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vava modo di fuggirsene; ma ancora trascinava seco a diserzione gran parte delle soldatesche vincitrici (1),

VII.

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Ma a che andiamo noi ricordando questi progressi della insolenza degli stipendiarii, quando già nel bel mezzo d'Italia era apparsa una compagnia di ventura? Volgeva al suo termine l'anno 1522, quando i A.4322 Tolomei fuorusciti di Siena mediante l'appoggio del vescovo d'Arezzo e di certi loro amici fiorentini, corrompevano per via di denari a seguitarli cinque conestabili, che militavano al soldo di Firenze. A questa gente unironsi parecchie masnade d'Arezzo e di Orvieto. Allora si fecero chiamare la Compagnia, e in numero di 500 a cavallo, e molto più fanti, occuparono Asinalunga e Turrita, e discorsero a preda ed a ruba il contado Senese. La città per questo accidente fieramente atterrita domandò in fretta soccorso a' suoi alleati, assoldò gente e creò capitano di guerra Ruggiero de' conti Guidi; del resto risolse di non opporre alla Compagnia altra cosa che la fame e alcune brevi scaramuccie. Il savio consiglio consegui appieno l'effetto desiderato: dopo aver consumato il verno nelle ruberie, quella turba accogliticcia, non potendo più reggere alla miseria, si parti e disperse nella Marca e in altri siti (2).

Così cominciò, cosi finì la Compagnia di Siena: ma altre ben più durevoli e più tremende dovevano sorgere in breve. Che se la mancanza di esempi, un

(1) Boninc. Morig. III. 22-32. — G. Vill, IX. 230.

(2) G. Vill. IX. 181, 145.

Vol. I.

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non so qual rispetto dell'antica milizia e disciplina italiana, la continuazione incessante della guerra, la diversità di patria e di costumi avevano finora trattenuto i venturieri dall'accozzarsi in un gran corpo, e sotto un sol capo procedere a guerra di preda e di sterminio, era molto prossimo il tempo, in cui tutte queste difficoltà si sarebbero dileguate. Bastava che una pace li rimuovesse dagli stipendii soliti, bastava che un forte guerriero col mettersene alla testa soffocasse le private loro gelosie, bastava che la calata di qualche principe tedesco accrescesse un tantino il numero e l'audacia loro, e mettesse in viva luce le occulte magagne degli Stati d'Italia; e tosto le Compagnie di Ventura si sarebbero stese, come turbini infausti, sulle nostre contrade. Noi siamo adunque per contemplarne le prime fazioni.

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1. Calata di Lodovico il Bavaro. Compagnia del Ceruglio. Marco Visconti presso di essa. Presa e vendita di Lucca.—Calata di Giovanni re di Boemia. Compagnia della Colomba,

II. Origine della compagnia di s. Giorgio. Lodrisio Visconti la guida contro Milano. Suoi disegni.

III. Battaglia di Parabiago. Il Malerba nel Canavese.
IV. Origine della gran compagnia. Il duca Guarnieri. Et-
tore da Panigo. Mazarello da Cusano. —La gran com-
pagnia parte da Lucca.

V. La gran compagnia a fronte della Lega sul Lamone.
Tentativo del Panigo. Presa di lui e del Malerba.
La gran compagnia in Lombardia. Per denari si ri-
solve. Ultimi fatti d' Ettore e di Mazarello.

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-1329

I venturieri sassoni e tedeschi, che Lodovico il A. 1327 Bavaro meno seco in Italia, allorchè andò a Roma per cingersi della corona imperiale, erano destinati ad aprire in Toscana una gran fonte di non brevi sciagure. Già a Roma avevano eglino colle proprie insolenze esasperato di modo il popolo, che ne era perciò andata a monte la spedizione disegnata da Lodovico sopra Napoli: quindi presso Velletri erano venuti tra loro ad una orrenda zuffa per la divisione delle prede: giunti a Pisa, eccoti che cospirano d'abbandonare l'imperatore, e sotto scusa di certi crediti non soddisfatti, in numero di 800, lasciano la città, e voltansi precipitosamente verso Lucca. Era il proposito 29 8bre loro di sorprenderla in mala guardia, rubellarła, e tenerlasi; nè per fermo andava ad essi fallito, se un celere nunzio non li preveniva. Respinti perciò da Lucca, albergaronsi nei sobborghi, e li depredarono: alla fine, dopo assaggiate invano le terre vicine, montano sul Ceruglio di Vivinaia, acconcio luogo a eavaliere delle valli dell'Arno e della Nievole, vi

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