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sicché il povero frate dovette morire innanzi che fosse pubblicato. Anzi, caduto il secondo tomo in dimenticanza dopo la morte dell'autore, stette lungo tempo manoscritto e solo nel 1657, per le cure amorose e le sollecitazioni del padre Solimani, altro agostiniano, poté finalmente veder la luce (1).

Ma piú difficile che mai fu la pubblicazione del terzo volume che doveva condurre la storia bolognese dal 1426 al 1510 circa, giacché l'autore stimò inopportuna e non agevole cosa narrare le vicende di tempi troppo vicini. Né le premure del padre Solimani, né gli sforzi di altri valsero a rendere di pubblica ragione il resto della storia del Ghirardacci che fin d'allora correva già in piú copie manoscritta.

Pare tuttavia che intorno alla metà del secolo XVIII, col rifiorire degli studi e delle ricerche storiche, si riuscisse nel fermo proposito di pubblicare anche questo desiderato compimento della storia di Bologna. Il marchese Francesco Davia senatore bolognese, e quantunque residente a Modena, assai amante della sua città natale, sino dal 1756, unitosi in una società commerciale con alcuni cavalieri modenesi, si rivolse per la stampa del volume alla tipografia lucchese diretta dai fratelli Venturini, figli di un Leonardo che era assai noto in Modena perché vi esercitava la professione di giudice ed aveva grande amicizia col Davia. Nell' impresa, che si presentava sotto i migliori auspicii, anche per il lato commerciale, aveva una parte notevole lo stesso marchese Alessandro Frosini segretario di stato del duca di Modena.

Nel principio del 1757 la stamperia Venturini di Lucca pubblicava il seguente manifesto :

« LEONARDO VENTURINI.

Si darà con tutta sollecitudine al pubblico, per mezzo di questi miei torchi, l' Edizione di un manoscritto del reverendo padre maestro Cherubino Ghirardacci bolognese dell'ordine Eremitano di sant'Agostino, che contiene i fatti piú memorabili della città di Bologna dall'anno 1426 sino a tutto l'anno 1501. L'ordine, l'accuratezza e l'esatto metodo, onde il valente scrittore la sua storia dispone, l'interessante materia che tratta, la quale in certo modo ha quasi a tutte le città d'Italia rapporto, mi assicurano che non mancheranno gli eruditi di approfittarsi di questa sí dilettevole opera, e tanto alla cognizione delle italiche cose necessaria. Sarà essa in un solo tomo in foglio impressa, di ottima carta, di purgato carattere e diligentemente corretta. Quegli che vorranno anticipatamente la loro fede obbligare associandosi potranno averlo a paoli 12 in Lucca, assicurando che il prezzo per i non associati sarà inalterabilmente di paoli 16. Gradiscano frattanto gli eruditi il desiderio che ho di illustrare i miei torchi con opere al bene ed all' utilità della letteraria repubblica profittevoli e vantaggiose ».

L'idea del tipografo lucchese ebbe dappertutto il piú grande favore : le sottoscrizioni giunsero tosto in bel numero; anzi un libraio di Modena, certo Loschi, rappresentato da Francescanio Menafoglio, ne sottoscrisse per sè solo

(1) Parte seconda.... data in luce dal P. M. Aurelio Agostino Solimani. Bologna, per Giacomo Monti, 1657, in-fol.

800 copie, e cioè rese possibile e proficua la stampa, anche se non se ne fosse venduta piú alcuna copia: dato il numero rilevantissimo, le ebbe a otto paoli per ciascuna copia, in luogo di 12, come era stato stabilito nel bando di sottoscrizione; si obbligava inoltre il Loschi a non smerciare i volumi fuori dei dominii pontifici.

Alla fine dello stesso anno, ottenute le approvazioni delle censure ecclesiastica e civile, si dava principio alla stampa dell'opera del Ghirardacci; la quale procedette con grande celerità, tanto che alla metà del 1758 il volume era già arrivato alla metà.

