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vivuta, che ancor son giovane; e per l' una cosa e per l' altra piena di concupiscibile disidéro, al quale maravigliosissime forze hanno date l' aver già, per essere stata, maritata, conosciuto qual piacer sia a così fatte disidéro dar compimento. Alle quali forze non potendo io resistere, a seguir quello a che elle mi tiravano, sì come giovane e femina, mi disposi, et innamora' mi. E certo in questo opposi ogni mia virtù di non volere nà a te nè a me di quello a che natural peccato mi tirava, in quanto per me si potesse operare, vergogna fare. Alla qual cosa e pietoso Amore e benigna fortuna assai occulta via m' avean trovata e mostrata, per la quale, senza sentirlo alcuno, io a' miei disiderj perveniva: e questo, chi che ti se l'abbi mostrato o come che tu il sappi io nol nego. Guiscardo non per accidente tolsi, come molte fanno, ma con diliberato consiglio elessi inanzi ad ogn' altro, e con avveduto pensiero a me lo 'ntrodussi, e con savia perseveranza di me e di lui lungamente goduta sono del mio disío. Di che egli pare, oltre allo amorosamente aver peccato, che tu, più la volgare opinione che la verità seguitando, con più amaritudine mi riprenda, dicendo (quasi turbato esser non ti dovessi, se io nobile uomo avessi a questo eletto) che io con uom di bassa condizione mi son posta. In che non ti accorgi che non il mio peccato, ma quello della fortuna riprendi, la quale » assai sovente li non degni ad alto leva, a basso lasciando i dignissimi. Ma lasciamo or questo, e raguarda alquanto a' principii delle cose: tu vedrai noi d'una massa di carne tutti la carne avere, e da uno medesimo Creatore tutte l' anime con iguali forze, con iguali potenzie, con iguali virtù create. La virtù primieramente noi, che tutti nascemmo e nasciamo iguali, ne distinse; e quegli che di lei maggior parte avevano et adoperavano nobili furon detti, et il rimanente rimase non nobile. E benchè contraria usanza poi abbia questa legge nascosa, ella non è ancor tolta via, nè guasta dalla natura nè da' buon costumi; e per ciò colui che virtuosamente adopera, apertamente si mostra gentile, e chi altramenti il chiama, non colui che è chiamato, ma colui che chiama, commette difetto. Raguarda tra tutti i tuoi nobili uomini, et esamina la

lor virtù, i lor costumi e le loro maniere, e d'altra parte quelle di Guiscardo raguarda: se tu vorrai senza animosità giudicare, tu dirai lui nobilissimo, e questi tuoi nobili tutti ✔esser villani. Delle virtù e del valore di Guiscardo io non credetti al giudicio d' alcuna altra persona, che a quello delle tue parole e de' miei occhi. Chi il commendò mai tanto, quanto tu commendavi in tutte quelle cose laudevoli che valoroso uomo dee essere commendato? e certo non a torto; chè sè miei occhi non m'ingannarono, niuna laude da te data gli fu, che io lui operarla, e più mirabilmente che le tue parole non potevano esprimere, non vedessi: e se pure in ciò alcuno inganno ricevuto avessi, da te sarei stata ingannata. Dirai dunque che io con uomo di bassa condizione mi sia posta? tu non dirai il vero: ma per avventura, se tu dicessi con povero, con tua vergogna si potrebbe concedere, che così hai saputo un valente uomo tuo servidore mettere in buono stato: ma la povertà non toglie gentilezza ad alcuno, ma sì avere. Molti re, molti gran principi furon già poveri; e molti di quegli che la terra zappano e guardan le pecore, già ricchissimi furono e sonne. L'ultimo dubbio che tu movevi, cioè che di me far ti dovessi, cáccial del tutto via, se tu nella tua estrema vecchiezza a far quello che giovane non usati, cioè ad incrudelir, se' disposto: usa in me la tua crudeltà, la quale ad alcun priego porgerti disposta non sono, sì come in prima cagion di questo peccato, se peccato è; per ciò che io t' accerto che quello che di Guiscardo fatto avrai o farai, se di me non fai il simigliante, le mie mani medesime il faranno. Or via, va con le femine a spander le lagrime, et incrudelendo, con un medesimo colpo lui e me, se così ti par che meritato abbiamo, uccidi." Conobbe il prenze la grandezza dell' animo della sua figliuola; ma non credette per ciò in tutto lei si fortemente disposta a quello che le parole sue sonavano, come diceva. Per che, da lei partitosi, e da sè rimosso di volere in alcuna cosa nella persona di lei incrudelire, pensò con gli altrui danni, raffreddare il suo fervente amore, e comandò a' due che Guiscardo guardavano, che senza alcun romore lui la seguente notte strangolassono, e. tráttogli

