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Lucus Fagutalis.

cello si annovera da Varrone. Si pone da molti presso Santa Maria Maggiore, ma senza veruna autorità; o riscontro. Meglio dal Donati si dice sul Celio; perchè il nome di Querquetulano fu dato a quel monte; e le parole di Varrone nel luogo citato: Quorum angusti fines non mirum, jam diù enim late avaritia una est: item lucus Larum, Querquetulanum Sacellum si spiegano, che anco il bosco dei Lari, ch' era a piè del Palatino, e il Sacello Querquetulano, ch' era nel Celio, erano restati angusti, come gli altri dell' Esquilie

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Ma però cotal senso non può aggiustatamente correre, e senza durezza. Lucus Larum, et Querquetulanum Sacellum non possono avere relazione diritta al Quorum angusti fines che il genitivo richiedederebbe, siccome l' hanno piana, e commoda all' antecedenti, Quod ibi lucus fagutalis, etc. e la particola Item non si aggiusta per altro verso Secondo questo senso il Sacello Querquetulano e il bosco de' Lari erano nell' Esquilie ed il nome di Querquetulano posseduto anche dal Monte Celio, se non necessita, non dissuade almeno il credere quel Sacello nella parte dell' Esquilie confinante col Celio, che prima delle mura di Tullio Ostilio, le quali l'esclusero, più per Celio che per l'Esquilie poteva essere presa. Così il Bosco Querquetulano è facile, che fosse di là da S. Gio: Laterano, ed ivi nel basso, che divisivo era tra un Monte, e l'altro, la porta Querquetulana anch' ella detta; appresso gli si può supporre il Sacello, ma sulla falda dell' Esquilie verso Santa Croce in Gerusalemme. Osservo, che Varrone volendo parlar solo de' Boschi dell' Esquilie, vi annovera non il bosco, ma il Sacello Querquetulano. Segno espresso, che il Sacello solo era nell' Esquilie standole il bosco a lato sì ma sul Celio.

Il Fagutale essere stato presso S. Pietro in Vincula, o Santa Lucia in Selce; si dice da molti, nè se ne adduce il perchè : dalla quale opinione io non mi disgiungo; ma per provarla è necessario parlar prima del Bosco Esquilino da Varrone tralasciato, forse perchè dal Re Tullio non fu fatto, se però non è lo che quel de' Lari. Varrone lib. 4. c. 8. riferendo le cime dell' Oppio, apporta in testimonio il libro de' Sacrarj degli Argei, nel quale si legge

stesso,

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Lu

del Monte

va: Oppius mons princeps Lucum Esquilinum, cum Fagutalem sinistra, quæ sub mærum est. Oppius mons bicepsos simplex. Oppius mons terci- Lucus Escepsos lucum Esquilinum dexterior via in Taberno- quilinus. la est . Oppius mons quadricepsos lucum Esquilinum via dexterior in figlineis est. Ecco, che di Quattro quattro cime dell' Oppio tre erano appresso il Bosco sommità Esquilino; e dalla terza sommità salivasi per la TaOppio. bernola tra il Coliseo, e San Clemente. Posta dunque la terza in faccia a S. Matteo, ove ancor le Terme di Filippo dicevano essere la prima come la più prossima alla divisione fra l'Oppio, e il Cispio, ed alla Regia di Tullio, sarà fuor di dubbio la vicina a S. Martino de' Monti; la seconda segue, che sia quella, che dietro a S. Matteo presso S. Eusebio s'innalza, e la quarta più lontana diciamo pur quella, che presso al Giardino del Cardinal Cornaro si vede. Pongasi il Bosco Esquilino equidistante alla prima, alla terza, ed alla quarta presso a S. quarta presso a S. Matteo; secondo tal postura (che se non è certa, non ha almeno ripugnanza, nè altra non più ripugnante credo io facile ritrovarvi) la prima sommità potè alla destra verso San Matteo avere il bosco Esquilino, ed a sinistra verso S. Pietro in Vincula il Fagutale; a cui, come dedicato a Giove, conveniva luogo più vicino alla Città, ed alla Regia. Varrone un' altra volta nello stesso libro c. 32. ne scrive: Fagutal a Fago, unde etiam quod ibi Sacellum Jovis Fagutalis; e Festo: Fagutal Sacellum Jovis, in quo fuit Fagus arbor quæ Jovis sacra habebatur ; e Plinio nel cap. 10 del decimosesto libro: Fagutali Jovi etiam пипс, ubi lucus fageus fuit

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Clivus

Non lungi dal Fagutale essere stato il Clivo detto Pullio, n'è autore Solino nel capo secondo Tar- Pullius quinius Superbus et ipse Esquiliis supra Clivum Pullium ad Fagutalem lucum; il qual Clivo forse non diverso molto era da quel moderno, per cui dalla nuova Suburra a S. Pietro in Vincula si salisce.

