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OFFITIUM Beate Marie Virginis.

leg. in velluto rosso. (33555).

Membr., cc. 251, cm. 6X8,9, sec. XV;

13 Incipit Offitium Beate Virginis Marie secundum consuetudinem Romane Curie. Fregio lungo i quattro margini della carta a fiorami rossi e turchini fra auree stellette raggiate, ornato con putti, vasi, festoni e formelle polilobate contenenti figure di Profeti variamente atteggiati, con cartelli fra mano. In basso due graziosi Angiolini dalle rosse ali sorreggono una ghirlanda priva di stemma.

Iniz. D: la Vergine, a mezza figura, col piccolo Gesú in braccio. 103 Incipit Offitium mortuorum.

Fregio simile al precedente lungo i quattro margini della carta, con in una formella polilobata un monaco che contempla uno sche

basso entro

letro.

Iniz. D: uno scheletro sta qui a rappresentare la Morte.

167 Incipiunt septem psalmi penitentiales.

Fregio simile al precedente recante in basso entro un tondo la testa recisa di Golia.

Iniz. D: David, a mezza figura, intento a suonare il saltèro.

199 Incipit Offitium Sancte Crucis.

Fregio simile al precedente con nel margine inferiore una croce.

Iniz. D: la piccola figurina rappresenta Cristo che reca sulle sue spalle la croce.

231 Incipit Offitium primum Sancte Crucis.

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Fregio simile al precedente con nel basso, entro una formella polilobata, << Ecce Homo ».

Iniz. D: vi campeggia una croce aurea.

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Membr., cc. 18, cm. 8X11,6, sec. XVI princ.; leg. in

pelle marrone filettata d'oro. (33785).

I' LA GUARIGIONE DEL PARALITICO: la scena avviene sotto un elegante loggiato in stile Rinascimento sostenuto da sottili colonne sormontate da capitelli corinzi: Cristo è rappresentato sul dinanzi in atto di pronunziare il Surge miracoloso e dinanzi a lui sta il paralitico già quasi del tutto sollevato da terra col proprio giaciglio arrotolato sulle spalle. Dietro a Gesú si avanzano gli Apostoli capitanati da S. Pietro, mentre dall'altra parte si scorge la turba dei Giudei tutti provvisti di turbanti sul capo.

La composizione è buona e ricca di figure che cosí sapientemente distribuite non recano ingombro; i colori sono vivaci e vi predomina il rosso, il verde e il turchino; la prospettiva è ben resa in modo da rendere l'illusione dell'aria e dello spazio.

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LA GUARIGIONE DEL CIECO: anche qui la scena avviene sotto un ampio loggiato che s'apre nel fondo su di un paesaggio spazioso, verde e azzurrino con rade boscaglie e limitato all'orizzonte da collinette scoscese. È qui rappresentato proprio il momento del miracolo dalla figura di Cristo che avvicina l'indice a l'occhio dell' infelice che gli sta inginocchiato dinanzi, mentre piú indietro gli Apostoli riuniti in gruppo ammirano e fanno gesti di maraviglia. Chiudono la scena dall'altra parte alcune figure di Giudei coi soliti turbanti in capo. I colori sono gli stessi già notati nel minio precedente, soltanto appare un poco deteriorata la tinta della veste del Cristo.

I DISCEPOLI RECANO CIBO A CRISTO: la disposizione della scena è ispirata a quella tradizionale della Adorazione dei Magi. La lunga schiera degli offerenti si svolge attraverso a una campagna verde e ubertosa a guisa di un lungo nastro e trova il suo epilogo sul davanti colla figura di S. Pietro che porge al Maestro una cesta ricolma di pani. Cristo seduto sopra un sarcofago scoperchiato accenna colla mano destra all'alto ammonendo sulla qualità essenzialmente morale del cibo che lo nutre. Nel fondo in lontananza si scorge una città cinta di mura turrite e cuspidate che si perdono fra la nebbia.

