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sciagura vi racconti, chè son certa che udita l'avete e sapetela; e per ciò, quanto più posso, umilmente perdono vi domando del fallo mio, cioè d'avere senza vostra saputa chi più mi piacque marito preso. E questo dono non vi domando perchè la vita mi sia perdonata, ma per morire vostra figliuola e non vostra nimica: e così piagnendo gli cadde a' piedi. Messer Negro, che antico era oramai et uomo di natura benigno et amorevole, queste parole udendo, cominciò a piagnere, e piangendo levò la figliuola teneramente in piè, e disse: Figliuola mia, io avrei avuto molto più caro, che tu avessi avuto tal marito quale a te secondo il parer mio si convenía; e se tu l' avevi tal preso quale egli ti piacea, questo doveva anche a me piacere; ma l'averlo occulato della tua poca fidanza mi fa dolere, e più ancora vedendotel prima aver perduto che io l'abbia saputo. Ma pur, poi che così è, quello che io per contentarti, vivendo egli, volentieri gli avrei fatto. cioè onore sì come a mio genero, facciaglisi alla morte: e vòlto a' figliuoli et a' suo' parenti, comandò loro che le esequie s' apparecchiassero a Gabriotto grandi et onorevoli. Eranvi in questo mezzo concorsi i parenti e le parenti del giovane, che saputa avevano la novella, e quasi donne et uomini quanti nella città n' erano. Per che, posto nel mezzo della corte il corpo sopra il drappo della Andreuola e con tutte le sue rose, quivi non solamente da lei e dalle parenti di lui fu pianto, ma publicamente quasi da tutte le donne della città e da assai uomini: e non a guisa di plebejo, ma di signore, tratto della corte pubblica, sopra gli omeri de' più nobili cittadini con grandissimo onore fu portato alla sepoltura. Quindi dopo alquanti dì, seguitando il podestà quello che addomandato avea, ragionandolo messer Negro alla figliuola, niuna cosa ne volle udire; ma, volendole in ciò compiacere il padre, in un monistero assai famoso di santità essa e la sua fante monache si renderono, et onestamente poi in quello per molto tempo vissero.

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La Simona ama Pasquino: sono insieme in uno orto: Pasquino si frega a' denti una foglia di salvia e muorsi: è presa la Simona, la quale, volendo mostrare al giudice como morisse Pasquino, fregatasi una di quelle foglie a' denti, similmente si muore.

Pamfilo era della sua novella diliberato, quando il Re, nulla compassiou mostrando all'Andreuola, riguardando Emilia, sembianti le fe che a grado li fosse che essa a coloro che detto aveano, dicendo, si continuasse. La quale, senza alcuna dimora fare incominciò: Care compagne, la novella detta da Pamfilo mi tira a doverne dire una in niuna cosa altro alla sua simile, se non che, come l'Andreuola nel giardino perdè l'amante, e così colei di cui dir debbo; e similmente, presa come l'Andreuola fu, non con forza nè con virtù, ma con morte inopinata si diliberò dalla corte. E come altra volta tra noi è stato detto, quantunque Amor volentieri le casa de nobili uomini abiti, esso per ciò non rifiuta lo 'mperio di quelle de' poveri, anzi in quelle sì alcuna volta le sue forze dimostra, che come potentissimo signore da' più ricchi si fa temere. Il che, ancora che non in tutto, in gran parte apparirà nella mia novella, con la qual mi piace nella nostra città rientrare della quale questo dì, diverse cose diversamente parlando, per diverse parti del mondo avvolgendoci, cotanto allontanati ci siamo.

Fu adunque, non è gran tempo, in Firenze una giovane assai bella e leggiadra secondo la sua condizione, e di povero padre figliuola, la quale ebbe nome Simona: e quantunque le convenisse colle proprie braccia il pan che mangiar volea guadagnare, e filando lana sua vita reggesse, non fu per ciò di sì povero animo che ella non ardisse a ricevere Amore nella sua mente, il quale con gli atti e colle parole piacevol

* Il caso della presente Novella si congettura avvenuto colà nel 1325 o non molto di lungi, benchè le circostanze, onde viene descritto, si mostrino assai alterate e rimote dal vero. Veggasi il Manni, Illustr. Dec., pag. 294 e segg.

d'un giovinetto di non maggior peso di lei, che dando andava per un suo maestro lanajuolo lana a filare, buona pezza mostrato aveva di volervi entrare. Ricevutolo adunque in sè col piacevole aspetto del giovane che l'amava, il cui nome era Pasquino, forte disiderando e non attentando di far più avanti, filando, ad ogni passo di lana filata che al fuso avvolgeva, mille sospiri più cocenti che fuoco gittava, di colui ricordandosi che a filar gliele aveva data. Quegli dall' altra parte molto sollicito divenuto che ben si filasse la lana del suo maestro, quasi quella sola che la Simona filava, e non alcuna altra, tutta la tela dovesse compiere, più spesso che l'altra era sollicitata. Per che. l' un sollicitando et all' altra giovando d'esser sollicitata, avvenne che, l' un più d'ardir prendendo che aver non solea, e l'altra molto della paura e della vergogna cacciando che d' avere era usata, insieme a' piaceri comuni si congiunsono. Li quali tanto all' una parte et all' altra aggradirono che, non che l' un dall' altro aspettasse d' essere invitato a ciò, anzi a dovervi essere si faceva incontro l'uno all' altro invitando. E così questo lor piacere continuando d'un giorno in uno altro, e sempre più nel continuare accendendosi, avvenne che Pasquino disse alla Simona, che del tutto egli voleva che ella trovasse modo di poter venire ad un giardino, là dove egli menar la voleva, acciò che quivi più ad agio e con men sospetto potessero essere insieme. La Simona disse che le piaceva; e, dato a vedere al padre una domenica dopo mangiare, che andar voleva alla perdonanza a San Gallo, con una sua compagna chiamata la Lagina al giardino statole da Pasquino insegnato se n' andò. Dove lui insieme con un suo compagno, che Puccino avea nome, ma era chiamato lo Stramba, trovò : e quivi fatto uno amorazzo nuovo tra lo Stramba e la Lagina, essi a far de' lor piaceri in una parte del giardin si raccolsero, e lo Stramba e la Ligina lasciarono in una altra. Era in quella parte del giardino, dove Pasquino e la Simona andati se ne erano, un grandissimo e bel cesto di salvia: a piè della quale postisi a sedere, e gran pezza sollazzatosi insieme, e molto avendo ragionato d' una merenda che in quello orto ad animo riposato intendevan di fare