<< Ma sparsasi la notizia di questa faccenda, il marchese Guido Bentivoglio di Ferrara si messe a tutt' uomo nell' intendimento di impedirla, e soprattutto vi impegnò il pontefice Benedetto XIV ed i cardinali che più potevano presso di lui; fra i quali era principalissimo l'Archinto. Questo marchese Bentivoglio grande di Spagna, ed uomo « dato tutto alla divozione », come lo chiama il padre Angelo Pozzetti, doveva essere un gran prepotente, e non è a dire quanto fece per riuscire nell' impegno di traversare ed impedire la stampa del libro. In principio esigeva solo che si togliessero i passi offensivi alla sua famiglia. Ma gli interessati negarono, perché il libro non sarebbe stato accolto con favore dal pubblico quando fosse stato mutilato ; e già gli associati, sulla voce corsane, protestarono che non riceverebbero il libro, se non fosse conforme del tutto al manoscritto autentico. Gli si offrí però di stampare in fine al volume quei documenti che avesse voluto, per provare che le cose ingiuriose alla sua famiglia, dette dal Ghirardacci, erano false. Esso intanto strepitava e minacciava sempre piú, e fra le altre millanterie dichiarava di voler fare in Lucca una causa, a giudizio pubblico, per provare la falsità dello storico.

Ma intanto le sue premure presso la corte di Roma avevano prodotto il suo effetto. Giacché saputo dall' agente lucchese Filippo Maria Bonamici che la stampa dispiaceva al papa, che discorrendo del fatto aveva esclamato <<< essere un' indegnità » ed avere aggiunto che essendo egli arcivescovo di Bologna, non l'aveva voluta permettere, soprattutto perché era amico del cardinal Bentivoglio (1). Gravi obbligazioni avevano i Lucchesi verso quel papa, onde si decisero di contentarlo; ed infatti per mezzo del Magistrato dei Segretari fecero sapere all'agente Buonamici che il libro non si sarebbe pubblicato, e di ciò fu fatta promessa solenne. Quella dichiarazione fu fatta al cardinale Archinto, giacché il papa era caduto malato; ma essendogli stata partecipata dal detto cardinale, ne fu contentissimo e ringraziò i Lucchesi come di un particolare favore (2).

Ma dopo questi giorni il papa essendo morto (4 maggio 1758), si sparse in Roma la notizia che la Repubblica si credesse sciolta dalla promessa, e che la contrastata storia si pubblicherebbe. Non è a dire quello che fece il marchese inferocito e indispettito. Raddoppiò soprattutto gli impegni presso il collegio dei cardinali, allora in sede vacante, « offiziando con lettere di fuoco tutti i signori cardinali suoi amici, che non sono pochi e sono la piú rispettabile parte

(1) Archivio di Stato di Lucca. Buonamici, lettera del 15 aprile 1758.

(2) Archivio di Stato di Lucca. Riformazioni segrete del Consiglio generale, 14 lu

glio 1758.

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del Sacro Collegio » : fra questi il cardinale Portocarrero faceva istanza per lui a nome del suo re (di Spagna) gran protettore della famiglia Bentivoglio » (1). Era cosí indiavolato che il cardinale Archinto confessava che se il libro si fosse stampato « non avrebbe garantito lo stampatore da qualche dannosa conseguenza per parte del marchese » (2). Mosso da tutta questa tempesta e da parole altere minacciose che si dirigevano ai Lucchesi per parte di tutti o quasi tutti i cardinali, che ne avevano fatta questione d'impegno, il Buonamici credette di ripetere la promessa già fatta al papa, e di rinnovarla parlando a nome della Repubblica a Monsignor Antonelli segretario del conclave » (3).

Ma quale la vera causa di cosí strana e radicata avversione del marchese Guido Bentivoglio d'Aragona contro il terzo volume di Cherubino Ghirardacci ? Appar chiaro da tutto un importante carteggio che intorno alla famosa questione, svoltasi a Lucca, a Bologna, a Ferrara e a Roma, conservasi alla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, acquistato insieme alla preziosa copia di questo terzo volume di cui piú tardi parleremo. Sono documenti tratti tutti dall'archivio dei marchesi Bentivoglio e consistono nelle lettere che furono scambiate tra i varii personaggi interessati, in occasione dell' acerbo conflitto.

