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pure in forma di serventese, che incomincia :

O sacra immacolata piena di grazia; ed un sonetto sullo stesso argomento, che incomincia :

Essendo piazuto a l'alta trinitade, togliendoli, oltreché dal ms. Correr, da due codici Marciani: It. VII. 299, elegante codicetto membr. del sec. XV, già indicato dal CICOGNA (Inscriz. Venez., VI, 645 sg.); e It. VII, 1795, pp. 102-125, copia del sec. XVIII. Nelle varianti al testo, il primo cod. Marc. è contrassegnato M1; il secondo, M2; e l'ediz. LAZARI, L. Ma l'ediz. che qui ci offre il P. è assai difettosa, perché egli, invece di attenersi al cod. M1, che è non solo coetaneo, ma originale e di dedica (come rilevasi dall'arme del Doge che vi è miniata in principio), ha riprodotto scrupolosamente, anche negli errori, il ms. Correr, che è del sec. XVIII. Cosí a p. 6 (dell'ediz. P.) il cod. M1 legge chiaramente e correttamente :

Ma questo prinzipo credo serà quello
Che saluarà el stado di uenexia;

mentre il P. stampa:

Che salvaría el stado di Venezia. A p. 9 (dell'ediz.) l'anonimo verseggiatore scrive del Tron, che egli

Perseguitarà tanto sta zente pagana

Che contenti se chiamarà ueniziani. Il P. invece stampa scorrettamente : Perseguitava tanto sta zente pagana. A pag. 10 (dell' ediz.) una strofa manca nel ms. Correr di un verso, indispensabile per la metrica e pel senso. Il P. la riproduce tal quale, relegando il verso mancante in nota:

Non vojati adoncha per niente

Consentir a cussi inorme insulto
Stia suzeti a zente tanto ville.

Il cod. M ha invece correttamente :
Non uoiati adoncha per niente

Consentir a cussì inormo insulto,
Che tanto tumulto

Stia suzeti a zente tanto uille.

A p. 11 il P. stampa:

Non perdeti la libertà de Veniziani; mentre M1 ha, pure correttamente : Non perdeti la libertà, ho ueniziani.

A p. 12 il verso:

La sua prole de Nobil natione

manca del necessario verbo « fo» che si trova in M1:

La sua prole fo de nobel natione, ecc.; e tutta la patina dialettale originale, conservata esattamente in M1, scompare nell'edizione P., dove troviamo: rese l'universo per reze l'u.; bisogno per bixogno; tutti per tuti; lodar per laudar; principe per prinzipo; luoghi per luogi; chiesa per chiexia; cazon per caxon, ecc. E si che data l'età e la genuinità della lezione di M1, niuna edizione si presentava più agevole di questa!

60. PILOT (A.), Satira contro avvocati veneti nel primo Cinquecento; in Bollettino del Museo Civico di Bassano, a. III (1906), n.o 1, pp. 28-33.

La poesia satirica contro gli avvocati che il P. qui pubblica, e che incomincia :

Littera mia, parti e non tardari,

è tratta da « uno zibaldone, appartenente a una famiglia bassanese, in cui un proavo giureconsulto della prima metà del XVI secolo trascrisse, fra mezzo a memorie di famiglia e ad appunti giuridici, anche taluni componimenti letterari » (p. 29); ma l'a. ha occasione di riferire (p. 24), per analogia di argomento, anche le prime due terzine di un Pater noster. Contra li aduocati, in terza rima, che si legge nel cod. Marc. It. IX. 174, f. 233ab, e che incomincia :

Se gli huomeni ueder men scelerati,

e pochi versi di altro capitolo ternario conservatoci nel cod. Marc. It. IX. 173.

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La Bibliofilia, anno XI, dispensa 5a-6a

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castigato autore di poesie dialettali, di cui parecchie sono alle stampe colle rime di Angelo Ingegneri << et d'altri bellissimi spiriti ». Le canzoni qui pubblicate sono:

1) Amor, son co xe un can de scoazzera (pp. 103-105 cfr. cod., ff. 30b-31b). Adespota nel cod. Marc. It. IX. 173, è attribuita al Venier dall' altro cod. Marc. It. IX. 217, f. 2b, più sicuro del precedente nelle attribuzioni.

2) Che fortuna, che fato, che destin (pp. 105-7 cfr. cod., ff. 32-33b).