CRISTO RISUSCITA UN MORTO AL COSPETTO DELLA MADRE DI LUI: siamo dinanzi a un palazzo fiorentino del Rinascimento la cui porta è fiancheggiata da due portatorcie di ferro battuto. In mezzo a un gruppo di personaggi in pittoreschi costumi che si accalcano per contemplare il miracolo si scorge la solita figura maestosa di Cristo che aiuta a sollevare il morto dal cataletto e lo benedice. Presso al volto emaciato del figlio sta la madre di lui, vestita di una negra veste da lutto, gli occhi sollevati al cielo, pregante. Nel fondo chiude la composizione una muraglia oltre la quale sporgono vari edifici dominati dalla cupola di S. Maria del Fiore..

LA RISURREZIONE DI LAZZARO: Lazzaro fasciato come una mummia esce dalla edicola che si è aperta al comando di Cristo e spalanca gli occhi alla vita. Dinanzi gli sta il divino Maestro, cui Marta prostrata bacia i piedi, circondato da discepoli e dalla caratteristica turba dei Giudei che si turano il naso pel fetore che emana dalla tomba. Nel fondo la solita campagna lumeggiata d'oro, alcune colline rocciose e le torri cuspidate di una città.

LA CENA DEGLI APOSTOLI: la scena che è quella tradizionale offre interesse per la iconografia perchè gli Apostoli non sono come di consueto disposti attorno a una tavola a forma di ferro di cavallo o rettangolare ma attorno ad una tavola quadra e tutta cosparsa di suppellettili e di vivande. Nella esecuzione sembra che l'artista si sia valso qui di un aiuto come può desumersi dalle proporzioni troppo meschine delle figure, dalla inespressività dei volti, dal modo con cui sono condotti i capelli tutti ugualmente lumeggiati con porporina d'oro.

LA LAVANDA DEI PIEDI: torna la mano dell' artista principale in questa scena piena di movimento ma forse troppo affollata di figure. Cristo rosso

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vestito con un grembialetto bianco stretto alla vita sta inginocchiato dinanzi a S. Pietro che già ha messo il piede entro un bacile. Attorno gli Apostoli contemplano e ammirano e con atteggiamenti diversi rivelano i sensi di umiltà e di compunzione che albergano nei loro cuori.

LA PREGHIERA NELL'ORTO: Gesú sta inginocchiato sul piano erboso, tiene le palme congiunte in atto di preghiera e mira l'Angelo che discende dall'alto in una gloria di luce a recargli un calice d'oro. Dinanzi giacciono i tre discepoli immersi in sonno profondo, il capo reclinato sulle mani, i volti placidi e sereni al pari di quello del divino Maestro. Bellissima è la campagna nel fondo, traversata da un fiume e rallegrata da chiese e da castelli turriti a cavaliere delle alture.

IL BACIO DI GIUDA: gli sgherri rivestiti di ferree armature, in gruppo attorno ad un labaro, già stringono dappresso Cristo, mentre Giuda gli si fa incontro per dargli il bacio ipocrita. Alcuni Giudei guardano e accennano, e S. Pietro sul dinanzi taglia l'orecchio a Malco. Nel fondo la solita campagna traversata da un fiume.

CRISTO DINANZI AL CAPO DEI SACERDOTI: è questa una delle scene piú drammatiche pel contrasto che offre la calma e serena figura di Cristo con quella movimentata e contratta del capo dei sacerdoti che si straccia le vesti all'udire la parola del divino accusato. Attorno si notano i soliti militi e varî personaggi che gesticolano vivamente mostrando sdegno e sorpresa.

