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corte, tutte queste parole udiva, e seco lieto diceva: Se voi mi mettete costà entro, io vi lavorrò sì l'orto, che mai non vi fu così lavorato. Ora, avendo il castaldo veduto che egli ottimamente sapea lavorare, e con cenni domandatolo se egli voleva star quivi, e costui con cenni risposto gli che far voleva ciò che egli volesse, avendolo ricevuto, gl' impose che egli l'orto lavorasse, e mostrògli quello che a fare avesse; poi andò per altre bisogne del monistero, e lui lasciò. Il quale lavorando l' un dì appresso l' altro, le monache incominciarono a dargli noja et a metterlo in novelle, come spesse volte avviene che altri fa de' mutoli, e dicevangli le più scelerate parole del mondo, non credendo da lui essere intese; e la badessa, che forse estimava che egli così senza coda come senza favella fosse, di ciò poco o niente si curava. Or pure avvenne che costui un dì, avendo lavorato molto e riposandosi, due giovinette monache, che per lo giardino andavano, s' appressarono là dove egli era, e lui, che sembiante facea di dormire, cominciarono a riguardare. Per che l' una, che alquanto era più baldanzosa, disse all' altra: Se io credessi che tu mi tenessi credenza, io ti direi un pensiero che io ho avuto più volte, il quale forse anche a te potrebbe giovare. L'altra rispose: Dì sicuramente, chè per certo io nol dirò mai a persona. Allora la baldanzosa incominciò: Io non so se tu t' hai posto mente come noi siamo tenute strette, nè che mai qua entro uomo alcuno osa entrare, se non il castaldo ch'è vecchio, e questo mutolo; et io ho più volte a più donne, che a noi son venute, udito dire che tutte l' altre dolcezze del mondo sono una beffe a rispetto di quella quando la femina usa con l'uomo. Per che io m' ho più volte messo in animo, poichè con altrui non posso, di volere con questo mutolo provare se così è. Et egli è il miglior del mondo da ciò costui; chè, perchè egli pur volesse, egli nol potrebbe nè saprebbe ridire: tu vedi ch' egli è un cotal giovanaccio sciocco, cresciuto innanzi al senno: volentieri udirei quello che a te ne pare. Oimè, disse l'altra, che è quello che tu di'? non sai tu che noi abbiam promesso la virginità nostra a Dio? O, disse colei, quante cose gli si promettono tutto 'l dì,

che non se ne gli attiene niuna: se noi gliele abbiam promessa, truovisi un' altra o dell' altre che gliele attengano. A cui la compagna disse: O se noi ingravidassimo, come andrebbe il fatto? Quella allora disse: Tu cominci ad aver pensiero del mal prima che egli ti venga: quando cotesto avvenisse, allora si vorrà pensare; egli ci avrà mille modi da fare sì che mai non si saprà, pur che noi medesime nol diciamo. Costei udendo ciò, avendo già maggior voglia che l' altra di provare che bestia fosse l'uomo, disse: Or bene, come faremo? A cui colei rispose: Tu vedi ch' egli è in su la nona; io mi credo che le suore sien tutte a dormire, se non noi; guatiam per l'orto se persona ci è, e s' egli non ci è persona, che abbiam noi a fare, se non a pigliarlo per mano e menarlo in questo capannetto, là dove egli fugge l'acqua; e quivi l' una si stea dentro con lui, e l' altra faccia la guardia? egli è sì sciocco, che egli s' acconcerà comunque noi vorremo. Masetto udiva tutto questo ragionamento, e disposto ad ubidire, niuna cosa aspettava, se non l' esser preso dall' una di loro. Queste, guardato ben per tutto, e veggendo che da niuna parte potevano esser vedute, appressandosi quella che mosse avea le parole, a Masetto, lui destò, et egli incontanente si levò in piè. Per che costei con atti lusinghevoli presolo per la mano, et egli faccendo cotali risa sciocche, il menò nel capannetto, dove Masetto, senza farsi troppo invitare, quel fece che ella volle. La quale, sì come leale compagna, avuto quel che volea, diede all' altra luogo, e Masetto, pur mostrandosi semplice, faceva il lor volere. Per che avanti che quindi si dipartissono, da una volta in su ciascuna provar volle come il mutolo sapea cavalcare: e poi, seco spesse volte ragionando, dicevano che bene era così dolce cosa, e più, come udito aveano; e prendendo a convenevoli ore tempo, col mutolo s' andavano a trastullare. Avvenne un giorno che una lor compagna, da una finestretta della sua cella di questo fatto avvedutasi, a due altre il mostrò. E prima tennero ragionamento insieme di doverle accusare alla badessa: poi, mutato consiglio e con loro accordatesi, partefici divennero del podere di Masetto. Alle quali l' altre tre per diversi accidenti divenner

