padre del pupillo Giovanni II, non poteva ella presentarsi a chiedere la tutella d'esso pupillo, né dichiararsi avia paterna dicti pupilli davanti ad un giudice eziandio con la deposizione di testimoni, quando in realtà non fosse stata madre. d'Annibale; impercioché ben è noto che le leggi escludono le femine dalla tutella, fuorché la madre e l'ava del pupillo. Si vegga per maggior fondamento di ciò la posizione del 1762 in archivio, nel libro 256, N. 3 » (1). Altre minori ragioni dell' irà del marchese Guido erano, secondo che si trae da una lettera del senatore Davia uno di coloro che avevano proposta e caldeggiata la stampa i sospetti o la convinzione che nella narrazione del Ghirardacci si avesse la testimonianza di fatti poco onorevoli per il ramo dei Bentivogli rifugiatisi a Ferrara a cui apparteneva il marchese Guido e viceversa si tendesse ad esaltare e a magnificare il ramo di Bologna da cui discendeva lo stesso senatore Davia (2). * Mentre il marchese Bentivoglio svolgeva a Roma, presso i cardinali ed il papa, la potente e intrigante azione sua diplomatica, alla fine del 1757 e durante tutto il 1758, e giungeva a quei notevoli risultati che più sopra vedemmo, non cessava dal fare indagini di natura storica e scientifica allo scopo di potere realmente provare che era falso quanto il Ghirardacci aveva scritto intorno ad Annibale; e potere poi confutare la stampa nel caso disgraziato che, nonostante l'opera sua, avesse ad effettuarsi. A tal fine si era rivolto a quanti studiosi di discipline storiche erano in Bologna, quali il Montefani, il Branchetta, lo Scarselli ed altri, valendosi specialmente dell' influenza e dei molti rapporti che in quella città aveva la sorella marchesa Albergati. Al principio del 1759 il manifesto, che aveva in animo di pubblicare, a confutazione del Ghirardacci, il marchese Guido, era già a buon punto, dopo lunghe cure e ricerche negli archivi spesevi dal Branchetta; e il 13 di gennaio di quell'anno cosí scriveva la marchesa Albergati al fratello, spedendo l'abbozzo del manifesto stesso: La Bibliofilia, anno XIII, dispensa 10-1]a « Per le pressure che vi assicuro si vanno continuamente facendo per il noto Manifesto, l'Abbate Branchetta è venuto questa mattina con un grosso fascio di carte, scritte di suo pugno, e portanti il transunto delle particole tutte degli instrumenti e reccapiti da voi mandati, degli instrumenti e reccapiti levati dall'Archivio Masina e di molti altri reccapiti che in qua e in là si sono andati raccogliendo, quali particole collazionate, e sopra gli originali rispettivi assicu rate, possono aver correlazione o prossima o remota, e cioè o mediata o immediata col caso nostro, e servire al nostro intento. Addunata così là materia, che per natura sua (a cui è d'aggiungersi la poca salute del sudetto, e le occupazioni avute) ha portata tanta dilazione, si è Egli fatto alla estensione del Manifesto, il di cui abbozzo mi ha pregata a mandarvi, come faccio, perchè vediate (1) Biblioteca Com. dell'Archiginnasio, a pag. 59-60 dell' esemplare a stampa del terzo volume del Ghirardacci. Vedasi a pag. 364 la riproduzione zincografica della pagina famosa. (2) Archivio di Stato di Lucca, nella posizione segnata A. 22.215. 44 il metodo col quale intende procedere. Il riflesso di parentela tra Gaspare Malvezzi e Anton Galleazzo, non è di poco conto, come non lo sono le contradizioni del Ghirardacci et il silenzio della favola dei molti autori, o sincroni, o non lontani da quei tempi. Si procederà in appresso all' instrumento di tutela, et alle prove procedenti da sudetti altri reccapiti gia spogliati. Dall'abbozzo incaminato potrete far idea del metodo, e aggiungendo, mutando o levando, come meglio vi piacerà, potrete rimandare i fogli medesimi per metterli poi in pulito e compire l'opera, a cui non si è fatta testa per adattar questa all'uso preciso, che sarete poi in grado di farne. Compita tale opera, si passerà subito al signor Avvocato Montefani, come sono di lui di concerto, perchè la osservi e vi metta Egli pure qualche mano secondo che giudicherà opportuno. Questo è ciò