il cuore, a lui il recassero: li quali così, come loro era stato comandato, così operarono. Laonde, venuto il dì seguente, fattasi il prenze venire una grande e bella coppa d' oro, e messo in quella il cuor di Guiscardo, per un suo segretissimo famigliare il mandò alla figliuola, et imposegli che quando gliele desse, dicesse: Il tuo padre ti manda questo, per consolarti di quella cosa che tu più ami, come tu hai lui consolato di ciò che egli più amava. Ghismonda, non smossa dal suo fiero proponimento, fattesi venire erbe e radici venelose, poi che partito fu il padre, quelle stillò et in acqua ridusse, per presta averla, se quello di che ella temeva avvenisse. Alla quale venuto il famigliare e col presente e con le parole del prenze, con forte viso la coppa prese, e quella scoperchiata, come il cuor vide e le parole intese, così ebbe per certissimo quello essere il cuor di Guiscardo. Per che, levato il viso verso il famigliare, disse: Non si conveniva sepoltura men degna che d'oro a così fatto cuore chente questo è: discretamente in ciò ha il mio padre adoperato. E così detto, appressatoselo alla bocca, il basciò, e poi disse: In ogni cosa sempre et infino a questo estremo della vita mia ho verso me trovato tenerissimo del mio padre l'amore, ma ora più che giammai; e per ciò l' ultime grazie, le quali render gli debbo giammai, di così gran presente da mia parte gli renderai. Questo detto, rivolta sopra la coppa la quale stretta teneva, il cuor riguardando disse: Ahi! dolcissimo albergo di tutti i miei piaceri, maladetta sia la crudeltà di colui che con gli occhi della fronte or mi ti fa vedere! assai m' era con quegli della mente riguardarti a ciascuna ora. Tu hai il tuo corso fornito, e di tale chente la fortuna del concedette ti se' spacciato: venuto se' alla fine alla qual ciascun corre: lasciate hai le miserie del mondo e le fatiche, e dal tuo nemico medesimo quella sepoltura hai che il tuo valore ha meritata. Niuna cosa ti mancava ad aver compiute esequie, se non le lagrime di- colei la qual tu vivendo cotanto amasti; le quali acciò che tu l'avessi, pose Iddio nell' animo a mio dispietato padre che a me ti mandasse, et io le ti darò, come che di morire con gli occhi asciutti e con viso da niuna cosa spaventato proposto avessi; e dáteleti, senza alcuno indugio farò che la

BOCCACCIO. I.

