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che nel codice è sempre fatta per le quartine, ove principia un nuovo interlocutore.

Oltre i due testi indicati, latino e volgare, il T. ne produce poi (n.o II, III) altri due in volgare: a) l'uno in prosa, che inc.: 'Essendo messer santo Bernardo una notte in visione...', dal cod. Palat. 137 della Bibl. Nazionale di Firenze, scritto circa il 1375-80 (pp. 95-111); 6) l'altro in 70 ottave, composto nel 1397 da un gran peccatore' e che incomincia :

Fattor del cielo, de la terra et acque,

dal cod. Riccard. 1351, del sec. XIV (pp. 113140). Ora il T. ritiene che autore di quest'ultimo poemetto sia un frate agostiniano di Siena, e precisamente lo stesso autore di altri due componimenti in rima, che nello stesso cod. fiorentino seguono al Contrasto, e di cui il primo è una Visione in 3a rima, e il secondo un Serventese. Ora l'opinione del T. può avere rincalzo dal fatto, che anche un cod. Marciano del sec. XV contiene il poemetto in ottava rima, qui pubblicato dal T., e la Visione in 3a rima. A f. 56a del cod. Marc. It. I. 30, leggesi infatti: Questa visione ebbe Santo Bernardo e ridussela in rima per amore d'uno grande pechatore.

Fattore del celo, della terra e aque,
Lo qual gouerni e tieni com tua potenzia
Poy rimcoprasti noi quando ti piaque,
Però ti prego che la tua clemenzia
Col tuo bel figliuolo che nel mondo naque,
Aiuti me si pieno di negligentia,
Ch' io possa dire la grande questione,
Che ll'anima fa col corpo per ragione.

Il cod. Marc., all' infuori dell' ipermetria di alcuni versi e di lievi varianti, concorda col cod. Riccard., ed il poemetto vi conta pure 70 ott., e fin. (f. 64b) :

E poj vi racomando el pecatore

Di costui ched à qui detto e questo scrisse,
Che prechiate per lui el Saluatore
Che a llui dica come a[l] ladron disse.
E poi vi prego sanza fa[r] romore,
Tornate a casa colle menti fisse
In quel che salva noi che siamo in uia.
Yhesu ui salui, figliuol di Maria.

Deo gratias. Amen.

Finito la uisione di Sam Bernardo la quale vide comtrastare l'anima col corpo e doue fu

menata.

Poco più oltre (ff. 113b-115b), il cod. Marc. contiene pure la Visione in terza rima, colla rubrica, affatto simile a quella del cod. fiorentino: Qui comença certe reprehension et amaistramenti, li quali la uerçene Maria disse in uisione a uno chierego dissoluto zouene, el quale iera molto so deuoto, siando in la cità de 'Rezo infermo a fine de morte, ecc. Incomincia :

Carissimo fradelo, io son la madre
Che del summo ualore ò partorido,
Uergine pura, queluî ch'è mio padre, ecc.

Il cod. Marc. trovasi descritto nel I vol. del Catalogo dei codd. Marciani italiani. Modena, 1909, pp. 128-32.

151. Tocco (Felice), La quistione della Povertà nel secolo XIV, secondo nuovi documenti. Napoli, Fr. Perrella, 1910; pp. XI-311, in-8°. (Nuova Biblioteca di Letteratura, Storia ed Arte', diretta da Fr. Torraca).

Buona parte del volume (pp. 1-173) è occupata dalla ristampa, riordinata e riveduta, della memoria Un codice della Marciana di Venezia sulla quistione della Povertà, che vide la luce, parecchi anni or sono, nell' Ateneo Veneto (ser. X, vol. (II 1886), pp. 39-70; ser. XI, vol. 1 (1887), pp. 87-126 e 163-203), ma che rimase quasi sconosciuta a molti dotti, specialmente stranieri. Il cod. Marciano accennato nel titolo, è il Lat. Z. 142 (non 112, come si leggeva nella stampa dell' Ateneo Veneto), del sec. XV, già appartenuto al card. Bessarione, di cui reca in principio lo stemma, e descritto dal VALENTINELLI (II, 356-60). Il curioso testo, pubblicato e dottamente illustrato dal T., si riferisce alla nota polemica sorta, prima fra Domenicani e Francescani da una parte e il clero secolare dall'altra, poi tra l'uno e l'altro dei due ordini religiosi, sulla questione della povertà; e consiste nei responsi de' più eminenti cardinali, vescovi e teologi, ai quali si rivolse papa Giovanni XXII prima di dichiarare, colla decretale Cum inter nonnullos (1323), eretica la proposizione affer

