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essendo ogni cosa piena di quei fiori che concedeva il tempo, e di frondi, postesi a sedere, venne il discreto siniscalco, e loro con preziosissimi confetti et ottimi vini ricevette e riconfortò. Appresso la qual cosa, fattosi aprire un giardino che di costa era al palagio, in quello, che tutto era dattorno murato, se n'entrarono; e parendo loro nella prima entrata di maravigliosa bellezza tutto insieme, più attentamente le parti di quello cominciarono a riguardare. Esso avea din

torno da sè e per lo mezzo in assai parti vie ampissime, tutte diritte come strale e coperte di pergolati di viti, le quali facevan gran vista di dovere quello anno assai uve fare; e tutte allora fiorite sì grande odore per lo giardin rendevano, che mescolato insieme con quello di molte altre cose che per lo giardino olivano, pareva loro essere tra tutta la speziería che mai nacque in Oriente: le látora delle quali vie tutte di rosaj bianchi e vermigli, e di gelsomini erano quasi chiuse per le quali cose, non che la mattina, ma qualora il sole era più alto, sotto odorifera e dilettevole ombra, senza esser tocco da quello, vi si poteva per tutto andare. Quante e quali e come ordinate poste fossero le piante che erano in quel luogo, lungo sarebbe a raccontare; ma niuna n' è laudevole, la quale il nostro áere patisca, di che quivi non sia abondevolmente. Nel mezzo del quale (quello che è non men commendabile che altra cosa che vi fosse, ma molto più), era un prato di minutissima erba, e verde tanto che quasi nera parea, dipinto tutto forse di mille varietà di fiori, chiuso dintorno di verdissimi e vivi aranci e di cedri, li quali, avendo i vecchi frutti et i nuovi et i fiori ancora, non solamente piacevole ombra agli occhi, ma ancora all' odorato facevan piacere. Nel mezzo del qual prato era una fonte di marmo bianchissimo e con maravigliosi intagli. Iv' entro, non so se da natural vena o da artificiosa, per una figura la quale sopra una colonna che nel mezzo di quella diritta era, gittava tanta acqua e sì alta verso il cielo, che poi non senza dilettevol suono nella fonte chiarissima ricadea, che di meno avría macinato un mulino. La qual poi (quella dico che sopra abondava al pieno della fonte) per occulta via del pratello usciva,

e per canaletti assai belli et artificiosamente fatti, fuori di quello, divenuta palese, tutto lo 'ntorniava; e quindi per canaletti simili quasi per ogni parte del giardin discorrea, raccogliendosi ultimamente in una parte dalla quale del bel giardino avea l'uscita, e quindi verso il pian discendendo chiarissima, avanti che a quel divenisse, con grandissima forza e con non piccola utilità del signore, due mulina volgea. Il veder questo giardino, il suo bello ordine, le piante e la fontana co' ruscelletti procedenti da quella, tanto piacque a ciascuna donna et a' tre giovani, che tutti cominciarono ad affermare che, se Paradiso si potesse in terra fare, non sapevano conoscere che altra forma, che quella di quel giardino, gli si potesse dare, nè pensare, oltre a questo, qual bellezza gli si potesse aggiugnere. Andando adunque contentissimi dintorno per quello, faccendosi di vari rami d' álbori ghirlande bellissime, tuttavía udendo forse venti maniere di canti d'uccelli, quasi a pruova l' un dell' altro, cantare, s' accorsero d' una dilettevol bellezza, della quale, dall' altre soprapresi, non s'erano ancora accorti; chè essi videro il giardin pieno forse di cento varietà di belli animali, e l' uno all' altro mostrandolo, d' una parte uscir conigli, d'altra parte correr lepri, e dove giacer cavriuoli, et in alcuna cerbiatti giovani andar pascendo, et, oltre a questi, altre più maniere di non nocivi animali, ciascuno a suo diletto, quasi dimestichi, andarsi a sollazzo: le quali cose, oltre agli altri piaceri, un vie maggior piacere aggiunsero. Ma poi che assai, or questa cosa or quella veggendo, andati furono, fatto dintorno alla bella fonte metter le tavole, e quivi prima sei canzonette cantate et alquanti balli fatti, come alla Reina piacque, andarono a mangiare, e con grandissimo e bello e riposato ordine serviti, e di buone e dilicate vivande, divenuti più lieti, su si levarono, et a' suoni et a'canti et a' balli da capo si dierono, infino che alla Reina, per lo caldo sopravegnente, parve ora che, a cui piacesse, s' andasse a dormire. De' quali chi vi andò, e chi, vinto dalla bellezza del luogo, andar non vi volle, ma, quivi dimoratisi, chi a legger romanzi, chi a giucare a scacchi e chi a tavole, mentre gli altri dormiron, si diede. Ma, poi che, passata la nona, levato