che su tale particolare posso per ora dirvi » (1). Ed ecco ora il famoso abbozzo di manifesto, intorno a cui tanto si discusse in quell'anno 1759. Val la pena di riprodurlo per intendere a fondo la questione e argomentare come saggiamente (data la tenuità degli argomenti) ad esso si rinunciasse. « A giudicar rettamente della verità, o supposizione di un fatto storico è necessario avvertire tutte le circostanze tanto intrinsiche, quanto estrinseche che lo accompagnano, chiamando a critico maturo esame tutto ciò che al fatto medesimo appartiene, e gli scrittori e i documenti riguardo ai quali è o taciuto o rifferito. Che però fattici noi ad esaminare sulla scorta di tale indubitato principio il noto racconto sulla figliazione d'Annibale primo Bentivogli, dopo d'aver ne' pochi fogli, che si mandarono, premessa una giusta idea della storia manoscritta del Ghirardacci che lo contiene, si è cercato di far vedere che considerata in se la detta narrazione, sicuri caratteri seco porta d'insussistente e ro manzesca. Indi passando agli scrittori o sincroni, o quasi sincroni, che soli si devono in ciò attendere, si è mostrato che tutti quelli che ci rimangono, e dei quali abbiamo notizie, non solo taciono del tutto il fatto medesimo, che pur avrebbero dovuto e sapere e rifferire; ma parlano di maniera, che manifestamente comprendesi doversi quello riputare una mera merissima impostura. Al novero di questi scrittori si agiugnono nella continuazione un Antonio Morbioli, che nella orazione da lui recitata qui in Senato nell' escire che fece dal Gonfalonierato il celebre Lodovico Bentivogli, dopo d'aver descritta la nota riguardevol vittoria conseguita da Annibale sull'esercito del Duca di Milano, rivoltosi a' superstiti Bentivogli, parla loro di un modo che pare sarebbe stato assai inopportuno e disconveniente, qualora sussistesse la pretesa origin di Annibale, che a' que' tempi, cioè al più tardi nel 1465, doveva pur essere a ciascheduno palese. Né si ammetterà d'avvertire, che fa di mestieri ne conoscesse l'insussistenza ancora lo storico Pompeo Vizzani, giacché si vede non aver egli voluto nell'opera sua adottarla, quantunque non fosse troppo per li Bentivogli portato, ed abbia quasi alla distesa transcritta (come dal confronto si manifesta) una vecchia (1) Bibl. Com. dell'Archiginnasio, Fascio di documenti riguardanti le stampe del III vol. del Ghirardacci, n. 1. cronaca, la quale all'anno 1438 chiama Annibale figliuolo naturale di Antonio; e col titolo di Cronica Viggianorum abbiam noi veduta di mano del Ghirardacci inserita nel suo manoscritto conservato in questa Libreria di San Giacomo. Siccome poi oltre la detta cronaca, che incominciando dalli anni 1403 termina nel 1540, e perciò ben si vede esser lavoro del secolo sedicesimo, anche il Cardinal Paleotti nell'opera sua de nostris et spuriis stampata in Bologna nelnell'anno 1550, e Giovanni Francesco Negri nei suoi Annali di Bologna, che inediti si conservano nell' Instituto, accennano la illegitimità di Annibale; mostrerassi perciò non essere d'alcun peso la costoro asserzione. E perché potrebbe sembrare per avventura strano a qualcuno che senza legitimo fondamento possa essere stata inventata a discredito di Bentivogli una tanta impostura, dopo di aver accennate le favole che sulla origine della famiglia medesima si sono spacciate, si recheranno non pochi esempi di personaggi assai riguardevoli, a' quali o per la malignità de' contrari partiti, o per l'invidia eccitata dalla loro virtú, potenza, fortuna, calunnie somme, anche in ordine a' loro natali, furono apposte, le quali poscia da' successivi storici si sono, senza verun esame, ciecamente addottate. E questo in quanto agli scrittori. Per quello poi spetta a' documenti, se si trovasse l'originale o copia autentica dell' istrumento di tutela, la pubblicazione in vero di questo solo, sarebbe piú che bastante all' intento. Imperciocché, escludendo tutte le leggi comuni e municipali dalle tutele, le femmine a riserva della sola madre ed Avia paterna; né la Francesca Gozzadini si sarebbe avanzata a chiedere d'essere in compagnia