Immagini della pagina
PDF
ePub

dal cod. Marc. It. IX. 158 (f. 140a), un sonetto sulla resurrezione di Cristo, che incomincia : O non più di terror, non più di morte, di cui non si produce che l'ultima terzina ; e un altro con accenni all' eresia (f. 18a), che incomincia :

Vera di Carlo, anzi di Giove figlia, pubblicato per intero. Dal Marc. It. IX. 159 (f. 16), un sonetto sul Natale :

Qual pastor ch' al chiamar d'angelo eletto, di cui non è data che una terzina; la chiusa di una canzone (ff. 27-30b):

Quanto più inanzi passa

al « Sommo Padre immortale » ; un sonetto sulla Confessione (f. 32a), qui pubblicato per intero :

Ragion è ben ch' in Dio non sol deponga; ed altro sulla crocifissione (f. 35a):

Qual si fera, crudel, nefanda mano,

di cui non si produce che una terzina. Dal Marc. It. IX. 160 (f. 22b), che contiene, pure autografe, le Rime composte dopo la stampa delle altre mie Rime, l'ultima terzina del sonetto:

Quel che splende in tre soli unico sole. Dal Marc. It. IX. 166 (ff. 97b, 99a), due ottave per la vestizione di una monaca; e finalmente dal Marc. It. IX. 171 (ff. 22-23a), il P. ricorda, ma non pubblica, sei ottave di argomento spirituale, sulla comunione, sulla croce, sul dispregio del mondo, ecc., e due altri componimenti d'argomento pure ascetico (ff. 145-149a), in forma di dialogo tra padre Bernardo e un contadino, il quale chiede al primo un tozzo di pane, che deve però ingollare solo dopo udita la messa.

Conchiudendo, non sapremmo certo iucoraggiare codesto genere di pubblicazioni a mitraglia, che invece di raccogliere e riunire i materiali di studio ad uno scopo preordinato, sembra proporsi di disseminarli e disperderli in opposte direzioni, più ancora che non fossero prima di essere divulgati per le stampe, obbligando cosí lo studioso a rintracciarli faticosamente in quattro o cinque riviste poco diffuse, ed in altre pubblicazioni d'occasione ancor meno reperibili; come non potremmo approvare il sistema, seguito dal P. in piú d'una delle sue pubblicazioni, di tacere la fonte onde son tratti i testi pubblicati, per una specie di gelosia letteraria degna di altri tempi; ma non può negarsi che l'a. ha dato saggio

di una discreta coltura e di un certo garbo nell'illustrazione dei documenti pubblicati; che egli ha fatto indagini estese nel campo assai vasto ed ancor poco esplorato della poesia vernacola veneziana storico-satirica del '500 e del '600, ed avrebbe reso un servigio anche maggiore e più sensibile agli studi, se avesse raccolto ed illustrato in un lavoro d'insieme la parte più notevole dei due codici Marciani ed il frutto migliore delle sue ricerche.

A queste, abbastanza numerose, pubblicazioni l'a. ne ha poi aggiunto altre, in cui sono utilizzati mss., non della Marciana, ma del Museo Correr e d'altri istituti, e dei quali, per la stretta affinità della materia, crediamo non superfluo soggiungere in nota l'indicazione (1).

72. ΚΑΝΕΛΛΟΥ ΣΠΑΝΟΥ, Γραμματική τῆς κοινῆς τῶν Ἑλλήνων γλώσσης. - ΠΑ. ΧΟΜΙΟΥ ΡΟΥΣΑΝΟΥ, Κατὰ χυδαϊζόντων και αιρετικῶν καὶ ἄλλα τοῦ αὐτοῦ. Νῦν πρῶτον ἐκδιδόμενα ἐκ κωδίκων τῆς Μαρκιανής Βιβλιοθήκης ὑπὸ τοῦ ἀρχιμανδρίτου ΙΩΑΝΝΟΥ ΒΑΣΙΛΙΚΟΥ. - Ἐν Τεργέστη, τύποις τοῦ Αὐστριακοῦ Λούδ, 1908 ; pp. 159, in-8".

