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nel 4. De Civitate Dei al 9. sembra confermarsi : Ipsum enim Deorum omnium, Dearumque Regem esse volunt: hoc ejus indicat sceptrum, hoc in alto Colle Capitolium.

Non minor prova ne fa l'antico nome di Tarpejo, dal Donati addotta in contrario coll' Autorità di Plutarco. Cedette quello all'altro di Capitolio per l'umano capo ritrovato nel sito del Tempio, e solo nella Rupe Tarpeja detta si conservò : evidenza ella è bastevole a far dimostrazione, che la parte del Colle, in cui l'antico nome rimase, fu la più remota dall' altra, in cui il capo ritrovato diè occasione di nome nuovo, e forse l'ossa di Tarpeja, che altrove trasportate, Plutarco dice dal luogo del Tempio, furono portate nell' altra sommità presso alla rupe, che ne serbò facilmente perciò il nome.

Altrettanto di chiarezza dalla salita dell'Asilo, allegata parimente dal Donati può trarsi. Ch' ella fosse presso al Tempio di Giove, come il Donati coll'autorità di Tacito afferma, è certissimo; ma se fu non lungi dalla moderna salita presso all' Orto dell' Arace li, come si è concluso, fa conseguenza necessaria, che presso al medesimo Convento fosse il gran Tempio .

Ma qual miglior prova dell' autorità di Dionigi nel terzo, di cui non so come il Donati possa servirsi in prò suo? Dionigi dice, che la sommità Capitolina, nella quale da Tarquinio fu fatto il Tempio, era nel mezzo più alta, che nell' estremità della sua circonferenza e l'uguagliò Tarquinio con sostruzioni terrapienate; se ciò fu vero, come il medesimo Istorico ripete puntualmente nel quarto libro, non potè il Tempio essere nella Rocca; ove la rupe Tarpeja,

quale il Tempio detto dal medesimo in alta crepidine sarebbe stato, non ebbe sostruzioni, ma dall'alto a terra fu scoglio. Segue dunque, che nell' altra cima da sostruzioni ajutata si ergesse. All' oscurità di Dionigi dà non poco credito Livio dicendo nel primo c. 21. Augebatur ad impensas Regis animus. Itaque Pometinæ manubiæ, quæ perducendo ad culmen operi destinatæ erant, vix in fundamenta suppedita

vere.

Faccia Finalmente, se posto in alta crepidine etc. era del Tem- rivolto a mezzo giorno, come Dionigi scrive nel quarpio volta verso l'ato, cioè a dire verso il monte Aventino, il quale

ventino.

dall' austral parte del Campidoglio si guarda a dirittura, quando nella sommità della Rocca fosse stato, avrebbe di necessità volto tutto il tergo all' intermonzio, per cui vi si ascendeva dai Trionfanti, nè sarebbe potuto stare su l'alta sponda con altro, che colla faccia; onde non avrebbe avuto avanti di se piazza, nè vestibulo sufficiente: inconvenienze, che ne tolgono ogni credibilità, mentre nell' altra parte dell' Araceli volto il Tempio a mezzo giorno riusciva comodo, e forse in faccia alla salita, per cui dall' Intermonzio vi si andava, e col lato sinistro secondava facilmente la sponda sostrutta alla salita di Marforio sovrastante.

Agli argomenti del Donati ancorchè ingegnosi, ed eruditi rispondere non è difficile, e primieramente il primo della salita all'Asilo vicino alla Tarpeja si è già rivoltato in prova dell' opposto.

L' Oche

si.

