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oltre agli altri suoi uficiali, alcuno de' suoi grandi uomini con gente che alla guardia attendesse. Nella qual bisogna, sopravvegnendo il tempo, diliberò di mandare Sicurano, il quale già ottimamente la lingua sapeva; e così fece. Venuto adunque Sicurano in Acri, signore e capitano della guardia de' mercatanti e della mercatanzía, e quivi bene e sollicitamente faccendo ciò che al suo uficio apparteneva, et andando dattorno veggendo, e molti mercatanti e ciciliani e pisani e genovesi e viniziani et altri Italiani vedendovi, con loro volentieri si dimesticava per rimembranza della contrada sua. Ora avvenne, tra l'altre volte, che, essendo egli ad un fondaco di mercatanti viniziani smontato, gli vennero vedute tra altre gioje una borsa et una cintura, le quali egli prestamente riconobbe essere state sue, e maravigliossi; ma, senza altra vista fare, piacevolmente domandò di cui fossero, e se vendere si voleano. Era quivi venuto Ambrogiuolo da Piagenza con molta mercatanzía in su una nave di Viniziani, il quale, udendo che il capitano della guardia domandava di cui fossero, si trasse avanti e ridendo disse: Messere, le cose son mie, e non le vendo; ma s'elle vi piacciono, io le vi donerò volentieri. Sicurano, vedendol ridere, suspicò non costui in alcuno atto l'avesse raffigurato; ma pur, fermo viso faccendo, disse: Tu ridi forse, perchè vedi me uom d'arme andar domandando di queste cose feminili? Disse Ambrogiuolo: Messere, io non rido di ciò, ma rido del modo nel quale io le guadagnai. A cui Sicuran disse: Deh, se Iddio ti dea buona ventura, se egli non è disdicevole, diccelo come tu le guadagnasti. Messere, disse Ambrogiuolo, queste mi donò con alcuna altra cosa una gentil donna di Genova, chiamata madonna Zinevra, moglie di Bernabò Lomellin, una notte che io giacqui con lei, e pregommi che per suo amore io le tenessi. Ora risi io, per ciò che egli mi ricorda della sciocchezza di Bernabò, il qual fu di tanta follía, che mise cinquemilia fiorin d'oro contro a mille, che io la sua donna non recherei a' miei piaceri: il che io feci, e vinsi il pegno; et egli, che più tosto sè della sua bestialità punir dovea, che lei d' aver fatto quello che tutte le femine fanno, da Parigi a Genova tornandosene, per quello

ВОССАССІО. І.

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che io abbia poi sentito, la fece uccidere. Sicurano, udendo questo, prestamente comprese qual fosse la cagione dell' ira di Bernabò verso lei, e manifestamente conobbe, costui di tutto il suo male esser cagione; e seco pensò di non lasciargliele portare impunita. Mostrò adunque Sicurano d' aver molto cara questa novella, et artatamente prese con costui una stretta dimestichezza, tanto che per gli suoi conforti Ambrogiuolo, finita la fiera, con esso lui e con ogni sua cosa se n' andò in Alessandria, dove Sicurano gli fece fare un fondaco, e misegli in mano de' suoi denari assai: per che egli, util grande veggendosi, vi dimorava volentieri. Sicurano, sollicito a volere della sua innocenzia far chiaro Bernabò, mai non riposò infino a tanto che con opera d' alcuni grandi mercatanti genovesi che in Alessandria erano, nuove cagioni trovando, non l'ebbe fatto venire: il quale, in assai povero stato essendo, ad alcun suo amico tacitamente fece ricevere, infino che tempo gli paresse a quel fare che di fare intendea. Avea già Sicurano fatta raccontare ad Ambrogiuolo la novella davanti al Soldano, e fattone al Soldano prendere piacere; ma poichè vide quivi Bernabò, pensando che alla bisogna non era da dare indugio, preso tempo convenevole, dal Soldano impetrò che davanti venir si facesse Ambrogiuolo e Bernabò, et in presenzia di Bernabò, se agevolmente fare non si potesse, con severità da Ambrogiuolo si traesse il vero, come stato fosse quello di che egli della moglie di Bernabò si vantava. Per la qual cosa, Ambrogiuolo e Bernabò venuti, il Soldano in presenzia di molti con rigido viso ad Ambrogiuol comandò che il vero dicesse, come a Bernabò vinti avesse cinquemilia fiorin d' oro: e quivi era presente Sicurano, in cui Ambrogiuolo più avea di fidanza, il quale con viso troppo più turbato gli minacciava gravissimi tormenti, se nol dicesse. Per che Ambrogiuolo, da una parte e d'altra spaventato, et ancora alquanto costretto, in presenzia di Bernabò e di molti altri, niuna pena più aspettandone che la restituzione di fiorini cinquemilia d' oro e delle cose, chiaramente, come stato era il fatto, narrò ogni cosa. Et avendo Ambrogiuol detto, Sicurano, quasi esecutore del Soldano, in quello rivolto a