BOCCACCIO. I.

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si fu, et il viso colla fresca acqua rinfrescato s' ebbero, nel prato, sì come alla Reina piacque, vicini alla fontana venútine, et in quello secondo il modo usato postisi a sedere, ad aspettar cominciarono di dover novellare sopra la materia dalla Reina proposta. De' quali il primo, a cui la Reina tal carico impose, fu Filostrato, il quale cominciò in questa guisa.

NOVELLA PRIMA.*

Masetto da Lamporecchio si fa mutolo, e diviene ortolano di uno munistero di donne, le quali tutte concorrono a giacersi con lui.

Bellissime donne, assai sono di quegli uomini e di quelle femine che sì sono stolti, che credono troppo bene che, come ad una giovane è sopra il capo posta la benda bianca et in dosso méssale la nera cocolla, che ella più non sia femina, nè più senta de' feminili appetiti, se non come se di pietra l'avesse fatta divenire il farla monaca: e se forse alcuna cosa contra questa lor credenza odono, così si turbano, come se contra natura un grandissimo e scelerato male fosse stato commesso, non pensando nè volendo aver rispetto a sè medesimi, li quali la piena licenzia di poter far quel che vogliono non può saziare, nè ancora alle gran forze dell' ozio e della sollecitudine. E similmente sono ancora di quegli assai che credono troppo bene, che la zappa e la vanga e le grosse vivande et i disagi, tolgano del tutto a' lavoratori della terra i concupiscevoli appetiti, e rendan loro d' intelletto e d'avvedimento grossissimi. Ma quanto tutti coloro che così credono sieno ingannati, mi piace, poi che la Reina comandato me l'ha, non uscendo della proposta fatta da lei, di farvene più chiare con una piccola novelletta.

Una vecchia tradizione corre in quel contado, che presso a Lamporecchio fosse un convento di monache, che questo convento fosse demolito, e le monache per qualche mancanza fossero trasferite altrove. Questo o falsa o vera tradizione pare aver dato al Boccaccio bastante argomento da formarvi sopra questa Novella.