L'autore della presente pubblicazione, Archimandrita della chiesa di S. Giorgio dei Greci in Venezia, mette in luce da codici Marciani una breve Grammatica (o meglio principio di Grammatica) della lingua greca volgare, compilata da Canello Spano nel 1749, e dedicata al medico fiorentino Antonio Cocchi (pp. 21-44), dal quale provenne buon numero dei codici Naniani, ora Marciani; ed alcuni scritti di Pacomio Rusano di Zante, teologo e grammatico del sec. XVI (pp. 45-150), non ricordato dal Fabricio, ma sul quale aveva già richiamato l' attenzione, dopo il Mustoxidis

(1) PILOT (A.), Di alcune leggi suntuarie della Repubblica Veneta, in Ateneo Veneto, a. XXVI (1903), II, pp. 449-67. -, Un capitolo inedito contro il broglio, ibid., II, pp. 544-61., Ancora del broglio nella Repubbl. Veneta, ibid., a. XXVII (1904), II, pp. 1-22. -, La teoria del broglio nella Repubbl. Veneta, ibid., II, pp. 176-89. —, « Disordini e sconcerti» del broglio nella Repubbl. Veneta, ibid., II, pp. 295-311., Alcuni componimenti inediti contro Carlo Emanuele I, ibid., a. XXVIII (1905), I. pp. 51-68. —, La morte di Tomaso Morosini, in Niccolò Tommaseo, rivista ecc., a. II (Arezzo, 1905), pp. 81-82. -, Due componimenti vernacoli inediti in proposito della lega tra Venezia e i Grigioni nell'a. 1603: in Bollettino storico d. Svizzera italiana, vol. XXVII (Bellinzona, 1905), pp. 22-28. —, Alcuni versi maccheronici per la caduta della Repubblica di Venezia; in Fanfulla d. domenica, a. XXVII (1905), n.o 52 (24) dic.), Sei sonetti contro Melchior Cesarotti. Padova, Gallina, 1908; pp. 8, in 16° (estr. dal vol.; In memoria di Oddone Ravenna). -, Gli ordini dell'Accademia Veneziana degli Uniti (1551) Como, Soc. editr. Roma, 1908; pp. 19, in 8°.

ed il Sathas, il compianto C. Castellani negli Atti del R. Istituto Veneto, ser. 7a, tom. VI (1894-95), pp. 903-910 (C. CASTELLANI, Pacomio Rusano, grammatico greco del sec. XVI e i mss. autografi delle sue opere. Ricerche storiche. Venezia, 1895, estr. di pp. 8), al quale appunto si devono l'identificazione e le prime notizie dei codici marciani autografi di Pacomio. La Grammatica dello Spano è tratta dal cod. Marc. Gr. X. 27 (già Naniano 306), autografo; gli scritti od Anecdota di Pacomio, quasi interamente (pp. 55-118 e 122-150) dal cod. Marc. Gr. XII. 103 (già Nan. 125), che il B. indica incompiutamente col solo n.o 103; e in piccola parte (pp. 118-122), dal Marc. Gr. XI. 26 [non II. 26, come scrive il B., p. 51] (già Nan. 305). Di tali scritti, Pepistola Πρὸς τοὺς ἐν Βενετία χαλα

xoypzpitz (p. 115) era già stata pubblicata,

[ocr errors]

prima dal Mustoxidis, poi dal Lambros; e la Προθεωρία εἰς τὴν Γραμματικήν (p. 118 sg.), dal Mingarelli, Graeci codd. mss. apud Nanios, pp. 511-13. A p. 48 è dato un fac-simile estremamente rimpicciolito del prezioso cod. Marc. Gr. II. 115 (già Nan. 170), del sec. XI, contenente in fine, di mano del XVI, uno strumento notarile (6 ott. 1553), relativo ai libri e mss. autografi del grammatico Pacomio, che fu pubblicato per la prima volta dal Castellani. Cfr. su questo cod., p. 49, e sul Marc. Gr. II. 104 (già Nan. 126, non 127, come scrive il B., ripetendo un errore materiale del CASTELLANI, o. c., p. 2), p. 50.

<< L'a. con queste sue pubblicazioni (scrive A. S. nella Gazzetta di Venezia, 28 giugno 1908) vuole... portare un prezioso aiuto al partito di quei dotti greci, i quali, col negare perfino che esista in Grecia una questione della lingua, s' illudono di arrestare lo sviluppo della lingua nel suo fatale andare e vogliono ridurre il linguaggio odierno volgare alla purezza antica, restituendo le forme lessicali e sintattiche del greco classico. Ora io credo che se si potrà facilmente, col mezzo dell' istruzione già così diffusa in Grecia, escludere fra breve dalla lingua letteraria, ed anche da quella parlata dalle persone colte, tutte le forme lessicali derivate da lingue straniere e non consone al genio della lingua greca, non si potrà invece senza danno della vitalità e della sincerità letteraria, restituire la complessità dei casi, dei

numeri e delle forme verbali sintetiche, nè la finezza sintattica del greco antico. Ad idee nuove ed a bisogni nuovi è necessario uno sviluppo nuovo dei linguaggi, nè cosa possibile è adattare una lingua non parlata, e perciò convenzionale, ad esprimere il pensiero moderno, scientifico, sociale ed artistico, in tutta la sua mirabile varietà di atteggiamenti e nella sua nervosa rapidità ».