Pasquino al gran cesto della salvia rivolto, di quella colse una foglia, e con essa s'incominciò a stropicciare i denti e le gengíe, dicendo che la salvia molto bene gli nettava d' ogni cosa che sopr' essi rimasa fosse dopo l'aver mangiato. E poi che così alquanto fregati gli ebbe, ritornò in su il ragionamento della merenda, della qual prima diceva. Nè guari di spazio perseguì ragionando, che egli s' incominciò tutto nel viso a cambiare, et appresso il cambiamento non istette guari che egli perdè la vista e la parola, et in brieve egli si morì. Le quali cose la Simona veggendo, cominciò a piagnere et a gridare et a chiamar lo Stramba e la Lagina. Li quali prestamente là corsi, e veggendo Pasquino non solamente morto, ma già tutto enfiato e pieno d'oscure macchie per lo viso e per lo corpo divenuto, subitamente gridò lo Stramba: Ahi malvagia femina, tu l' hai avvelenato; e fatto il romor grande, fu da molti, che vicini al giardino abitavano, sentito. Li quali corsi al romore, e trovando costui morto et enfiato, et udendo lo Stramba dolersi et accusare la Simona che con inganno avvelenato l'avesse, et ella, per lo dolore del subito accidente che il suo amante tolto avesse, quasi di sè uscita, non sappiendosi scusare, fu reputato da tutti che così fosse come lo Stramba diceva. Per la qual cosa presala, piangendo ella sempre forte, al palagio del podestà ne fu menata. Quivi, prontando lo Stramba e l' Atticciato e 'l Malagevole, compagni di Pasquino che sopravenuti erano, un giudice, senza dare indugio alla cosa, si mise ad esaminarla del fatto; e non potendo comprendere costei in questa cosa avere operata malizia nè esser colpevole, volle lei presente, vedere il morto corpo et il luogo e 'l modo da lei raccontatogli, per ciò che per le parole di lei nol comprendeva assai bene. Fattala adunque senza alcuno tumulto colà menare dove ancora il corpo di Pasquino giaceva gonfiato come una botte; et egli appresso andatovi, maravigliatosi del morto, lei domandò come stato era. Costei, al cesto della salvia accostatasi, et ogni precedente istoria avendo raccontata, per pienamente darli ad intendere il caso sopravenuto, così fece come Pasquino aveva fatto, una di quelle foglie di salvia fregatasi a' denti. Le quali cose

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mentre che per lo Stramba e per lo Atticciato e per gli altri amici e compagni di Pasquino, sì come frivole e vane, in presenzia del giudice erano schernite, e con più istanzia la sua malvagità accusata, niuna altra cosa per lor domandandosi se non che il fuoco fosse di così fatta malvagità punitore, la cattivella, che dal dolore del perduto amante e della paura della dimandata pena dallo Stramba ristretta stava e per l'aversi la salvia fregata a' denti, in quel medesimo accidente cadde che prima caduto era Pasquino, non senza gran maraviglia di quanti eran presenti. O felici anime, alle quali in un medesimo dì addivenne il fervente amore e la mortal vita terminare! e più felici, se insieme ad un medesimo luogo n' andaste! e felicissime, se nell' altra vita s' ama, e voi v' amate come di qua faceste! Ma molto più felice l'anima della Simona innanzi tratto, quanto è al nostro giudicio, che vivi dietro a lei rimasi siamo, la cui innocenzia non patì la fortuna che sotto la testimonianza cadesse dello Stramba e dell' Atticciato e del Malagevole, forse scardassieri o più vili uomini, più onesta via trovandole con pari sorte di morte al suo amante a svilupparsi dalla loro infamia, et a seguitar l'anima tanto da lei amata del suo Pasquino. Il giudice, quasi tutto stupefatto dello accidente insieme con quanti ve n' erano, non sappiendo che dirsi, lungamente soprastette; poi, in miglior senno rivenuto disse: Mostra che questa salvia sia velenosa, il che della salvia non suole avvenire. Ma acciò che ella alcuno altro offender non possa in simil modo, taglisi infino alle radici e mettasi nel fuoco. La qual cosa colui che del giardino era guardiano in presenza del giudice faccendo, non prima abattuto ebbe il gran cesto in terra, che la cagione della morte de' due miseri amanti apparve. Era sotto il cesto di quella salvia una botta di maravigliosa grandezza, dal cui venerifero fiato avvisarono quella salvia esser venelosa divenuta. Alla qual botta non avendo alcuno ardire d' appressarsi, fattale d'intorno una stipa grandissima, quivi insieme colla salvia l'arsero, e fu finito il processo di messer lo giudice sopra la morte di Pasquino cattivello. Il quale insieme con la sua Simona così enfiati come erano, dallo Stramba e dallo

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