Bernabò, disse: E tu che facesti per questa bugía alla tua donna? A cui Bernabò rispose: Io, vinto dalla ira della perdita de' miei denari, e dall' onta della vergogna che mi parea avere ricevuta dalla mia donna, la feci ad un mio famigliare uccidere; e, secondo che egli mi rapportò, ella fu prestamente divorata da molti lupi. Queste cose così nella presenzia del Soldan dette, e da lui tutte udite et intese, non sappiendo egli ancora a che Sicurano, che questo ordinato avea e domandato, volesse riuscire, gli disse Sicurano: Signor mio, assai chiaramente potete conoscere quanto quella buona donna gloriar si possa d' amante e di marito; chè l'amante ad una ora lei priva d' onore, con bugíe guastando la fama sua, e diserta il marito di lei; et il marito, più credulo alle altrui ↑ falsità che alla verità da lui per lunga esperienza potuta conoscere, la fa uccidere e mangiare a' lupi: et oltre a questo è tanto il bene e l'amore che l'amico e 'l marito le porta, che, con lei lungamente dimorati, niuno la conosce. Ma per ciò che voi ottimamente conosciate quello che ciascun di costoro ha meritato, ove voi mi vogliate di spezial grazia fare di punire lo 'ngannatore e perdonare allo 'ngannato, io la farò qui in vostra et in loro presenzia venire. Il Soldano, disposto in questa cosa di volere in tutto compiacere a Sicurano, disse che gli piacea, e che facesse la donna venire. Maravigliossi forte Bernabò, il quale lei per fermo morta credea; et Ambrogiuolo, già del suo male indovino, di peggio avea paura che di pagar denari, nè sapea che si sperare o che più temere, perchè quivi la donna venisse, ma più con maraviglia la sua venuta aspettava. Fatta adunque la concessione dal Soldano a Sicurano, esso, piagnendo et in ginocchion dinanzi al Soldan gittatosi, quasi ad una ora la maschil voce et il più non voler maschio parere si partì, e disse: Signor mio, io sono la misera sventurata Zinevra, sei anni andata tapinando in forma d' uom per lo mondo, da questo traditor d' Ambrogiuol falsamente e reamente vituperata, e da questo crudele et iniquo uomo data ad uccidere ad un suo fante et a mangiare a' lupi. E stracciando i panni dinanzi e mostrando il petto, sè esser femina et al Soldano et a ciascuno altro fece