73. Ο Κρητικός πόλεμος (1645-1669),

Συλλογὴ τῶν ἑλληνικῶν ποιημάτων ̓ΑΝΘΙΜΟΥ ΔΙΑΚΡΟΥΣΗ, ΜΑΡΙΝΟΥ ΖΑΝΕ, συλλεγέντων καὶ ἐκδιδομένων ὑπὸ τοῦ ̓Αρκιμανδρίτου ΑΓΑΘΑΓΓΕΛΟΥ ΞΗΡΟΥΧΑΚΗ. – Έν Τεργέστη, τύποις του Αὐστριακοῦ Λοϋδ, 1908 ; pp. 638, in 8°. 74. TEZA (Emilio), Due parole di Giacomo Caroldo su Creta. - Venezia, 1908; pp. 6, in-8°. (estr. d. Atti d. R. Istituto Veneto di sc., lett. ed arti).

Dalle rare edizioni possedute dalla Marciana, lo X. ripubblica per intero due poemi greci del sec. XVII, di varia misura, sulla guerra di Creta: l'uno di Anthimos Diakrousis (pp. 65-120), pubblicato già a Venezia nel 1679 [Miscell. Marc. 1953, n.o 14]: edizione che il LEGRAND, Bibliogr. hellénique du XVII siècle, vol. I, pp. 353-55, n.o 546, giudica « d'une insigne rareté », e di cui non ricorda che due soli esempl., dell' Istituto di Francia e del British Museum; l'altro di Marino Zane, nativo di Retinno, ma trasferitosi a Venezia, dove, fattosi prete, prese nome di Emmanuele, e fu ad un tempo verseggiatore e pittore nella chiesa di S. Giorgio. Egli compose, tra altro, un ampio poema su tutta la guerra di Creta, di oltre 6000 versi, edito pur a Venezia nel 1681 [Bibl. Marc. 80. C. 191]; la necessità della cui ristampa integrale non era eccessivamente sentita, dopo che il SATHAS ne aveva pubblicato ampii estratti (oltre 2000 versi) nella sua opera: Toupxozparovμένη Ελλάς (1453-1821). ̓Αθήνησι, 1869, pp. 223-300; e che avevano rinfrescato la memoria dell'autore il ch. prof. E. TEZA, M. Zane e il racconto in versi della guerra di Candia, in Atti e Mem. d. R. Accad. d. scienze, lett. ed arti di Padova, N. S., XVII (1900-01), pp. 187-98;

n.

e A. MEDIN, La storia d. repubbl. di Venezia poesia. Milano, 1904, pp. 352-54 (e si cfr. a p. 547, n.o 621, la descrizione bibliografica della stampa qui riprodotta). Siccome poi l'antico stampatore fu, come ben disse il Teza, << scelleratissimo », cosí il nuovo ed. ha avuto cura di emendare il testo dai numerosissimi errori che lo deturpavano, notando però sempre in calce l'esatta lezione dell' antica stampa. — A p. 44, n. 1, lo X. cita con parecchi errori alcuni passi dell' Istoria del Caroldo di su un cod. marciano; a proposito del quale occorre osservare che la segnatura It. XII. 128 comprende due volumi, contraddistinti 128a e 128b: l'uno (128) del sec. XVI, l' altro (128b) del sec. XVII; ma ognuno dei quali comprende completa l'opera del Caroldo, in X libri. Non si comprende quindi perchè l' ed. citi il vol. II, mentre il cod. di cui egli si è valso è il 128a, e quindi sarebbe in ogni caso il vol. I, anziché il II. Ad ogni modo, appunto dell' interpretazione data dallo X. di un passo del Caroldo, e di un suo giudizio sullo storico veneziano e sui mezzi adoperati dalla Dominante nel governo di Creta, si occupa, brevemente ma vibratamente, il prof. Teza nella sua Nota accademica (n.° 74), nella quale ha occasione di ricordare (p. 5, n. 2) il cod. Marc. It. XII. 128a della Storia del CAROLDO, e (p. 4 n.) il prezioso cod. Marc. Lat. X. 143 della Cronaca di LORENZO DE' MONACI.