compagne in varj tempi. Ultimamente la badessa, che ancora di queste cose non s'accorgea, andando un dì tutta sola per lo giardino, essendo in caldo grande, trovò Masetto (il qual di poca fatica il dì, per lo troppo cavalcar della notte, aveva assai) tutto disteso all' ombra d' un mandorlo dormirsi, et avendogli il vento i panni davanti levati indietro, tutto stava scoperto. La qual cosa riguardando la donna, e sola vedendosi, in quel medesimo appetito cadde che cadute erano le sue monacelle; e, destato Masetto, seco nella sua camera nel menò, dove parecchi giorni, con gran querimonia dalle monache fatta che l' ortolano non venía a lavorar l' orto, il tenne, provando e riprovando quella dolcezza, la quale essa prima all' altre solea biasimare. Ultimamente della sua camera alla stanza di lui rimandatolne, e molto spesso rivolendolo, et oltre a ciò più che parte volendo da lui, non potendo Masetto soddisfare a tante, s' avvisò che il suo esser mutolo gli potrebbe, se più stesse, in troppo gran danno resultare. E perciò una notte colla badessa essendo, rotto lo scilinguagnolo, cominciò a dire: Madonna, io ho inteso che un gallo basta assai bene a dieci galline, ma che dieci uomini possono male o con fatica una femina sodisfare, dove a me ne conviene servir nove, al che per cosa del mondo io non potrei durare: anzi son io, per quello che infino a qui ho fatto, a tal venuto, che io non posso far nè poco nè molto; e perciò, o voi mi lasciate andar con Dio, o voi a questa cosa trovate modo. La donna udendo costui parlare, il quale ella teneva mutolo, tutta stordì, e disse: Che è questo? io credeva che tu fossi mutolo. Madonna, disse Masetto, io era ben così, ma non per natura, anzi per uną infermità che la favella mi tolse, e solamente da prima questa notte la mi sento essere restituita, di che io lodo Iddio quant' io posso. La donna sel credette, e domandollo che volesse dir ciò che egli a nove aveva a servire. Masetto le disse il fatto. Il che la badessa udendo, s' accorse che monaca non avea, che molto più savia non fosse di lei: per che, come discreta, senza lasciar Masetto partire, dispose di voler colle sue monache trovar modo a questi fatti, acciò che da Masetto non fosse il munistero vituperato. Et essendo di que' dì morto il

lor castaldo, di pari consentimento, apertosi tra tutte ciò che per addietro da tutte era stato fatto, con piacer di Masetto ordinarono, che le genti circustanti credettero, che per le loro orazioni e per gli meriti del Santo in cui intitolato era il munistero, a Masetto, stato lungamente mutolo, la favella fosse restituita, e lui castaldo fecero; e per sì fatta maniera le sue fatiche partirono, che egli le potè comportare. Nelle quali, come che esso assai monachin generasse, pur sì discretamente procedette la cosa, che niente se ne sentì, se non dopo la morte della badessa, essendo già Masetto presso che vecchio, e disideroso di tornarsi ricco a casa: la qual cosa saputa, di leggier gli fece venir fatto. Così adunque Masetto vecchio, padre e ricco, senza aver fatica di nutricar figliuoli e spesa di quegli, per lo suo avvedimento avendo saputo la sua giovanezza bene adoperare, donde con una scure in collo partito s' era se ne tornò, affermandosi che così trattava Cristo chi gli poneva le corna sopra 'l cappello.