palese; rivolgendosi poi ad Ambrogiuolo, ingiuriosamente domandandolo quando mai, secondo che egli avanti si vantava, con lei giaciuto fosse. Il quale, già riconoscendola, e per vergogna quasi mutolo divenuto, niente dicea. Il Soldano, il qual sempre per uomo avuta l' avea, questo vedendo et udendo, venne in tanta maraviglia, che più volte quello che egli vedeva et udiva, credette più tosto esser sogno che vero. Ma pur, poi che la maraviglia cessò, la verità conoscendo, con somma laude la vita e la constanzia et i costumi e la virtù della Ginevra, infino allora stata Sicuran chiamata, commendò. E, fattili venire onorevolissimi vestimenti femminili, e donne che compagnía le tenessero, secondo la dimanda fatta da lei, a Bernabò perdonò la meritata morte. Il quale, riconosciutola, a' piedi di lei si gittò piangendo e domandando perdonanza, la quale ella, quantunque egli mal degno ne fosse, benignamente gli diede, et in piede il fece levare, teneramente, sì come suo marito, abbracciandolo. Il Soldano appresso comandò che incontanente Ambrogiuolo in alcuno alto luogo della città fosse al sole legato ad un palo, et unto di mèle, nè quindi mai, infino a tanto che per sè medesimo non cadesse, levato fosse; e così fu fatto. Appresso questo, comandò che, ciò che d'Ambrogiuolo stato era, fosse alla donna donato; che non era sì poco, che oltre a diecimilia dobbre non valesse: et egli, fatta apprestare una bellissima festa, in quella Bernabò, come marito di madonna Zinevra, e madonna Zinevra sì come valorosissima donna, onorò, e donolle che in gioje e che in vasellamenti d'oro e d'ariento e che in denari, quello che valse meglio d'altre diecemilia dobbre. E, fatto loro apprestare un legno, poi che fatta fu la festa, gli licenziò di potersi tornare a Genova al lor piacere: dove ricchissimi e con grande allegrezza tornarono, e con sommo onore ricevuti furono, e spezialmente madonna Zinevra, la quale da tutti si credeva che morta fosse; e sempre di gran virtù e da molto, mentre visse, fu reputata. Ambrogiuolo il dì medesimo che legato fu al palo et unto di mèle, con sua grandissima angoscia dalle mosche e dalle vespe e da' tafani, de' quali quel paese è copioso molto, fu non solamente ucciso, ma infino all' ossa

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divorato le quali bianche rimase et a' nervi appiccate, più lungo tempo, senza esser mosse, della sua malvagità fecero a chiunque le vide testimonianza. E così rimase lo 'ngannatore a piè dello 'ngannato.

NOVELLA DECIMA.*

Paganino da Monaco ruba la moglie a messer Ricciardo da Chinzica, il quale, sappiendo dove ella è, va, e divenuto amico di Paganino raddomandagliele, et egli, dove ella voglia, gliele concede. Ella non vuol con lui tornare, e, morto messer Ricciardo, moglie di Paganin diviene.

Ciascuno della onesta brigata sommamente commendò per bella la novella dalla loro Reina contata, e massimamente Dioneo, al quale solo per la presente giornata restava il novellare. Il quale, dopo molte commendazioni di quella fatte, disse: Belle donne, una parte della novella della Reina m' ha fatto mutare consiglio di dirne una che all' animo m' era, a doverne un' altra dire; e questa è la bestialità di Bernabò, come che bene ne gli avvenisse, e di tutti gli altri che quello si dánno a credere che esso di creder mostrava, cioè che essi andando per lo mondo, e con questa e con quella, ora una volta ora un' altra, sollazzandosi, s' imaginano che le donne a casa rimase si tengano le mani a cintola, quasi noi non conosciamo, che tra esse nasciamo e cresciamo, di che elle sien vaghe. La qual dicendo, ad un'ora vi mosterrò chente

* Paganino da Mare, e non da Monaco, dicono i Deputati che si trovi nel manoscritto del Mannelli, come anco nel testo della prima stampa. Dicono anche come lo essersi riparati quei tanti Genovesi, che in quei tempi corseggiavano il Mediterraneo, a Monaco piuttosto che altrove, fece dire ai venuti dopo da Monaco, piuttosto che distinguere questo Paganino col cognome della famiglia da Mare. Credono altresi che costui possa essere di quella stessa famiglia antichissima e nobilissima da Mare, Genovese, e che ora si conosce sotto il cognome di Mari. A Monte Nero credono i Deputati essere stata rubata la Donna. Chinzica è ancora nome di una strada della città di Pisa. I Manni avverte che nelle epistole d' Aristenete, lib. II, si trova il presente passo: Uxor causidici virum arguit neglectæ rei uxoriæ, e pare inclinato a credere che il Boccaccio da costui abbia tolta parte di questa Novella.

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