75. VAN DEN GHEYN (J.), Deux érudits belges en Italie au XVIIe siècle: Théodore d'Amaden et Théodore Ameyden.

Anvers, impr. J. Van Hille-deBaeker, 1908; pp. 34, in-8° (estr. d. Annales de l'Acad. Royale d'Archéologie de Belgique).

In questa interessante memoria il dotto conservatore dei mss. della Biblioteca Reale di Bruxelles distingue assai opportunamente due eruditi belgi del sec. XVII, i quali per l'identità del nome, della nazionalità e dell'epoca in cui vissero; per la grande somiglianza del cognome, e pel fatto di essere entrambi vissuti in Italia, furono, e possono essere anche oggi facilmente confusi.

Di Teodoro d'Amaden [d' Amadenus,

Damadenus, Damaidenus], nobile belga, dei baroni di Duffet e signori di Besterveld, cavaliere di Malta e di S. Giovanni di Gerusalemme, abbate « Sanctae Mariae de CastroCarimo et Sanctae Marthae Lignicensis », non sappiamo molto più di ciò ch'egli stesso ci ha fatto sapere nei titoli delle sue opere. Egli visse certamente lungo tempo a Venezia fra il 1676 e il 1702, ove attese principalmente a scrivere voluminose e farraginose genealogie delle famiglie venete più illustri, e precisamente dei Bragadin, Marcello, Zorzi, Duodo, Morosini, Cavalli, Tetti (della Dalmazia); e di famiglie principesche o nobili d'Italia o d'Europa, quali gli Estensi, i Farnesi, i conti Hiarca degli Uberti, le case di Baviera e d' Austria, ecc.

Del nostro genealogista cosí scriveva e giudicava Apostolo Zeno in una lettera al fratello Pier Caterino (21 dic. 1720): « Egli non ha stampato alcun libro ch'io sappia, ma ne ha scritti moltissimi, tutti genealogici di famiglie Sovrane di Europa, e Patrizie. Non era di molto criterio nel distinguere gli autori veri dagli apocrifi, come per lo piú torna conto di fare a chi travaglia su i principî delle antiche famiglie. Ogni sua conghiettura gli facea prova, e metteva negli alberi tutti gli omonimi. In casa Marcello da S. Paolo vi sono due grossissimi tomi in foglio scritti da lui di quella casa, nella quale fa entrare tutti i Marcelli Romani, i Marcelli e Marcellini Santi e Pontefici e Vescovi. Nella Libreria Estense vi sono pure due gran volumi di quella casa Ducale, fatta dopo gli altri anche da lui derivare dagli Azzi Romani » (1). Come accenna anche lo Zeno nelle parole surriferite, le opere del Damadeno sono quasi tutte inedite, se se ne tolga una dissertazione archeologica inserita postuma nel Thesaurus del GRAEVIO, e un'opera intitolata Volatus aquilae Justinianae, citata dal Mittarelli, ma ora irreperibile, e si conservano nelle pubbliche biblioteche, e principalmente nella biblioteca del Museo Correr di Venezia (che n'è la più ricca), nella Marciana, nella Reale di Bruxelles, nell' Estense di Modena, nella Palatina di Parma, ed in qualche altra privata. Spettano alla Marciana: 1) Itali

(1) ZENO (A.), Lettere, 2.a ediz. Venezia, 1785, III, p. 222.

'cum Zadkiel (p. 9), specie di genealogia dei

re d'Italia, condotta sino all'anno 1676 (cod. Marc. Lat. X. 89); 2) Hiarca, in arca Noach fundatus (p. 11), genealogia della famiglia Hiarca degli Uberti (Marc. It. VII. 34); 3) estratti dello Stemma Bragadenum (p. 6), il cui ms. completo conservasi al Museo Correr (Marc. It. VII. 90, ff. 199-211); 4) e frammenti della genealogia della famiglia Zorzi (p. 17), nel cod. Marc. It. VII. 90, ff. 213-16. Ma molta oscurità regna ancora sulla figura di questo operoso genealogista belga; ciò che fa esclamare all'a. (pag. 21): « Pour avoir établi une bibliographie plus ou moins complète de Damadenus, nous ne sommes donc guère fixés sur sa personnalité ».

