il poter de' romani.

Avvertitone Alessandro che si trovava in Roma fu d'avviso non più convenirsegli sopportare quella barbarica arroganza, come pure dover fare caso delle continue chiamate de' suoi generali, e perciò, benchè di malavoglia, si ammannì alla spedizione. In Italia dunque e in tutte le provincie si attendeva ad arruolare gente vigorosa, e di fresca e robusta età, e si mettea sossopra tutto quanto l'imperio per fare una coscrizione sufficiente a pareggiare le sterminate forze del nemico. Intanto Alessandro, fatta venire nel campo tutta la guarnigione di Roma, ascese il tribunale, e in tal forma parlò: Io desidererei, o miei soldati e compagni, discorrervi, come fo sempre, di cose che, aggiungendomi ornamento, recassero a voi che mi ascoltate soddisfazione e piacere. Imperocchè quante volte meco stesso pensando riguardo, quanto lungamente siete voi stati in perfettissima pace, tante conosco che le presenti inaspettate notizie saranno al vostro giudizio gravi e nojose. Ma benchè, uomini quai voi siete valorosi e fortissimi, debbano elevare l'animo loro alle più alte speranze, gli è però egualmente d' uopo trarlo a sè per emendare il peccato della fortuna. La quale, con quanta più forza è sostenuta nella necessità, di tanta

maggiore gloria ricuopre, e non dissimil dolcezza ne porge, di quella che è usata far sentire a coloro che favorisce. Aggiugnete che in quel modo che l'offensore si sente stimolare da' rimorsi della sua coscien

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l'offeso si conforta e si francheggia sotto l'usbergo del sentirsi puro. Un certo Artaserse di Persia, dopo avere assassinato Artabano suo padrone, ed usurpatone il regno, si fa beffe delle forze e della maestà dell' imperio, e ardisce fare strazio e scempio delle nostre provincie. Io primieramente mi ingegnai di persuaderlo per lettere a non essere sì pazzamente cupido dell' altrui. Ma egli, infellonendo con insolenza barbarica, si gittò fuori de' suoi stati; provocandoci alla guerra. Non indugiamo dunque, ma ci affrettiamo di venir seco alle mani ponendo mente co' vecchi soldati alle vittorie che sotto Severo, ed Antonino mio padre abbiam di loro riportate, e coi giovani intendiamo a cuoprirci della medesima gloria, per far palese che sappiam contenerci con moderazione nella pace, e, bisognando, guerreggiare da valorosi la guerra. Imperocchè se i barbari infie riscono appresso a quelli che mostrano temergli, incodardiscono egualmente innanzi a coloro che volgon loro la fronte. Ned essi si riprometton vittoria col pettoreggiare il nemico, ma scorrazzando e fuggendo, si pajon far molto se son riusciti a rubare. Noi però siam di tutto provisti, nè ci occorre di apprender l'arte di vincerli e di sbaragliarli. Il discorso di Alessandro fu accolto da' soldati con grida di gioja, e tutti si mostrarono prontissimi a uscire in campa

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