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Cima se

Delle tre altre cime la quinta, e la settima essere state presso S. Maria Maggiore e la Villa Pe- sta dell' retta, vedremo in breve. Segue dunque che la Esquilie. sesta fosse quella che presso S. Croce in Gerusa

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lemme dicemmo riconoscersi .

Veduti i Boschi Sacri dell' Oppio, rifacciamoci

S. Croce

rium.

da capo per camminar con qualche poco di ordine secondo i siti.

La Chiesa di S. Croce in Gerusalemme fu da Coin Ger- stantino edificata nel Palazzo Sessoriano, come scrive salemme. Anastasio in S. Silvestro e Beda nel primo tomo del Martirologio; e perciò Sessoriana Basilica suol chiamarsi (1). Del Sessoriano Palazzo non si ha altra Sesso- notizia. Solo il Sessorio presso una delle porte Esquiline si legge da Acrone accennato nella Satira ottava del primo libro di Orazio v. 14. dove dice l' Esquilie chiamarsi locus in quo antea sepeliebantur corpora extra portam illam, in qua est Sessorium (2) per la qual porta intende la Maggiore, giacchè al tempo di Acrone l' Esquilina antica era chiusa, onde poté il Sessorio star presso la porta Mag

(1) Il trovarsi appellata questa Basilica, Eleniana negli atti del Concilio Romano celebrato sotto Sisto III. l'anno 433. non deve render sospetta l'autorità di Anastasio il quale nel luogo citato dal Nardini dice: Eodem tempore fecit Constantinus Augustus Basilicam in Palatio Sessoriano ubi etiam de ligno S. Crucis D. N. Jesu Christi posuit. . . . ubi etiam et nomen Ecclesiæ dedicavit, quæ cognominatur usque in hodiernum diem Hierusalem. Imperciocchè quantunque edificata da Costantino, potè essere chiamata Eleniana, o perchè Costantino stesso le diede un tal nome, o perchè si trovava presso il palazzo di Elena sua Madre. Infatti poco distante da S. Croce in Gerusalemme nella Villa Conti si vedono ancora le vestigia delle Terme di quella Augusta, come si rileva dalla seguente iscrizione ivi trovata ed ora affissa nella sala a croce greca del Museo Pio-Clementino :

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Questi avanzi consistono in una parte del Tepidario o piscile cui mura sono rivestite della medesima composizione che si osserva nelle Terme di Tito. Ivi ai tempi del Bartoli (Memorie n. 12.) fu trovata una camera più profonda delle altre, e in essa fra molti frammenti, cinque statue di marmo

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(2) Questa porta stessa secondo Anastasio Bibliotecario (in vita Silvestri I. ) vien detta Sessoriana. et omnes agros a porta Sessoriana via itineraria usque ad viam Latinam etc.

giore e non lontano dal Sessorio il Palazzo detto Sessoriano, se però Palazzo vi fu, poichè Anastasio, e forse anche gli altri di que' secoli solevano dir Palazzi le fabbriche grandi antiche. Così dice egli Palazzo il Circo di Nerone in S. Pietro sepultus est via Aurelia. . . . juxta Palatium Neronianum in Vaticano etc. ed il Foro di Trajano si dice Palazzo da Giovanni Terzo nella Costituzione: Quoniam primitiva portata dal Martinelli nella sua Roma Sacra per altro. Al Lipsio nel 15 degli Annali di Tacito piace di leggere non Sessorium, ma Sextertium. A me il Sessoriano Palazzo, ch'essere stato in quella parte si legge, fa parer più verisimile l'antica lezione, e mi induce a supporvi qualche fabbrica di gran conto in riguardo della quale Aureliano per chiuderla in Ro

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fè fare ivi cubito alle muraglie; ciascheduno però la consideri, e legga a suo gusto.