3) Amor, ti me puol far quel che ti vuol (pp. 107-10: cfr. cod., ff. 106b-107b). 4) La terra e 'l ciel s'averse (pp. 155-57 cfr. cod., ff. 110a-111a).

5) Amor, e' me contento che ti fazzi (pp. 157-58: cfr. cod., f. 114ab).

Nelle Note illustrative poi sono pubblicati di su questo stesso cod. Marc. It. IX. 173: a) un

b) Risposta alla Rialtina, per le rime, capitolo ternario (pp. 91-96), che incomincia : Sti te vardassi ben zo per adosso. (Cfr. cod. cit., ff. 383b-386b);

c) La sorgonghina, la sorgongà (pp. 56-57 n.), canzonetta cosi intitolata dal ritornello che già trovammo in altra poesia del genere [cfr. n.o 50], e che incomincia :

Voi la sia sentia da tutti. (Cfr. cod. cit., ff. 63b-64a).

Nelle Note illustrative il P. pubblica anche (pp. 64-65) un frammento in versi sulla sodomia femminile, tolti dallo stesso cod., f. 157b.

63. PILOT (A.), Echi poetici di leggi suntuarie veneziane di quattro secoli or sono; in Pagine Istriane, a. V (1907), Pp. 259-266.

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ramente assai licenziosi ed escono son. Sopra quelli, che robbaua in giesia (pp. 161-62), che incomincia :

Ha pur, sassini, el vostro sangue intento (cfr. cod., f. 193b);

b) parecchi brani di due canzoni del Venier per una << masseretta » (pp. 226-29), che si leggono nel cod. a ff. 43-45a e 49a-51a, e che sono fra le più sconce di questo autore; e dal cod. Marc. It. VII. 1794 (Notizie istoriche di diversi giustiziati in Venetia), un lungo tratto riguardante i furti perpetrati nelle chiese da un tal Nadalin garbellador et ligador' che fu condannato nel 1574 (pp. 160-61).

62. PILOT (A.), I Rialtini e la Satira; in Pagine Istriane, a. V (1907), pp. 52-66, e 91-96.

I documenti qui raccolti dal P. si riferiscono alla << satira contro il plebeo arricchito, che, scordando a un tratto la sua condizione, s'impanca con chi, e per senno e per dovizia, gli è lontano mille miglia » (p. 53). Essi furono ricavati, come altri del genere, dal cod. Marc. It. IX. 173, e sono:

a) un Capitolo dei Rialtini, in terza rima (pp. 58-62), che incomincia :

Musa mia cara fabricà a mio dosso. (Cfr. cod. cit., ff. 377a-380b);

Gli echi' che qui rievoca il P. sono veancora da quella specie di fogna poetica, che è il Marc. It. IX. 173. All' uso di tingere con belletti, non solo le guance, ma anche il seno, e di portar questo scoperto, si riferiscono un SOnetto caudato anonimo (p. 260):

Sia benedetto el corpo che te ha fatto (cfr. cod. cit., ff. 420b-421a), e altri due sonetti Del Prior de Muran alle donne e Risposta delle donne, per le rime (pp. 261-262: cfr. cod. cit., ff. 266b-267a). — Ad una ' parte' presa dalla Repubblica contro l'uso od abuso delle perle si riferiscono due epigrammi adespoti (p. 263), che incominciano :

a) Donne, saveu perchè la parte presa;
b) O mie madone care;

(cfr. cod. cit., f. 318b); e che non sappiamo perchè vengano dall' a. riferiti ad una legge suntuaria del 1562, mentre in testa del 2o epigramma trovasi chiaramente la seg. didascalia, non riportata dal P.: Nella occasion delle Perle prohibite in Venetia del 1599. Un'eco poi davvero poco lusinghiera della rilassatezza dei costumi in quel tempo ci danno gli ultimi due componimenti qui editi dal P., cioè un sonetto anonimo caudato (p. 265):

Donca chi no averà busto pontio (cfr. cod. cit., f. 420b); ed altro Sonetto alla

Venetiana (p. 266), del quale non ci è neppur possibile riferire il capoverso (cfr. cod. cit., f. 78b).