CRISTO DERISO NEL PRETORIO: il minio si raccomanda specialmente per la forza del colorito vivace e freschissimo che trova la sua maggiore tonalità nel rosso scarlatto della veste del Cristo. Siede questi sopra un trono elevato di alcuni gradini da terra e regge nelle mani un globo e uno scettro simboli d'imperio. Gli occhi ha bendati e il capo coronato di spine. L'espressione del suo volto calmo, impassibile, regale contrasta coi volti alterati e contratti dei personaggi che gli si stringono attorno, intenti a percuoterlo e a beffarlo. Altri personaggi inginocchiati a terra, facilmente identificabili dai costumi per Giudei, ridono sgangheratamente o si levano le berrette di capo in segno di scherno.

I 2 GESÙ DINANZI A PILATO: la composizione a differenza della iconografia consueta è divisa in due parti. Sotto vedesi Cristo legato e dolorante seguito dagli sgherri dinanzi a un gruppo di Giudei e di bambini che accennano a lui e lo deridono e lo accusano; più in alto in una specie di terrazza sta Pilato in atto di pronunziare la condanna presso al servo che gli reca l'acqua per lavarsi le mani. Anche questo minio si raccomanda per la lorza drammatica.

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LA SALITA AL CALVARIO: Gesú che piega sotto al peso della croce sale l'altura sostenuto da Maria e da Giovanni mentre gli sgherri lo sferzano e lo sospingono. Nel fondo due figure di cavalieri calme e impassibili, sul dinanzi Maddalena prostrata a terra, i capelli biondi disciolti lungo le spalle, le mani congiunte in atto di disperazione.

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CRISTO MESSO SULLA CROCE: colla festività di colore del minio precedente contrasta la scena attuale, lugubre come si conviene a una scena di morte. La figura di Cristo rigida, stecchita è già distesa sulla croce mentre i manigoldi stanno piantando gli ultimi chiodi. Tutto attorno è la scorta dei militi in grigie armature di ferro capitanati da alcuni cavalieri, Nel fondo si scorge a perdita d'occhio la campagna traversata secondo il solito da un fiume.

CRISTO IN CROCE: la composizione è quella tradizionale del Crocifisso che s'erge nel mezzo fiancheggiato da Maria e da Giovanni mentre Maddalena in veste di fuoco abbraccia il legno infame. L'artista è riuscito a rendere il dramma con pochi ma efficaci mezzi, senza ricorrere come in alcune delle precedenti scene ad atteggiamenti violenti o a gesti troppo significativi. Cristo impassibile reclina il capo senza dolore e senza sforzo: le altre figure sembrano trattenere lo scoppio della loro passione per non turbare la solennità del momento. Nel fondo alcuni cipressetti si profilano in un cielo chiaro.

DEPOSIZIONE DALLA CROCÈ: i discepoli discendono dal legno il corpo esanime del Maestro presso al gruppo delle Marie avvolte nei loro manti, lagrimose nei volti, disfatte dal dolore. Anche qui si nota il contrasto e la varietà dei colori vivacissimi con preponderanza del verde, del rosso e del turchino.

LA RISURREZIONE DI CRISTO: sale Gesú al cielo in una mandorla di luce, circondato da Cherubini e da Angiolini preganti, mentre in basso le guardie giacciono immerse in sonno profondo.

Milano.

PAOLO D'ANCONA.

I libri del notaio veronese

Bartolomeo Squarceti da Cavajon (1420). (1)

(Contin. e fine: v. La Bibliofilia, vol. XIII, disp. 7a-8a, p. 241).

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» sine parmula

37. — Unum alium librum intitullatum « librum Omerij translatum a Pindaro, viginti cartarum membranarum, cuius principium incipit super prima facie prime carte de rubro: « Incipit liber Omerij » et finitur super ultima facie ultime carte: « emulus actis ».

38. Unum librum cum parmulis ligneis sine coramine octuaginta octo cartarum membranarum, in quo continentur « diffinitiones superbie et humilitatis

(1) Per una svista tipografica furono avanzati di una cifra i numeri 13-37, avendo segnato col N. 12 un capoverso che non corrispondeva a nessun' opera. All'errore vorrà rimediare facilmente il lettore, diminuendo di una cifra i predetti N. 13-37. N. d. D.

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