NOVELLA SECONDA.*

Un pallafrenier giace con la moglie d' Agilulf re, di che Agilulf tacitamente s' accorge: truóvalo e tóndelo: il tonduto tutti gli altri tonde, e così campa dalla mala ventura.

Essendo la fine venuta della novella di Filostrato, della quale erano alcuna volta un poco le donne arrossate, et alcun' altra se ne avevan riso, piacque alla Regina che Pampinea novellando seguisse. La quale, con ridente viso incominciando, disse: Sono alcuni sì poco discreti nel voler pur mostrare di conoscere e di sentire quello che per lor non fa di sapere,

*Pietro Giannone nella sua Istoria s' affatica di giustificare la regina Teodelinga (Il Boccaccio per entro alla novella la chiama Teudelinga, ed altri scrittori Teodelinda. COLOMBO), nominata in questa Novella, trattando di falsa l'ingiuria che il Boccaccio dice fattale ingannevolmente dal palafreniere, ciocchè, anco essendo vero, non macchiò quella di Lucrezia. Leggi il Manni sulla illustrazione di questa Novella ove troverai bellissime erudizioni.

che alcuna volta per questo riprendendo i disavveduti difetti in altrui, si credono la loro vergogna scemare, dove essi l'accrescono in infinito: e che ciò sia vero, nel suo contrario mostrandovi l'astuzia d' un forse di minor valore tenuto che Masetto, nel senno d' un valoroso re, vaghe donne, intendo che per me vi sia dimostrato.

Agilulf re de' Longobardi, sì come i suoi predecessori, in Pavía città di Lombardía, avevan fatto, fermò il solio del suo regno, avendo presa per moglie Teudelinga, rimasa vedova d' Autari re stato similmente de' Longobardi, la quale fu bellissima donna, savia et onesta molto, ma male avventurata in amadore. Et essendo alquanto, per la virtù e per lo senno di questo re Agilulf, le cose de' Longobardi prospere et in quiete, avvenne che un pallafreniere della detta reina, uomo, quanto a nazione, di vilissima condizione, ma per altro da troppo più che da così vil mestiere, e della persona bello e grande così come il re fosse, senza misura della reina s' innamorò. E per ciò che il suo basso stato non gli avea tolto che egli non conoscesse questo suo amore esser fuor d'ogni convenienza, sì come savio, a niuno il palesava, nè eziandío a lei con gli occhi ardiva di scoprirlo. E quantunque senza alcuna speranza vivesse di dover mai a lei piacere, pur seco si gloriava che in alta parte avesse allogati i suoi pensieri; e, come colui che tutto ardeva in amoroso fuoco, studiosamente faceva, oltre ad ogn' altro de' suoi compagni, ogni cosa la qual credeva che alla reina dovesse piacere. Per che interveniva che la reina, dovendo cavalcare, più volentieri il pallafreno da costui guardato cavalcava, che alcuno altro: il che quando avveniva, costui in grandissima grazia sel reputava; e mai dalla staffa non le si partiva, beato tenendosi qualora pure i panni toccar le poteva. Ma, come noi, veggiamo assai sovente avvenire, quanto la speranza diventa minore tanto l'amor maggior farsi, così in questo povero pallafreniere avvenía, in tanto che gravissimo gli era il poter comportare il gran disío così nascoso come facea, non essendo da alcuna speranza atato; e più volte seco, di questo amor non potendo disciogliersi, diliberò di morire. E pensando seco del modo,

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