Al secondo delle Oche a Giunone sagre, e nel Tem- sulla Rocca in qual pio di Giunone nudrite non si neghi un Tempio di tempio di Giunone essere stato sulla Rocca; ma per quel Tem- Giunone pio prendere la Cappella, che nel Tempio di Giove PascevanCapitolino aveva quella Dea non è necessità, nè proprietà di favella, nè condecenza. E qual necessità può ridurci a dichiarar sul Campidoglio detto omnium Deorum Domicilium Tempio di Giunone una Cappel→ la d'altro Tempio, ed a supporre quel poco sito, e si celebre, e si frequentato, e sì maestoso una sporca stalla d'Oche? Se altri nel supporre un Tempio incognito sulla Rocca, quantunque non inverisimile non resta pago, cerchisi, che facilmente alcuno vi si potrà ritrovarne. Non intendo dir del Tempio di Giunone Moneta fatto dopo l'assedio de' Galli, nel quale avere i Romani in segno di gratitudine pasciute poi le Oche, ed aver Plutarco nel dirlevi pasciute anche prima pigliato errore, non sarebbe affatto strano: ma ciò non dico io. La Curia Calabra, se in essa nei primi tempi di Roma si tenne il Senato, come nell'ottavo dell' Eneide Servio scrive, e se uno de' Pontefici vi pubblicò poi nelle calende di ciaschedun mese le none lunari, era Tempio ; ma di quale Deità ? la forma delle pubblicazioni delle none da Varrone scritte nel quinto c. 4. l'insegna: Quinque Kalo Juno novella; septem Kalo Juno novella. Della Luna dunque col nome di Giunone chiamata fu Tempio la Curia Calabra, in cui il minor Pontefice in ciaschedun

giorno di Calende, per detto di Macrobio nel 15. del primo de' Saturnali; sagrificava a Giunone cognomina ta perciò Calendare, e siccome di Giove era l'anno essere stati di Giunone i mesi, anzi ed essere stata dai Romani la Luna detta Giunone, e la Giunone Lucina dalle Partorienti invocata essere stata pure la Luna, il medesimo Plutarco nel problema 77. dispiega a lungo; onde in una parte della Curia per tal❜effetto distinta esservi state alimentate le Oche, animali non meno aquatici, che terrestri, e per la loro umidità al particolar predominio della luna soggetti, ha molto minore stravaganza, che in una principale Cappella del Tempio di Giove .

e

Al terzo di Manlio difensore della Rocca, e del Tempio di Giove facile è la risposta. Le parole di Virgilio, che Manlio stabat pro Templo, han significato buono, e corrente, che Manlio su la Rocca serviva d' usbergo, e riparo al Tempio vicino sì, ma non tanto, che fosse sulla medesima sommità. Tutta la Rocca ampiamente intesa, cioè a dire l'una, l'altra cima del monte da' Galli assediato guardavasi da Manlio, e dagli altri; nella quale la più importante cosa era il Tempio di Giove Capitolino; e perciò dicendo Virgilio stabat pro Templo, vi soggiunge immediatamente dichiarazione espressa, et Capitolia celsa tenebat; colla quale ambe le sommità del Campidoglio dice sostenute egualmente.

Il quarto della Vergine Tarpeja si è parimente volto in contrario. Il nome di Tarpejo più sarebbe restato alla cima dell' Araceli, che all' altra de' Conservatori, se in questa il capo umano cagione del nuovo nome si fosse trovato, ed in quella fossero state trasportate le ossa della Vergine Tarpeja .

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Le autorità dei Poeti addotti per se benchè sembrino accennare il Tempio presso la rupe Tarpeja oltre l'esser modi di dir poetici, i quali non forzano essere intesi in senso stretto, per Rupe Tarpeja intendendono tutto il sasso, che per le sostruzioni spiccato sorgeva; così altri disse Capitolii immobile saxum ; sul quale aurea Capitolia, in proprietà di senso, non possono intendersi, che le due sommità adorne del gran Tempio di Giove, e degli altri minori sì, ma belli, e forse dorati anche essi. Il tonar di Giove dalla nuda Rupe fa sentire il sasso tutto, sovra cui più

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alto il Tempio torreggiava in conformità di quello che nell' Orazione avanti all' esilio Cicerone disse : Nunc ego si Juppiter Opt. Max. Juno, Minerva, cæterique Dii, Deæque immortales, qui excellenti tumulo civitatis sedem Capitolii in saxo incolitis constitutam. Virgilio nell' ottavo v. 347. fa sentir distinta la Rupe Tarpeja dal Capitolio, mentre dice :

Hinc ad Tarpejam sedem, et Capitolia ducit, Aurea nunc, olim sylvestribus obsita dumis. de' quali modi poetici presi per ambe le parti s'incontreranno infiniti, cercandosi; e però in essi non è da far fondamento dimostrativo. In ultimo i Giganti, che da Claudiano si dicono pendenti dalla rupe, rupe, spiegano così gran licenza di favella, che altro senso, che il larghissimo, non possono ammettere .