64. PILOT (A.), Don Cesare d'Este e la satira (1597-98); in Ateneo Veneto, a. XXX (1907), II, pp. 153-81.

Il contegno assunto da D. Cesare d'Este verso la Santa Sede, e la devoluzione a questa di Ferrara, sono l'oggetto delle poesie satiriche che il P. ha qui raccolte, « opera evidente di parecchi autori, dei quali le indicazioni dei varii codici non ci danno sicura notizia » (p. 154). Alcune sono attribuite a quel Giovanni Querini qm. Vincenzo, che fu anche, come vedemmo, il raccoglitore dei due codici Marciani, in cui esse si conservano. Cosi in fine dell' Ode in occasion de Ferrara, che incomincia: O l'invidia, o l'amore (p. 168 sgg.), si legge nel Marc. It. IX. 173 (f. 315b): << Stanze et rime dell' istesso Q[uirin]i nell'altro lib. a c. 145 », cioè nel cod. Marc. It. IX. 174. I mss. ai quali l'ed. ha attinto sono appunto i Marc. It. IX. 173 e 174, dove alcuni componimenti si trovano ripetuti. Le poesie tolte al Marc. It. IX. 173, si trovano a ff. 309b, 312b-315b, 317b; e quelle ricavate dal Marc. It. IX. 174, a ff. 215a-216b, 241b-242b, 335a337,31a.

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65. PILOT (A.), Ancora notizie di versi e di prosa sul broglio nella Repubblica Veneta. Venezia, Istituto veneto di arti grafiche, 1908; pp. 20, in 8° (estr. dall'Ateneo Veneto, a. XXXI [1908], I, fasc. 2).

In questa pubblicazione (che fa séguito ad altre inserite dallo stesso a. pur nell' Ateneo Veneto sul medesimo soggetto: a. XXVI (1903), II, pp. 544-61; a. XXVII (1904), II, pp. 1-22: 176-89; 295-311) il P. trae dal cod. Marc. Italiano IX. 173 due capitoli in terza rima Sopra il broglio; l'uno incomincia :

Doh cancaro pi presto alle ballotte (cod. cit., f. 402b). L'altro incomincia:

Missier compare in fatti, se'l se dixe (cod. cit., f. 418b). Sono entrambi della fine del sec. XVI. Al testo l'ed. fa seguire alcune

note illustrative, nelle quali sono pubblicate (pp. 18-19), di sul medesimo cod., due brevi poesie di Giovanni Querini sul broglio, la prima delle quali datata 1591; e (p. 11 n. 3) una scrittura satirica intitolata Passio Jacobi Superantii secundum consilium, che leggesi nel cod. Marc. It. VII. 1233, e nella quale sono descritte le brighe precedenti l'elezione di Alvise Mocenigo (1570). Un Alfabeto sul broglio (cioè una poesia a distici, dei quali ognuno ha per iniziale una lettera dell'alfabeto, e che incomincia :

A bonora mettè la veste indosso),

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e che pur leggesi in questo stesso cod. Marc. It. IX. 173, f. 70ab, colla didascalia: Alfabetto da esser messo in essecution da un zovene che lieva la vesta per andar a consegio, è qui invece pubblicato (pp. 12-13) giusta la miglior lezione di un cod. Cicogna del Museo Correr. A pp. 14-15 sono prodotti alcuni passi dai Diari Veneti, contenuti ne' cod. Marc. It. VII. 131 e 132.

66. PILOT (A.), Notizie biografiche di Celio Magno, lirico Veneziano del Cinquecento. Treviso, tip. Ist. Turazza, 1908; pp. 38, in 16.o

Le notizie biografiche e letterarie qui raccolte dal P. non riguardano esclusivamente Celio Magno, ma anche il padre di lui Marco Antonio Magno, che pure coltivò le lettere e la poesia. Nato quest'ultimo circa il 1480, in età di vent'anni venne bandito dalla Serenissima per offese alla religione e per aver operato contro il quieto stato della città. Trovò allora protezione presso la casa Caraffa di Napoli, a personaggi della quale egli dedicò

un carme latino De laudibus ill. Andreae Car

rafae praestantiss. S. Severinae Comitis, che si legge nel cod. Marc. It. IX. 172, contenente lettere e rime indirizzate a Celio Magno; ed una Oratio de Spiritu Sancto (dedicata al cardinale Oliviero Caraffa), che si ha nel Marc. Lat. XI. 85. Nel 1525, per offici fatti dall' Imperatore e dal Vicerè di Napoli, il bando fu tolto; ma nel 1527 egli trovavasi ancora Segretario e Provveditor generale di Galeotto Caraffa, presso la cui famiglia egli rimase certo almeno sino al 1531. Quando rimpatriasse non

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