mata nel Capitolo generale de' Francescani, che Cristo e gli apostoli non possedettero nulla, né in proprio, né in comune. Esso ci è conservato da due codici: il Vat. lat. 3740, già citato ed usufruito in parte dal RAYNALDO negli Annales Ecclesiastici; e il Marciano, copia del Vaticano, quasi d' un secolo piú antico. Il testo consta di cinque parti: nelle prime due sono riportati gli opuscoli favorevoli alle opinioni francescane; nelle ultime tre, i contrarî. Autori degli opuscoli e delle risposte del primo gruppo sono: il card. Vitale du Four, vescovo di Albano, il card. Bertrando della Torre, Arnaldo Royard, arcivescovo di Salerno, fr. Anfredo o Gaufredo (Goutheri) di Barcellona, i vescovi di Caffa (fra Girolamo), di Lisbona (fr. Stefano, confessore del re di Portogallo), di Riga in Livonia (fr. Federico) e di Bajadoz (fr. Simone). Autori delle scritture del secondo gruppo il card. Gaucelino (Gaucelm de Jean), il card. Pietro de Prato o de Pratis del titolo di S. Pudenziana, il card. Pietro le Tessier, il card. Simone de Archiaco, detto anche card. Viennese ', il card. Bertrando de Montfavez, il card. Raimondo Ruffi o de Ruffo, il card. Berengario Fredoli, il card. Pietro de Arreblay, il card. Niccolò Franville, il card. Pietro Colonna, il card. Napoleone Orsini, il card. Arnaldo di Pelagrua, il card. Gio. Gaetano Orsini e il card. Jacopo Gaetano degli Stefaneschi. Le risposte, secondo il T., non sono tutte contemporanee, ma furono per la maggior parte composte tra il 1321 e il 1323.

152. PONCELET (Albert), Le Légendier

de Pierre Calo; in Analecta Bollandiana, vol XXIX (Bruxelles, 1910), fasc. 1-2, pp. 5-116.

Fra i Leggendarî, o raccolta di Legendae de tempore et de sanctis, di cui è ricca la letteratura agiografica latina del m. e., uno dei piú copiosi, dei men noti, e tuttora inedito, è quello di Pietro Calò, domenicano di Chioggia, di cui rinfrescò, parecchi anni sono, la memoria il compianto prof. Monticolo in appendice al suo studio su l'Appa

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ritio Sancti Marci (1), ma di cui si hanno scarse notizie. Soltanto è certo ch' egli compose la sua opera fra il quarto e il quinto decennio del sec. XIV; che solo una piccola parte dell'opera sua fu utilizzata nel sec. XVII dai compilatori degli Acta Sanctorum; e che egli mori l'11 dicembre 1348, come è attestato dal Necrologio del monastero di S. Domenico in Cividale. Il dotto bollandista, autore della presente memoria, dopo aver passato in rassegna i predecessori dell' agiografo clodiense, Bartolomeo da Trento (pp. 14-19), Vincenzo di Beauvais e i suoi abbreviatori (pp. 19-24), Jacopo da Voragine e i suoi ricompilatori (pp. 24-26), Bernardo Guy (pp. 26-28), Guido di Châtres, abbate di St. Denis (pp. 28-30), ecc., intraprende lo studio speciale sul Calò e sull'opera sua, intitolata Legendae de tempore et de sanctis, della quale non si conoscono attualmente che tre manoscritti, di cui il più completo ed autorevole (sebbene non sempre corretto) è il Marc. Lat. IX. 15-20, composto di ben 6 voll., membr., in-fol., di bella lettera semigotica del sec. XIV, tutta di una stessa mano, e di perfetta conservazione. Il P. ha avuto l' abnegazione di dare la tavola di tutte le 862 leggende di Santi che i sei enormi in-folio contengono, indicando per ognuna l'incipit e l'explicit, ed il luogo preciso in cui si trovano nel ms. Marciano, e negli altri due codici conosciuti, Barberiniano e di York; ed ha fatto certo opera utilissima, a completare sempre più l'ottima Bibliotheca hagiographica latina, edita a cura degli stessi benemeriti Bollandisti, tanto più che non ha mancato di soggiungere in fine (pp. 109-116) un Indice alfabetico dei Santi compresi nell'opera del domenicano di Chioggia.

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La Bibliofilia, anno XIII, dispensa 2a.3

II

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stesso codice dalla stessa mano (ff. 25a-39a).