[ocr errors]

Non molto più copiose sono le notizie rimasteci su Teodoro Ameyden [Ameydenus, -nius], ma esse sono sufficenti per distinguerlo dal suo quasi omonimo e connazionale Damadeno. L'Ameyden, nato a Bois-le-Duc forse verso il 1588, accompagnò in qualità di paggio il card. Andrea d'Austria a Roma. Dopo la morte di quest' ultimo (1600) ritornò in patria, ma si recò poco appresso nuovamente a Roma, ove divenne avvocato della Curia, ed ebbe l'amicizia del card. Pamfili, poi papa Innocenzo X. Mori probabilmente circa il 1655. Egli è autore di un certo numero di opere mss. e a stampa, che hanno un carattere affatto diverso da quelle del Damadeno, e fra le quali sono notevoli la traduzione di una commedia spagnuola in latino (Il can dell'ortolano. Viterbii, 1642, in 12o); gli Elogi de' Pontefici contemporanei all'a. e di 198 Cardinali, morti tra il 1600 e il 1655, in un ms. della Nazionale di Parigi, di cui il p. V. d. Gh. produce per intero l'epistola dedicatoria, contenente qualche dato biografico sull'a. (pp. 23-25); e una violenta requisitoria dei Calvinisti delle provincie Unite contro il regime spagnuolo, intitolata : L'apocalipsi d' Hollandia, liberamente esposta et interpretata per Pambone reimundina. Tradotta dalla fiamminga nella lingua italiana dal signore Dadiodato Verdeggia [pseudon. di Teodoro Ameyden]. In Nieustadt, appresso Giovanni il Verdadiero, 1625: manoscritto già appartenuto alla biblioteca Boncompagni, ed ora nella Reale di Bruxelles. Chi confronti i dati cronologici dell' Ameyden

(1600-1655) con quelli del Damadeno (16751702) non esiterà a distinguere nettamente l'uno dall' altro scrittore; né si possono supporre fra di loro rapporti di padre a figlio, non solo perché recavano lo stesso nome, ma specialmente perché (come osserva il p. V. d. Gh.) nella dedicatoria degli Elogia Summor. Pontif. l'Ameyden ricorda che tutti i suoi figli erano morti. Forse, in séguito, nuovi documenti o testimonianze potranno gettar nuova luce su queste due personalità, dall' egregio a. opportunamente esumate.

76. TESTI (Laudedeo), La storia della Pittura Veneziana. Parte I. Le origini. Bergamo, Ist. italiano d'arti grafiche, 1909; di pp. 554, in-8° gr., illustr.

A p. 521 di questo elegante e poderoso volume, che si stende veramente in qualche parte oltre « le origini », se vi si trovano, sia pure per incidenza, alcune miniature del sec. XVII l'a. esprime il seguente giudizio sul Messale per la chiesa de' SS. Giovanni e Paolo, miniato e firmato da Niccolò da Bologna, che si conserva nella Marciana (cod. Marc. Lat. III. 97): «........ il suo Messale [di Niccolò di Giacomo] eseguito, come sappiamo già, pel monastero di S. Giovanni e Paolo in Venezia, appartiene all'arte verista e non ha nulla di comune con le miniature venete contemporanee. Quantunque deficiente qualche volta nel disegno e nelle proporzioni un po' tozze, nel colorito biaccoso, Niccolò ha delineato nel Messale degli angioletti e delle testine delicatissime, una Trinità, in vero ben singolare, e una Crocifissione che può quasi stare alla pari con la piccola Crocifissione a tempera, tanto posteriore, conservata nella Tribuna del Museo Correr. La Circoncisione, finitissima, vince di molto quanto sapevano operare i pittori veneti su pergamene e su tavole; il capo del sacerdote anticipa l'energia ed il carattere di certe teste di Bartolomeo Vivarini, ma con maggiore finezza d'esecuzione. Nell'insieme il Messale deve considerarsi come una delle opere migliori di Niccolò, il quale dormiva spesso il sonno omerico, trascurando frettolosamente l'esecuzione con l'avanzare degli anni, e lasciando che troppi scolari compissero le mi

[graphic][ocr errors][ocr errors]

MESSALE DE' SS. GIOVANNI E PAOLO, miniato da Niccolò da Bologna.

Cod. Marc. Lat. III. 97. Cfr. n.° 76.

« IndietroContinua »