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mia anima si congiugnerà con quella, adoperandol tu, che tu già cotanto cara guardasti. E con qual compagnía ne potre' io andar più contenta, o meglio sicura a' luoghi non conosciuti, che con lei? Io son certa che ella è ancora quicentro, riguarda i luoghi de' suoi diletti de' miei; e come colei che ancor son certa che m' ama, aspetta la mia, dalla quale sommamente è amata. E così detto, non altramenti che se una fonte d'acqua nella testa avuta avesse, senza fare alcun feminil romore, sopra la coppa chinatasi, piangendo cominciò a versare tante lagrime, che mirabile cosa furono a riguardare, basciando infinite volte il morto cuore. Le sue damigelle, che dattorno le stavano, che cuore questo si fosse, o che volesson dire le parole di lei non intendevano; ma da compassion vinte tutte piagnevano, e lei pietosamente della cagion del suo pianto domandavano invano, e molte più, come meglio sapevano e potevano, s' ingegnavano di confortarla. La qual, poi che quanto le parve ebbe pianto, alzato il capo e rasciuttosi gli occhi, disse: O molto amato cuore, ogni mio uficio verso te è fornito; nè più altro mi resta a fare, se non di venire con la mia anima a fare alla tua compagnía. E questo detto, si fe dare l'orcioletto nel quale era l'acqua che il di davanti aveva fatta, la qual mise nella coppa ove il cuore era da molte delle sue lagrime lavato, e senza alcuna paura postavi la bocca, tutta la bevve, e bevutala, con la coppa in mano se ne salì sopra il suo letto, e quanto più onestamente seppe, compose il corpo suo sopra quello, et al suo cuore accostò quello del morto amante, e senza dire alcuna cosa, aspettava la morte. La damigelle sue, avendo queste cose e vedute et udite, come che esse non sapessero che acqua quella fosse la quale ella bevuta aveva, a Tancredi ogni cosa avean mandata a dire; il quale, temendo di quello che sopravvenne, presto nella camera scese della figliuola, nella qual giunse in quella ora che essa sopra il suo letto si pose; e tardi con dolci parole levatosi a suo conforto, veggendo i termini ne' quali era, cominciò dolorosamente a piagnere. Al quale la donna disse: Tancredi, serba coteste lagrime a meno disiderata fortuna che questa, nè a me le dare, che non le disidero. Chi vide mai alcuno, altro che te, piagnere di quello

che egli ha voluto? Ma pure, se niente di quello amore che già mi portasti ancora in te vive, per ultimo dono mi concedi che, poi che a grado non ti fu che io tacitamente e di nascoso con Guiscardo vivessi, che 'l mio corpo col suo, dove che tu te l'abbi fatto gittar morto, palese stea. L'angoscia del pianto non lasciò rispondere al prenze. Laonde la giovane, al suo fine esser venuta sentendosi, strignendosi al petto il morto cuore, disse: Rimanete con Dio, chè io mi parto. E velati gli occhi, et ogni senso perduto, di questa dolente vita si dipartì. Così doloroso fine ebbe l'amor di Guiscardo e di Ghismonda, come udito avete: li quali Tancredi dopo molto pianto, e tardi pentuto della sua crudeltà, con general dolore di tutti i Salernetani, onorevolmente amenduni in un medesimo sepolcro gli fe seppelire.

NOVELLA SECONDA.*

Frate Alberto dà a vedere ad una donna, che l'Agnolo Gabriello è di lei innamorato, in forma del quale più volte si giace con lei: poi, per paura de' parenti di lei, della casa gittatosi, in casa d'uno povero uomo ricovera, il quale in forma d'uomo salvatico il di seguente nella piazza il mena, dove, riconosciuto, è da' suoi frati preso e incarcerato.

Aveva la novella dalla Fiammetta raccontata le lagrime più volte tirate insino in su gli occhi alle sue compagne, ma quella già essendo compiuta, il Re con rigido viso disse: Poco prezzo mi parrebbe la vita mia a dover dare per la metà diletto di quello che con Guiscardo ebbe Ghismonda, nè se ne dee di voi maravigliare alcuna, con ciò sia cosa che io, vivendo, ogni ora mille morti sento, nè per tutte quelle una sola particella di diletto m'è data. Ma, lasciando al presente li miei fatti ne' loro termini stare, voglio che ne' fieri ragionamenti, et a' miei accidenti in parte simili, Pampinea ragionando seguisca; la quale se, come Fiammetta ha

* Antonfrancesco Grazzini chiama questa Novella di frate Alberto favola: La favola dell' Agnol Gabriello.

Jacopo Gaddi sta in dubbio se favola o istoria sia.

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