Da tali lettere, e in specie da quelle del marchese Guido e della marchesa Eleonora Bentivoglio Albergati sorella di Guido, che risiedeva a Bologna e che ebbe gran parte in tutta questa faccenda (donna di non comune intelligenza e di savio e retto giudizio), risulta che una notizia del Ghirardacci dispiaceva in

(1) Archivio di Stato di Lucca. Buonamici, lettera del 1o luglio 1758.

(2) Archivio di Stato di Lucca. Buonamici, lettera del 3 giugno 1758.

(3) Da una lettera di Salvatore Bongi diretta a Luigi Frati e pubblicata da Giovanni Gozzadini nel lavoro: Lettera di fra Cherubino Ghirardacci e notizie riguardanti la stampa del suo terzo volume della Historia di Bologna, pubblicato negli « Atti della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna », serie I, anno II (1866), pp. 169-187.

I documenti lucchesi che riguardano questa impresa si conservano, come nota lo stesso Bongi, nell'Archivio di stato di Lucca: sono da consultarsi specialmente una filza a parte riguardante questa faccenda contraddistinta dall'antica segnatura A. 22. 215 e le Riformazioni segrete del Consiglio generale 14 luglio e 18 dicembre 1758 e 16 gennaio e 18 dicembre 1759.

Era mio desiderio fare nuove ricerche nell'Archivio lucchese, e a tal fine richiesi al direttore di quell'archivio prof. Fumi se esistevano documenti riguardanti il Ghirardacci e il terzo volume non visti dal Bongi; il prof. Fumi mi rispose con questa gentilissima lettera che mi assicurò non esistere là documenti che avessero potuto maggiormente illuminarmi:

<<< Esaminate con diligenza tutte le carte relative alla controversia e provocate dalla stampa del III tomo del Ghirardacci, si è riscontrato che la storia della vertenza è narrata compiutamente nella lettera del Bongi, e non si sono trovate particolarità, almeno di qualche importanza, in essa non accennate. Apparisce da una bozza di lettera del Mansi al cugino marchese Bentivoglio che questi avesse già pronta una vera e propria confutazione al Ghirardacci e che, in un certo momento della lunga questione, fosse disposto a tollerare per ciò la stampa del III tomo, evitando di rimborsare gli interessati; ma infine preferi di pagare e distruggere la intera edizione. In altre lettere si contesta con vari argomenti da alcuno degli interessati nella stampa che il testo del Ghirardacci contenga offese per il ramo superstite dei Bentivogli, che son cose da tutti conosciute ecc. ».

Ma di queste ultime particolarità possediamo all'Archiginnasio numerosi documenti che riferiremo più avanti.

particolar modo al marchese Guido: l'affermarsi cioè che il celebre Annibale, figlio di Antongaleazzo Bentivoglio, era d'origine spuria. Ma ecco le precise parole incriminate, quali leggonsi nel volume a stampa, sotto l'anno 1445, e precisamente a pagine 59-60:

<< Divenne Annibale figliolo di Antonio a questa guisa. Era in Bologna una Donna assai di buon sangue, bella, piacevole, et di gratiose maniere con la quale havevano intrinseca dimestichezza Antonio Bentivogli, et Gasparo Malvezzi, et secretamente seco si pigliavano sovente piacere, senza haver a male l'uno dall'altro, avenne che la Donna rimase gravida, e partorí questo figliolo, et ciascuno di essi si credeva che fosse il suo. Cresciuto il fanciullino, et dimostrando riuscita, et di ingegno, et di molta speranza di alto valore, amendui l'accarezzavano come figliolo, et essendo un giorno a diporto insieme, et sendo loro presente il putto, Antonio si lasciò intendere, che lo teneva per suo, et Gasparo, anch' egli scoprendosi affermava, che fosse suo. Et venendo ad una piacevole contesa sopra ciò, et giocando al Tavoliero Gasparo disse: Facciamo cosí o Antonio, poiché il fanciullo resta alla fortuna, non sapendo di chi di noi due sia figliolo, ella col mezzo del Dado disfinisca la nostra lite, chi di noi farà maggior punto, quello del Putto sia il Padre, et il figliuolo sia suo liberamente, et l'ubbidisca. Piacque ad Antonio il partito, et datasi amendue la fede, gittarano il Dado, et Antonio hebbe maggior punto di Gasparo. Et pigliato il putto nelle braccia teneramente lo baciò, et l'accettò, et tenne sempre per suo figliolo, facendolo con ogni diligenza nutrire et allevare in ogni virtú. Essendo adunque cresciuto Annibale, et vedendolo Antonio giovane ardito, robusto, et di grande ingegno in tutte le cose lo raccomandò al governo di Micheletto Attendulo, accioché nelle cose della militia l'ammaestrasse, et stette al suo servigio insino a questi tempi, e talmente diede speranza della sua buona riuscita, che era stimato giovane di gran cuore, grazioso, ardito, prudente, accostumato, et di tale benigna natura, che egli ragionando traheva a se i cuori altrui ».