della madre Donnina tutrice di Giovanni secondo, né il Giudice avrebbe ciò potuto concedere, se madre ella non fosse veramente stata del morto Annibale, e, quello che è piú, non l'avrebbero certamente per tale riconosciuta con giuramento di tanti illustri personaggi li quali, o come parenti, o come informatissimi, intervennero a quell'atto. Ma conciossiaché non abbiamo che una copia mancante delle autenticità necessarie a riscuotere la fede per altro dovutale per supplire ad un tale difetto, prima di farne alcun uso, abbiamo pensato di farci strada previamente apportando colle opportune riflessioni: 1. Li capitoli fra gli Agenti della Camera Apostolica ed Anton Galeazzo stipulati in Roma l'anno 1426 ne' quali si conviene frall' altre cose, che Antonio conduca al servigio del Papa il Nobil Uomo Annibale Bentivoglio di lui figliuolo armiero. 2.o La iscrizione da Annibale posta nella Capella da lui fabbricata in San Giacomo, nella quale si chiama apertamente figlio di Antonio. 3.o La cessione fatta da Annibale stesso l'anno 1444 a Pietro da Colloreto delle ragioni a lui spettanti sopra certi terreni. Rogito autentico avuto da quest'Archivio Masini, e nel quale Annibale si dichiara parimenti figlio di Antonio, ed erede universale non solamente di lui, ma di Giovanni primo, suo Avo paterno, e di Ercole, fratello di Antonio, come suo zio. 4. La dinunzia ed assoluzione di Elisabetta sposa di Romeo Pepoli, in cui riconosce questa e dichiara Annibale, a cui si dà il titolo di magnifico, come fratello ed erede universale di Antonio, di lui padre, dichiarandosi pienamente soddisfatta di ciò che poteva per ragioni dotali appartenerle, e rinunciando a qualunque sua pretesa. 5.o La conferma fatta dai magistrati di Bologna ad Annibale della concessione delle rendite della tassa degli Ebrei ed altri usurai, nella quale il pubblico riconosce Annibale come figlio di Anton Galeazzo a cui erasi già altre volte fatta la stessa concessione. 6. Per fine la concessione di alcuni beni confiscati alli Canetoli fatta dal Governatore di Bologna Niccolò Piccinnino ad Annibale, ed inserita nella conferma seguita l'anno 1441, mentre in essa Annibale è detto figlio ed erede universale di Antonio, protestandosi inoltre il Piccinnino di concedergli detti beni in compenso di danni sofferti da Antonio di lui padre per colpa de' Canetoli. Ciò premesso si produrrà l'instrumento di tutela, e dopo di averne colle debite osservazioni rilevato il peso, a dissipare ogni dubbio potesse muoversi intorno alla di lui genuinità, si apporterà il mandato di procura della Francesca Gozzadini e Donnina Visconti in Cola da Ascoli rogato l'anno 1447 e riscontrato colla matrice che esiste nell'Archivio Masini, ed è nella sostanza uniforme alla copia mandatasi da Ferrara. Imperciocché essendo le dette donne in tal documento chiamate l'una Avia paterna e l'altra madre di Giovanni secondo e di lui tutrici, come si dice resultare dall' istrumento che pruova ciò a meraviglia la verità della tutela. E poiché potrebbe fare non poca difficoltà la parola pridie nel senso in cui venne usata nel medesimo istrumento, non solo si scioglierà con addurre un incontrastabile esempio della stessa parola usata nell'anno i411 a dinotare lo spazio di anni otto e piú, che opportunamente ci somministra un compromesso di Antonio anche a nome di Ercole suo fratello del quondam Giovanni primo Bentivogli intorno alla divisione della eredità di Antonio detto Toniolo loro avo, rogito di Dionigi da Castello autentico dell'Archivio Masini; ma osservandosi essere quella una formola propria di que' tempi se ne dedurrà altresí nuova prova per la legitimità del nostro documento. Finalmente essendo esso rogato da Cristoforo de' Fabri, per provare la esistenza di un tal notaio si osserverà che egli stesso nell'anno 1441 intervenne come testimonio alla sovraccennata rinunzia d'Elisabetta. Dopo tutto questo sembra certamente non occorresse il fare ulteriori parole, non veggendosi come possa meglio mostrarsi la insussistenza non diremo già della nostra ma di qualunque altra storica narrazione; ad abbondanza