Alle altre autorità de' Poeti cantanti il Tempio di Giove sulla Rocca del Campidoglio è risposta soverchiamente commoda, che il nome di Rocca non solo dai Poeti, ma altresì dagl' Istorici suol darsi a tutta la sommità del monte chiusa da mura, come il medesimo Donati nel primo del secondo libro dichiara, e le stesse autorità ben considerate mostrano dover essere intese così. Lucrezio, Virgilio, Silio parlano della Rocca assediata da' Galli, e difesa da Manlio, ed in conseguenza di tutto il sommo del Colle. Ovidio oltre al plural numero altas arces dinotante ambe le cime ugualmente, col verbo tenes rende indubitato intendere tutto il chiuso da mura protetto da Giove, e ne' Fasti dicendo Giove dalla sua Rocca mirare tutto il Mondo, chi può avere dubbio, se di tutta la sommità del monte ragioni? Properzio finalmente nel cantar la Vergine Tarpeja piangente, e residente sulla Rocca, non sarà, credo io, chi l' esponga di residenza in una sola delle due sommità e se di una s' intende, dichiarando Giove vicino alla Rocca, fa espressamente sentirlo fuor della Rocca, benchè non lungi..

Il settimo argomento fondato in Dionigi non ha d' uopo di risposta; poichè la descrizione, che Dionigi fa del Colle da Tarquinio con sostruzioni fortificato, ed uguagliato con terrapieni, all' antica Rupe Tarpeja in niuna guisa può convenire.

Tutto però sia posto per mero discorso, e per maggior chiarezza della materia, e lascisi l'elezione all' altrui piacere.

318

Grandez

za

Tempio

in tutto il

Descrizione del Tempio.

CAPO DECIMOQUINTO.

La grandezza, e forma del Tempio si descrisse dal

del Riquio, e poi dal Donati assai evidente colla scorta di Dionigi, che così racconta nel quarto Extructum autem suo giro, fuit in crepidine alta, octo fere jugerum ambitu, sined in cia- gula latera habens ducentos ferme pedes longa, atque degli suoi tam exigua longitudinis latitudinisque differentia

scheduno

lati.

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est) ut vix quindecim pedibus illa istam excedat. Il circuito d'otto Jugeri inteso puntualmente col lume, che ne dà Plinio nel terzo c. del 18. libro, e Varrone nel primo De Re Rustica al c. 10. essendo il Jugero due atti quadrati congiunti, i quali fanno 240. piedi in lunghezza, e 120. in larghezza, sarebbe di 1920.piedi, quantità di troppo maggiore a quello che poi segue, che il Tempio fosse 200. piedi lungo, e 15. meno largo, quantità, che nel giro fa solo 770. piedi . Ma vinca il vero : Dionigi nel suo testo greco dice Pletri, non Jugeri oxтaλopos, ed il pletro misura greca spiegata malamente col Jugero da' Traduttori, era di soli cento piedi, come osserva il Donati nel trattar della larghezza del Tevere, e come anche io allora confermerò sicchè gli otto pletri facevano 800. piedi di giro, che col fere aggiuntovi da Dionigi riescono a maraviglia giusti col 770, e se anche vi si vuol comprendere quel di più, che occupavasi dalla scalinata, riuscirà esatta l'adequatezza; col qual lume possiamo noi cercare più minutamente la misura di ciaschedun lato. Li 200. piedi fanno (come si trae dal Donati, ed io nell'antico Vejo discorsi) 26. canne, sei palmi, ed otto oncie. La larghezza di 15. piedi meno riesce 24. canne, sei palmi, ed otto oncie. La forma così si segue a descrivere da Dionigi: Frons ejus meridiem spectat. Porticum habet cum triplici ordine columnarum: in lateribus ordo duplex est. Tres ædes pares communibus in lateribus: media Jovis, hinc, et inde Junonis, et Minervæ sub eodem tecto et pinnaPortici culo (1). Aveva il portico non in fronte solo, ma co

For ma

del Tem pio.

in fronte

e ne'lati.

(1) Dionigi dice: Ab ea parte, qua frons ejus est, meridiem spectante, triplici columnarum ordine circum

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