Che questa fosse la causa principalissima dell'odio del marchese Guido contro il terzo volume del Ghirardacci, è dimostrato anche dalle annotazioni marginali, di mano forse dello stesso marchese, che leggonsi ancora nella copia unica che si salvò dall'eccidio e che per tanto tempo stette nascosta nell'archivio dei Bentivogli. Ai lati infatti del passo incriminato leggesi :

<< Questa favola si smentisce con molti documenti, tra' quali dall' istromento di tutela per Giovanni II Bentivoglio pupillo, e figlio di quest'Annibale, a rogito di Cristoforo di ser Antonio Fabri notaio di Bologna, sotto li 8 luglio del 1445; risulta che Annibale fu figliuolo d'Antonio Galeazzo e della Francesca Gozzadini, leggendosi in detto istromento: Nobilis domina Francisca filia quondam spectabilis militis domini Gozzadini de Gozzadinis, vidua et uxor quondam bone memorie magnifici viri et eximii legum doctoris domini Antonii de Bentivolis; nec non domina Donina spectabilis militis domini Lancelotti de Vicecomitibus vidua et uxor quondam bone memorie virique magnifici Annibalis olim filii domini quondam Antonii de Bentivolis, scientes etc.

<< Che poi detta Francesca Gozzadini fosse madre d'Annibale, lo spiega il precitato istromento, ivi: Et volentes domina Francisca tamquam avia paterna dicti pupilli etc; mentre se non fosse stata vera e legitima madre d'Annibale, che fu

Austen Favola sifmantike con nosti Documanti, trà quali Jatt

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tromanto di Intela par lie 2? 1. entivoglio Repilo a Figlio di que Innibale, a hogito di Cristoforo di Ser Anto

Jabri Not? Di

di Bologna, jot Dedings; ripul

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to li luglio to cha Annibale Ar Aglivalsd Antonio lalaazzo, a dada mas cesca lozzadini, leggendoji in Jeromento No. Domino, Francijen Dilin zu splis Mili