però, oltre le riflessioni fatte nei fogli altra volta mandati sul manoscritto del Ghirardacci, se ne recheranno alcune altre dirette a far palese la di lui inesatezza e facilità soverchia in adottare storielle che avessero del mirabile ed insolito, e per conseguenza la poca anzi niuna fede che si deve a' suoi racconti prestare qualunque volta non sieno debitamente appoggiati. E siccome Annibale fu uomo tale che potrebbe invero ognuno pregiarsi di essere da lui, qualunque si fosse la sua origine, disceso, si accenneranno sul fine come in ristretto, le di lui gesta e qualità onde venga ancora a manifestarsi che solo amore di verità e non mai l'impegno di sfuggire qualche disdoro che possa da lui ne' discendenti suoi derivare, ne indusse a scrivere. Questo è l'ordine che si è divisato per lo più acconcio e con cui s' andrà sollecitando l' incominciato lavoro. Se per avventura o non incontrasse il gradimento dell' Eccelentissimo signor Marchese Don Guido o si avessero da lui altri lumi de' quali potesse essere opportuno il prevalersi, vien supplicato a degnarsi di far notare in margine tutto quello gli parrà che convenga, mentre chi scrive si farà un onore distinto di poter appieno secondare li veneratissimi suoi comandamenti, e solo si raccomanda perché non si ommettino le piú diligenti ricerche ad effetto di scoprire, se fosse possibile, con accerto il tempo del matrimonio di Anton Galeazzo colla Francesca Gozzadini; punto di vero massimo, e che rovescierebbe ogni cosa, scoprendosi per mala sorte accaduto nel torno di tempo nel quale viene dagli scrittori impressi assegnato » (1). Il manifesto, o meglio l'abbozzo di risposta da darsi alla nuova pubblicazione, non soddisfece in tutto il marchese Bentivoglio, il quale invece avrebbe voluto che per dimostrare essere quella della nascita d'Annibale una favola, si facesse vedere con evidenza che molte altre favole si contengono nella storia del Ghirardacci : << Allora, egli soggiunge, non si ha piú ribrezzo a negar fede a un autore che la merita sí poco, e vedendo che egli ha spacciate altre favolose cose con uguale franchezza, resta súbito uno prevenuto della natural turpitudine del racconto consaputo e delle ragioni che si adducono per smentirlo » (2). Ciononostante, egli mandò per un parere l'abbozzo al Guerini, con l'incarico di spedirlo poi al segretario della marchesa Albergati (3). Avuto il parere del Guerini, il marchese Guido cosí tra l'altro scriveva il 23 di gennaio alla sorella: << Alle prove che abbiamo dell' insussistenza del consaputo pezzo di storia del Ghirardacci, io trovo necessario che venga aggiunta la dimostrazione di qualche altro simile abbaglio da lui preso. Questo servirà infinitamente a mostrare, che il Ghirardacci, benché scrittore di conto, ha potuto addottare sí sconcia cosa come quella del nascimento di Annibale, se altre falsità non ha avuto ribrezzo di spacciare. Quello dunque che in ultimo sarebbe per aggiungere il signor Abbate Branchetta, io lo porrei in prima e mi farei strada a confutare quel racconto, distruggendone prima degli altri. Cosi vedesi la mancanza di critica necessaria ad uno scrittore di storie specialmente, e s'introduce nel lettore il sospetto che sia poco veridico generalmente. Di tal fatto sentiremo cosa dirà il signor Montefani. I miei complimenti » (4). In sostanza non si faceva che ribadire il concetto dal marchese espresso in altra sua; ma questa volta non era soltanto in gioco il giudizio suo, bensí ancora di coloro a cui egli si era rivolto per l'indirizzo da dare al manifesto. La marchesa Albergati non mancò di comunicare all' abate Branchetta il desiderio del Bentivoglio; e quegli si mise nuovamente all'opera, associandosi stavolta anche il dottor Monti, nome ben conosciuto in fatto di antiche ricerche (5). E si ricominciano tosto le indagini. Intanto il Branchetta crede di aver trovato il bandolo della matassa in (1) Bibl. Com. dell'Archiginnasio, Fascio cit., n. 45. (2) Bibl. Com. dell'Archiginnasio, Fascio cit., n. 2. (3) Cfr. nel Fascio cit. le lettere nn. 3-7. (4) Bibl. Com. dell'Archiginnasio, Fascio cit., n. 8. |