Il preambolo inc. :

Brigata, se 'l ue piaze;

e la serie proverbiale :

Dicho che hogni tropo noze.

Chi nonn à focho mal si choze.

155. DE TONI (Ettore), Un codice-erbario anonimo. Roma, tip. della Pace di F. Cuggiani, 1904; pp. 44, in-4o, c. Il tavv. (estr. d. Memorie d. Pontif. Accad. Romana dei Nuovi Lincei, vol. XXII).

Accanto agli Erbari maggiori posseduti dalla Marciana, quelli di B. Rinio (sec. XV) e di P. A. Michiel (sec. XVI), che l'a. ha fatto oggetto di studî sinora solo in parte pubblicati [cfr. Boll., n. 122-123], egli ha preso in esame anche i minori e gli anonimi, fra i quali è quello del cod. Marc. Lat. VI. 250, oggetto della presente memoria. È un cod. cartaceo, mancante di frontispizio, e quindi anche del nome dell' autore e dell'epoca in cui potè esser composto. Questa può rilevarsi solo induttivamente e approssimativamente dalla scrittura più antica, che è del sec. XV; ma diverse mani seguono alla più antica, o dello stesso secolo, o dei successivi. I nomi delle piante sono ora in italiano, ora in latino; e taluni nomi « più o meno corrotti.... ci danno un lume, per quanto vago, pel luogo natale dell' ignoto semplicista, perché certe desinenze ed altre particolarità accusano il dialetto friulano» (pp. 2-3). Il luogo di provenienza della pianta è ricordato solo due volte, e in entrambe si tratta di Monte Baldo, nel veronese, ben noto sin da quei tempi nel veneto per la sua flora.

Sgraziatamente il cod. è malconcio, per lo strappo di alcune carte, per abrasioni, e per gravi mutilazioni sofferte ne' margini (ove si trovavano annotazioni importanti) a causa di una barbara raffilatura del volume; ma l'a. ci offre egualmente una illustrazione compiuta della parte rimastaci, che interessa la botanica storica, distinguendo con diversi caratteri la scrittura più antica e quelle posteriori, che sono, secondo il DT., non meno di dieci.

In fine trovansi l'Indice alfabetico delle piante (pp. 41-44), e due fac-simili delle figure botaniche del codice.

156. DE TONI (Ettore), Un codice-erbario medico del sec. XV. Roma, 1909; pp. 6, in-4° (estr. d. Atti d. Pontif. Accademia Romana d. Nuovi Lincei, a. LXIII, sessione I del 19 dicembre 1909).

Si tratta di un breve Libro delle virtú delle erbe, in volgare, del quattrocento, contenuto nel cod. Marc. It. Z. 78 (descritto nel I vol. del Catalogo d. codd. Marc. Ital., pp. 94-95, qui non citato), e riguardante le virtú medicinali di 19 piante, delle quali 12 poste sotto i segni dello zodiaco (e che quindi si dovevano raccogliere quando il sole si trovava in quel determinato segno); e 7 sotto i pianeti. Il testo inc. : << Salbia si è la prima erba deli 12 segni del ciello.... » ; e per ciò che riguarda le piante sottoposte ai pianeti, la fonte medievale deve ricercarsi in un apocrifo Tractatus de septem herbis secundum septem planetas, attribuito ad Alessandro Magno (1). L'a. identifica botanicamente le 19 piante, e dimostra che né quelle sottoposte ai segni dello zodiaco, né quelle sottoposte ai pianeti, s' accordano colle piante indicate in altri codici e precisamente nel «< codice erbario medievale », posseduto dal cav. Michelangelo Guggenheim e descritto dal DT. negli Atti del R. Istituto Veneto (a. 1897-98; ser. 7a, vol. IX, pp. 1235-1271, con IV tavv.); né nel bellissimo Liber de simplicibus di Benedetto Rinio (cod. Marc. Lat. VI. 59, non 49, come qui scrive l' a.), tanto celebrato dal Collenuccio e dal Ruskin, del quale il DT. ha fatto un' illustrazione, tuttora inedita. Ai presunti influssi dei segni dello zodiaco e dei pianeti sulle piante, ed alle facoltà medicinali di queste, si riferiscono alcune curiose rappresentanze figurate, che ador

:

(1) II SATHAS, Monumenta histor. Hellenicae, vol. VII (1888), pp. LXIII-LXVII, pubblicò: Tractatus de septem herbis et de septem eorum praelibatis attributis, il quale però non sembra avere rapporti diretti col testo volgare del cod. Marciano.

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