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An. Cr.a., a male I uno dall' altro, avenne che la Donna rimate gravida, e partorì
1438.questo figliolo, & ciascuno di eft fi credeva che fole il fuo. Crefciuto il
f fancinilno, & donoftrando riuscita, & di ingegno, & di molta (peranza
di alto valore, amendui l' accarezzavano come figliolo, & eflendo un gior-
no a diporto infieme, & fendo loro prefente il putto, Antonio fi lafcid in
tendere, che lo teneva per fuo, & Gafparo, anch' eg egli scoprendofi affer-
mava, che foffe fuo. Et venendo ad una piacevole contesa sopra ciò, & gio-
cando al Tavoliero Gafparo dille: Facciamo così o Antonio, poiché il fan-
ciullo resta alla fortuna, non fapendo di chỉ di noi due fia figliolo, ella
col mezzo del Dado distinisca la nostra lite, chi di noi farà maggior pun-
to, quellodel Putto fia il Padre, & il figliolo sia suo liberamente, & l' ub-
bidifca. Piacque ad Antonio il partito, & datasi amendue la fede, gitta-
rano il Dado, & Antonio hebbe maggior punto di Gasparo. Et pigliato il
putto nelle braccia teneramente lo bacid, b, & l'accetto, & tenne fempre per
fuo figliolo, facendolo con ogni diligenza nutrire & allevare in ogni virtù.
Effendo a lanque crefciuto Annibale, & vefendolo Antonio giovane ardi-
to, robusto, & digrande ingegno in tutte le cose lo raccomandò al gover-
no di Micheletto Artendalo, acciochè nelle cofe della militia l' ammaestraf.
fe, & ftette al fuo servizio intino a questi tempi, e talmente diede speran-
za della sua buona riuicita, che era ilimato giovane digran cuore, grazio--
fo, ardito, prudente, accostumato, & di tale benigna natura, che egli ra-
gionando traheva a se i cuori altrui. Ora informati i Cittadini di Bolo-
gna de suoi rari costumi cercavano di ridurlo alla Patria, sì per l' amore
che portavano ad Antonio, sì anche per confermare più la loro libertà sotto
il Duca di Milano, penfandofi eglino che per eller Annibale da tutti amato
& effendo li Cittadini con eifo lui, foffe come un freno in bocca al Duca di
havere ad offervare li capitoli farti con effo lui. Gli fcriffero adunque più
fiate invitandolo al ritornare alla Cirth; poichè più non vi erano gli nemici di
suo padre. Ma Annibale come prudente (benchè foife defiderofo di rived
re la cara Patria) non volendosi piegare così facilmente a tale invito, fi confi-
glid con l'Attendulo fuo Signore, & li mostra le lettere, il quale come
lavio Capitano, & a lui Padre, che molto l' amava, con molte vive ra-
gioni il diffuafe al ritornarvi. Accetto Annibale il confeglio del fuo Signore,
& alli Cittadini rispose non poter per all' hora ritornare per effere ai fervi-
gio di Micheletto Attendulo, & che di tanto loro benigno, & amorevole
animo gli ringratiava.

4

tih. Pozzadini da Pozzadinis, otoxer quond. Am. hay Miri oteximij Zagum Doctors -Smornij de Pansi volij; na non-Donira Iplis Ailitijos carn caboti de bicocomitibus wider, et beer guard. 6.m. hase Annibalij al. Jitij & Antonij de Bentivolij, seiantaf Che Poi Franc Gozzadini fofse Madre d'Anmaale is spiega il

Divique

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pracitate stramento = ivi a lentas 65. Francifea tamquam Aria Paterno dieti Rupillig = mentre se non fobe stata vera, ara, elegitimo e nadre & Annibale, che pupadra del Pupillo sion, non potovachagiz-) sentarsi a chiedere la Batalla

Mo Puzrillo, na dichiarazi zavie Paterna dicti Pupilli davanti adun sindica eziandio con la dez

Havute le lettere, a Cittadini molto più accrebbe il defiderio, ch'egli
avefle a ritornare, & allai più che di prima il cominciorono a moleftare con
lettere, & inviti, & vi mandarono finalmente Giacomo da la Pieve, il qua-
le con tanta efficacia di parole, e di prieghi lo combattè, che egli fi fafcid
perfuadere al ritorno, laonde con buona licenza del suo Signore fi parti dal
Reame di Napoli, & ne venne a Castello S. Pietro, dove si trova all'in-
contro molti degl' amici di suo Padre, che quivi erano venuti per accon-
pagnarlo honorevolmente in Bologna, Et Annibale quanto più egli a Bo-
logna fi avvicinava, tanto più fi vedeva da Cittadini rincontrato & falutato,
il quale alli 8. di Settembre il lunedì a hore 19. entrò nella Città, havendo
feco in compagnia Ferabofco, Benvenuto, Scaramuccia, il Zutta con mol-

ti altri huomini in arme valorofi, & fe ne andò ad alloggiare alla cafa di
fuop hadre in Strd S. Donato, dove concorfero molti de Cittadini, & del

popolo a visitarlo, ne poteva alcuno fatiar di guardario, posciachè in
lui scorgevano l' erigie Paterna, & un vivo ritratto sì de costumi come del-
la virtù, & fattezze d' Antonio.

In tanto il Senato con Raffaele Fofcarari alli 6. di Novembre il gio

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ban'è noto, che la lazgi epludono le Pamire dalka Putaha dico maggior fondamento bició fi la Popiziona dol 170 in antε α

Il passo incriminato del III vol. del Ghirardacci nell' edizione di Lucca e le annotazioni marginali del Bentivoglio (Dall'unico esemplare che si conserva nella Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di Bologna).

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