In queste nostre contrade fu, et è ancora, un munistero di donne assai famoso di santità (il quale non nomerò, per non diminuire in parte alcuna la fama sua), nel quale, non ha gran tempo, non essendovi allora più che otto donne con una badessa, e tutte giovani, era un buono omicciuolo d'un loro bellissimo giardino ortolano, il quale, non contentandosi del salario, fatta la ragion sua col castaldo delle donne, a Lamporecchio, là ond' egli era, se ne tornò. Quivi, tra gli altri che lietamente il raccolsono, fu un giovane lavoratore forte e robusto, e, secondo uom di villa, con bella persona, il cui nome era Masetto, e domandollo dove tanto tempo stato fosse. Il buono uomo, che Nuto avea nome, gliele disse. Il quale Masetto domandò, di che egli il monistero servisse. A cui Nuto rispose: Io lavorava un loro giardino bello e grande, et, oltre a questo, andava alcuna volta al bosco per le legne, attigneva acqua, e faceva cotali altri servigetti; ma le donne mi davano sì poco saláro, che io non ne potevo pure appena pagare i calzari. Et, oltre a questo, elle son tutte giovani, e parmi ch' elle abbiano il diavolo in corpo, chè non si può far cosa niuna al lor modo; anzi, quand' io lavorava alcuna volta l' orto, l' una diceva: Pon qui questo; e l'altra: Pon qui quello; e l'altra mi toglieva la zappa di mano e diceva: Quello non sta bene; e davanmi tanta seccaggine, che io lasciava stare il lavorío, et uscivami dell' orto: sì che, tra per l' una cosa e per l'altra, io non vi volli star più, e sónmene venuto. Anzi mi pregò il castaldo loro, quando io me ne venni, che, se io n' avessi alcuno alle mani che fosse da ciò, che io gliele mandassi, et io gliele promisi: ma tanto il faccia Dio san delle reni, quanto io ne procaccerò, o ne gli manderò niuno. A Masetto, udendo egli le parole di Nuto, venne nell' animo un disidéro sì grande d'esser con queste monache, che tutto se ne struggea, comprendendo per le parole di Nuto che a lui dovrebbe poter venir fatto di quello che egli disiderava. Et avvisandosi che fatto non gli verrebbe se a Nuto ne dicesse niente, gli disse: Deh come ben facesti a venirtene! che è un uomo a star con femine? egli sarebbe meglio a star con diavoli: elle non sanno delle sette volte le sei quello che elle si

vogliono elleno stesse. Ma poi, partito il lor ragionare, cominciò Masetto a pensare che modo dovesse tenere a dovere potere esser con loro; e conoscendo che egli sapeva ben fare quegli servigi che Nuto diceva, non dubitò di perder per quello, ma temette di non dovervi esser ricevuto, per ciò che troppo era giovane et appariscente. Per che, molte cose divisate seco, imaginò: il luogo è essai lontano di qui, e niuno mi vi conosce; se io so far vista d' esser mutolo, per certo io vi sarò ricevuto. Et in questa imaginazione fermatosi, con una sua scure in collo, senza dire ad alcuno dove s' andasse, in guisa d'un povero uomo se n' andò al monistero: dove pervenuto, entrò dentro, e trovò per ventura il castaldo nella corte; al quale faccendo suoi atti come i mutoli fanno, mostrò di domandargli mangiare per l'amor di Dio, e che egli, se bisognasse, gli spezzerebbe delle legne. Il castaldo gli diè da mangiar volentieri, et appresso questo gli mise innanzi certi ceppi che Nuto non avea potuto spezzare, li quali costui, che fortissimo era, in poca d'ora ebbe tutti spezzati. Il castaldo, che bisogno avea d'andare al bosco, il menò seco, e quivi gli fece tagliare delle legne: poscia, messogli l'asino innanzi, con suoi cenni gli fece intendere che a casa ne le recasse. Costui il fece molto bene: perchè il castaldo a far fare certe bisogne che gli eran luogo, più giorni vel tenne. De' quali avvenne che uno dì la badessa il vide, e domandò il castaldo chi egli fosse. Il quale le disse: Madonna, questi è un povero uomo mutolo e sordo, il quale un di questi dì ci venne per limosina, sì che io gli ho fatto bene, et hogli fatte fare assai cose che bisogno c'erano. Se egli sapesse lavorar l' orto, e volesseci rimanere, io mi credo che noi n' avremo buon servigio, per ciò che egli ci bisogna, et egli è forte, e potrebbene l' uom fare ciò che volesse: et, oltre a questo, non vi bisognerebbe d'aver pensiero che egli motteggiasse queste vostre giovani. A cui la badessa disse: In fè di Dio tu di' il vero: sappi se egli sa lavorare, et ingégnati di ritenercelo: dágli qualche pajo di scarpette, qualche cappuccio vecchio, e lusingalo, fàgli vezzi, dagli ben da mangiare. Il castaldo disse di farlo. Masetto non era guari lontano, ma faccendo vista di spazzar la

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