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E alla 34.

ma

Se Dio ti guardi quegli occhi Viola,

Che han fatto del mio core un pan biscotto,

La testa lustra e la scasciata gola

Quel uisotto dhaver, quel ciarlar ghiotto

E quella tua dolce aria mariola,

Che per un tratto a fe m'ha posto fotto,
Non esser crudel, cagna traditora

A chi per colpa tua uà in la mal' hora.

E alla 40.ma :

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Viola ho inteso dir che la uentura

Ha dinanzi una bietta di capegli,
Che chi la grappa non ha più paura

Di pigliar con la ragna de i frenguegli.
Se me rifiuti per mala fciagura

Anchora che ci sien de gli altri uccegli
Lo Strilla appar tra lor come il falcone
Tra il Gufo, il Barbagianni e l'ocarone.

Penso Viola quando mi farai

Un qualche forasiepe, e bel cittino,
E per comare la Zanfarda harai,
E per compare il poieta stradino;
Far le pazzie alhotta mi uedrai

Tenendo in berta ogni nostro uicino,

Ti aiuterò tutto il dì a ninnarlo

E ne lo empir de le fafcie a nettarlo.

Tofto Viola, chio vegga fattollo

Di pocciare il frafchetta che uorìa,
Piano pianino torrommelo in collo
Beendomel co i bafci tutta uia
Per mano poi crefcendo menarollo,
Infegnandogli io sol L'aue maria
E quando penfaro che tu lhai fatto
Saltarogli dintorno come un matto.

e alla 59.ma:

Viola alhor, che tu rompi de l'ova
Per cocerle ne l'olio iftemperate,
E quando intridi la farina nova

per far di bone frittelle melate,

il rifguardar tal ciancie più mi gioua
che s'io toccasse dieci bastonate,
ma più me giouarìa, del risguardarle
l'esser chiamato con te a mangiarle.

La Bibliofilia, anno XI, dispensa 1.2"

9

Quando Viola trefchi pe la uigna

col grembiul pien di grapoli d'agrefto il Sol ti fguarda, e con teco foghigna, e par che uoglia fproferirti il ceflo E par che tutto quel che tocchi aligna. Ogni Viottol da i tuoi piei calpeflo Proprio col Vifo de la primauera, Fa il lalirom e fa la lirumfera.

Ecco com'egli, continua alle stanze 119, 121, 127:

Viola eccoti a noi la primavera

In lo spontar la ueggo da i bocciuoli,
Gli albori tutti hanno una bona cera,
E non è fiepe che non s'inuiuoli,
Tal che de rose piu duna paniera

E piu di dieci o dodeci querciuoli
Ho apoftato a mio difauantaggio

Per bifcantarti il beneuenga maggio.

En nel cantar tutti tutti gli ucegli
Rosignuoli, calandre e lucarini,
E calanzuoli, e pincioni, e fanegli,
Rondini, capineri, e cardarini,
Lodole: e 'n fino a quei fastidiofegli
Difpettosi e gratiati Raparini,
Solo Viola, per portarti amore

Piagne lo Strilla come un traditore

S'io fuffe Re, che mò Dio me ne guardi
O se pur fdiventafle Imperadore,
Ti faria comparare un de i miei fguardi
Mi faria dir la metà del tuo core....

E alla stanza 130.ma e alla 137.ma:

S'acordon le ribeche difcordate,

E co i foldati che aloggia il comune, Le campane anco con chi l'ha tirate,

E con le man che le colgon le prune;

Il simile le gionte e le derrate

E con la fiamba del fuo fuoco il fume,
Con i lor goghi, o mia Viola, i Buoi,
E noi ftentiamo acordarci fra noi.

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Chi sarà stata la rosa Viola?... Per ora nessuno lo sa. Ma importerà proprio saperlo?

Firenze, febbraio 1909.

EUGENIA LEVI.

I manoscritti di Galileo e della sua scuola

nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze

(Ricordi della mostra che ne fu fatta nell'ottobre 1908)

Al secondo Congresso degli scienziati nostri, che, promosso dalla Società italiana per il progresso delle scienze, si riunì qui in Firenze nello scorso ottobre, mentre tutto il mondo commemorava il terzo centenario della nascita di Evangelista Torricelli, non poteva certo rimanere estranea la maggiore Biblioteca fiorentina, che di Galileo e di tutta la sua scuola possiede e custodisce, come uno de' suoi tesori più preziosi, la maggior parte delle opere manoscritte, sia negli autografi, sia in copie importanti ; e con le opere, moltissimo del carteggio del Maestro e dei suoi piú illustri corrispondenti e discepoli.

Sarebbe inopportuno ridire qui le vicende assai note di questa collezione, che, iniziata da Vincenzo Viviani, ma trascurata poi e obliata, e in pericolo di an dare totalmente dispersa, poté, per le cure di Giovanni Batista Nelli e per la liberalità di Ferdinando III Granduca, venire assicurata nel 1818 alla libreria Palatina (1). Piuttosto giova ricordare, come il Congresso del 1908 riportasse naturalmente alla memoria degli studiosi raccolti in Firenze quella terza riunione degli scienziati italiani, che nel 1841, anche da Firenze, chiedeva da questi originali si traesse una piú compiuta e sicura raccolta a stampa delle opere di Galileo; voto al quale, negli anni 1842-1856, rispose l'edizione procurata da Eugenio Albèri in 16 volumi; senza che essa però soddisfacesse in tutto a ciò che i nuovi studî italiani ragionevolmente potevano desiderare a onore di Galileo. Ora, al Congresso del 1908 toccava in sorte di vedere felicemente compiuta la nuova edizione nazionale delle opere galileiane, che Antonio Favaro promosse fino dal 1887, e seppe, poi, volere e condurre a termine con tenácia, con amore e con sapienza pari alle difficoltà di così vasta impresa, nella quale, per le cure del testo, gli furono cooperatori degni ed assidui Isidoro Del Lungo e Umberto Marchesini. Lavoro di più lustri, che ha riunito in un sol corpo e fermato nel testo, da considerarsi a buon diritto definitivo, tutte le opere di Galileo, corredandole delle più sicure testimonianze sulla loro elaborazione, di tutto il carteggio scientifico di lui e dei documenti principali per la storia della sua vita, la serie dei diciannove volumi, usciti in luce tra il 1890 e il 1908 sotto gli auspicî del Re d'Italia, rappresenta anche per la storia della Biblioteca, che, giorno per giorno, poté assistere all'opera infaticata dei nuovi editori, un periodo ricordevole, la cui

(1) Molta parte di merito in ciò si deve riconoscere anche al principe ereditario, Leopoldo, divenuto poi granduca, che professò in ogni tempo culto grandissimo per Galileo. Cf. FAVARO, Documenti inediti per la storia dei manoscritti galileiani nella Biblioteca Nazionale di Firenze: nel Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche. Roma, 1885, XVIII, 60.

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Dalla Serie di ritratti di uomini illustri toscani. Firenze, 1768, II.

La Bibliofilia, anno XI, dispensa 1-2"

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