Appresso, a destra della Basilica Sessoriana ove Tempio

è un grosso avanzo di antico edifizio, alcuni Antiqua- di Venerj dicono essere stato il Tempio di Venere, e di Cu- re, e di pidine; altri essere stato per appunto, dov'è oggi Cupido. la Basilica detta ; ma senza pure una guida, che io sappia, di congettura. Il Fulvio adduce in prova due versi di Ovidio, i quali sono nel primo De arte amandi v. 68.

Aut ubi muneribus nati sua munera mater

e

Addidit, externo marmore dives opus. Ma oltre, che non si fa ivi del sito alcuna menzione, parlarvisi di altra fabbrica, che di Venere, Cupido pur troppo è chiaro. Potè essere ivi il Sessorio; ma senz'altro lume resti pure incerto (1) .

Sessorio.

(1) Altri ancora sostennero questa opinione, e specialmente l'Autore della Storia di S. Croce in Gerusalemme (p. 29. e seg. ). Il Ficoroni poi dall' esservisi trovata la Venere coll' Epigrafe :

VENERI. FELICI. SACRVM
SALVSTIA. HELPIDYS. DD.

lo congetturò anche egli. Questo argomento però è di lieve peso se si rifletta, che quella statua non rappresenta Venere ma bensì la moglie di Alessandro Severo, Sallustia Barbia Orbiana sotto le sembianze di quella Dea, siccome chiara

Amphithe

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A sinistra della medesima è un Anfiteatro di maatruin Ca- teria laterizia d'ordine Corintio, e molto ben fatto; strense. a cui oggi le mura della Città che prima appresso gli erano sono appoggiate. Fu creduto di Statilio Tauro, ma nel 40. di Dione leggendosi essere stato quello di marmo, e nel Campo Marzo, nella qual Regione si registra da Vittore, e da Rufo e da Rufo, prudentemente questo da i più moderni Antiquarj si dice l'Anfiteatro Castrense, che in questa Regione si legge posto (1). Ma per quali giuochi potè servire ? A mio

mente rilevasi dalla sua testa. D'altronde i residui di questa fabrica non sembrano di tempio, e la Statua dell' Augusta Orbiana poteva starvi senza che il tempio fosse dedicato a Venere. Il Venuti al luogo citato asserisce essere stata demolita una gran parte di questa antichità per servirsi de' materiali nella nuova fabrica della contigua Basilica .

Questo avanzo fu ancora attribuito al Tempio della Speranza Vecchia; Frontino nel libro 1. de Aquæductibus dice Partem tamen sui Claudia prius in arcus qui vocantur Neroniani ad Spem Veterem transfert; ed in un altro luogo trattando dell' Aniene Nuovo : rectus vero ductus secundum Spem Veterem veniens intra portam Esquilinam in altos rivos per urbem deducitur. Questi passi quantunque non dimostrino, che le indicate vestigia siano certamente quelle del Tempio della Speranza Vecchia, nondimeno quando non vi fosse altro argomento in contrario non escludono affatto una tale opinione come falsamente pretese il Venuti: ( Antich. di Rom. Part. 1. c. 7. p. 153 ). (1) Di questo Anfiteatro resta intiera una parte del primo ordine, ed un arco del secondo nella parte esteriore delle mura urbane. Negli scavi eseguiti nell' interno furono trovate sotto il piano dell' arena parecchie grotte riempite delle ossa delle fiere, che erano state scannate ne' giuochi. Il Venuti (loc. cit. p. 172. ) pretese che questo edifizio fosse incastrato nel recinto dall' Imperadore Aureliano. Ciò però si oppone all'antica magnificenza, e siccome le mura ivi contigue appariscono opera de' tempi posteriori è più probabile supporlo rinchiuso da Belisario, il quale nel frettoloso ristauro, che fece delle mura dopo il diroccamento di Totila per risparmio di tempo, e di materiali si servi di tutti gli edifizj antichi, che erano presso le mura.

Nella Valle sottoposta all' Anfiteatro descritto si riconoscono le vestigia di un circo attribuito ad Eliogabalo, ed Aureliano. Ivi fu trovato l' obelisco egizio, che rotto in più pezzi si osserva nel giardino Vaticano. Nardini ne parla più

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