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DI OMERO

TRA ОТТА

DA VINCENZO MONTI

CON

LA TAVOLA DELLE COSE PIU' NOTABILI.

VENEZIA
GIROLAMO TASSO ED. TIT. CALC. LIT. LIB. E FOND.

MDCCCXXXVII.

ز

INTORNO ALLA VITA ED ALLE OPERE

DEL CAVALIERE

VINCENZO MONTI

DEL SIGNOR

GIO. ANT. MAGGI.

Vincenzo Monti nacque in un luogo della Romagna detto le Alfonsine il giorno 19 di febbraio dell' anno 1754 da Fedele e da Domenica Mazzari. Trasportatasi assai presto la sua famiglia a Maiano presso la doviziosa terra di Fusignano, in questa egli ebbe agio di apprendere i primi elementi delle lettere e fu poi mandato a continuarue lo studio nel Seminario di Faenza, ove, sotto abili maestri, innamoratosi di Virgilio, fece notevoli progressi principalmente nella lingua e nella poesia latina. All' uscire del Seminario passò all' università di Ferrara, perocchè suo padre avrebbe voluto ch' egli prendesse a coltivare alcuna di quelle scienze le quali schiudono all' uomo la fonte delle ricchezze: ma la natura, avendo data al Monti una fantasia assai nobile ed un cuore che altamente sentiva, lo chiamava ad essere pueta, e la chiamata era troppo potente perch' egli potesse resistervi. Con saggio consiglio però ei si ritrasse ben subito dal dire versi all' improvviso, come soleva far da principio, e così ancora dal poetare latino, e di cui è a stampa qual

che suo sperimento felice; perciocchè solo dal meditato comporre uella propria lingua si può sperare vera e durevole fama.

Quindi il Monti diedesi tutto a seguire lo esempio del Varano e del Minzoni, due insigni Ferraresi che di que' giorni avevano ricondotta la poesia italiana dalle vuote cantilene arcadiche alla forza de' nostri classici antichi. Sì fatti esempi, lo studio continuo de' latini modelli, quello de' Profeti e di Daute fecondarouo maravigliosamente l'ingegno del nostra poeta, già per sè stesso fatto ad ogui grandezza. L' Ariosto poi comunicò al suo stile quella flessibilità, quel garbo, quell' abbondanza, quell'arte di discendere senza cadere e di sollevarsi ad altissimi voli dopo essere volontariamente disceso, quel fare insomma così largo, così spontaneo, ed insieme così armonico e chiaro e sempre accompagnato da una grazia robusta, onde non è facile il ritrovare fra i nostri poeti chi gli si acCosti.

Di tali qualità si vide impresso il primo componimento ch' ei pubblicò colla stampa in occasione che un sacro oratore aveva con molto lustro predicato in Ferrara pella Quaresima dell'anno 1776, e fu la 'isione d'Ezechiello. Oud' è che il cardinale Scipione Borghese Legato in quella città, preso d'ammirazione pel giovane poeta, che gli aveva dedicati que' versi, volle condurlo seco nel ritornare che fece a Roma due anni dopo.

Il giorno 26 di maggio dell' anno 1778 giunse adunque il Monti nella metropoli dell'universo, e non è a dire quanta commozione ei provasse nel calcare quella terra sacra per taute memorie, di cui e Virgilio e Cicerone ed Orazio e gli altri gli avevano tante volte favellato sì altamente ue' loro scritti immortali.

Veramente egli non pensava dapprima di fermare in Roma la sua dimora; ma da che la Prosopopeu di Pericle, recitata nel 1780 pei Quinquennali di Pio VI festeggiati dagli Arcadi nel loro Bosco Parrasio, gli aveva conciliato il favore del duca Luigi Braschi nipote del pontefice, a segno di volerlo presso di sè nella qualità di sao segretario, depose ogni pensiero di ritornare a Ferrara; e per mostrarsi grato al suo Mecenate disse nello stesso Bosco Parrasio, in occasione delle sue nozze con donna Costanza Falconieri, quel nobilissimo Canto in terza rima che intitolò la Bellezza dell' Universo (*).

Molti e bellissimi sono i componimenti che il nostro poeta andava dettando, ora per esercizio della sua musa, ed ora per lodare il pontefice ei suoi nipoti ogni volta che gliene veniva l'opportu nità, e tutti leggonsi nella raccolta delle varie sua opere. Il principale però si è la Feroniade, poema in tre canti ed in versi sciolti sul diseccamento delle paludi Pontine, il quale rimane ancora inedito, ed essendo in ogni sua parte animato dal genio di Virgilio, domanda di venire quando che sia in luce per aggiungere un nuovo fregio alla corona poetica del Monti, e per essere nella posterità un monumento di gloria nazionale per quell'opera intrapresa e condotta con si eccelso spirito da un italiano

(*) Questo Canto è stato stampato nel 1787 dal Bodoni insieme cogli altri versi del N. A. (3 volumi in 8); perciò è da tenersi sbagliata la data dell' anno 1780 che gli ussegna l'editore Bolognese delle Opere del Monti. V. anche di questa Biblioteca, le Opere varie di V. Monti, che formano i due fascicoli 90, 91.

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