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dava segreto ordine ad alcune bande d' Italiani di tentare il passo di Vaprio, cinque miglia più in su.

Era questo passo difeso dal conte Ugo de'Pepoli; il quale, non appena senti lo strepito degli assalitori, che accorse per rituffarli nel fiume, e mandò ad avvertirne il Lautrec. Ma la ferocia di Giovanni de' Medici non diede tempo all'esercito francese di arrivare al soccorso; posciachè, essendosi egli gettato furiosamente nell'acqua, superò sotto i colpi ostili la riva opposta, e aperse tale strada ai suoi seguaci, che i Francesi cedettero il posto, e si raccolsero a Cassano.

Dall'Adda in là non fu più pei Pontificii e Spagnuoli che un viaggio. Il Lautrec con piccolo seguito di gente si ritirò nel Bergamasco; e Milano insieme con Lodi, Pavia, Como e Cremona si posero sotto l'obbedienza di Francesco Maria Sforza (1).

La morte del papa Leone x avvenuta verso la fine dell'anno intiepidì le fazioni della guerra. Il duca di Urbino se ne prevalse per ricuperare il suo Stato, sottomettere Todi Perugia, e minacciare la Toscana. Aveva egli radunato tra fuorusciti e soldati di ventura un corpo di settemila uomini, e si trovava spalleggiato non solo dagli Orsini, dal Petrucci, dal Baglioni e dagli altri signorotti dello Stato della Chiesa, ma eziandio dal re di Francia, il quale anzi era in trattative per assoldarlo insieme cogli altri compagni (2). Ne avrebbe perciò la Toscana, e

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(1) Galeat. Capella, De bello Mediol. 1. I. p. 1260 (ap. Græv., t. II. pars ult.). Guicciard. XIV. 57. - Martin du Bellay, Mémoires, p. 352. P. Jovii, Vita Piscariæ, lib. II. p. 325. (2) V. i capitoli da costoro proposti al re nel t. I. p. 135-142 dei Docum. di Storia italiana, editi dal Molini.

specialmente Firenze ricevuto senza fallo gravissimi danni, se questa non avesse invocato in proprio aiuto Giovanni de' Medici.

Aveva egli per dimostrare il proprio cordoglio della morte del papa mutato in bruno le bianche sue insegne; sicchè le sue genti avevano da ciò cominciato a denominarsi le Bande nere (1). Con esse, e con alquanti Svizzeri e Tedeschi assoldati in fretta, accorse adunque a difendere la patria dagli assalti del duca di Urbino. Nè fu l'effetto diverso dall'aspettativa dei Fiorentini posciachè pochi giorni bastarono a Giovanni de'Medici non solo per respingere il duca fuori del dominio, ma per ricuperare alla repubblica il contado di Montefeltro. E sarebbesi ancora senza fallo impadronito di Perugia, se la gelosia del suo ingrandimento non avesse eccitato il collegio dei cardinali a vietarglielo espressamente, ed a rappacificare il duca di Urbino coi Fiorentini.

Giovanni de' Medici concepi di ciò tale sdegno che a. 1522 senz'altro partissi dalla Toscana, e passò in Lombardia sotto colore di volervisi mettere ai servigi del duca Francesco Maria Sforza. Ma il pensiero che realmente ferveva in lui, era quello di abbandonare la Lega spagnuolo-pontificia, ed accettare le ricche offerte del re di Francia, che gli prometteva la diretta signoria d'Imola e di Forlì già rette dalla madre di lui Catterina, e quella finanche di Firenze, ch'egli agognava. Però a queste lusinghe si opponeva il rispetto non meno per la fede giurata alla Lega, che per le fatiche sostenute in pro di essa; talchè, dubbioso fra (1) Ammirato, Opuscoli, t. III. p. 185; Storia, XXIX. 343. - Guicciardini, XIV. 82. 91.

questo e quel consiglio, Giovanni de'Medici aggírossi per qualche tempo nei contorni di Parma senza mostrare di appigliarsi a veruna deliberazione. Alla fine si lasciò vincere dall'ira propria e dalle suggestioni altrui, e con 3000 fanti e 200 cavalli si condusse agli stipendii della Francia (1).

L'arrivo delle bande nere infuse tal animo nel signore di Lautrec, che pose l'assedio a Pavia collo scopo, o d'impadronirsene veramente, o di divertire da Milano Prospero Colonna, il quale ne aveva cinto il castello di un doppio e mirabile ordine di trinciere. Però l'ottimo pensiero del capitano francese fu mandato a male dagli Svizzeri; i quali, annoiati pel ritardo delle proprie paghe, gli protestarono tumultuariamente che avevano risoluto di partire: «Ma prima voler far noto al mondo, che non per codardia si allontanavano; perciò avere stabilito di andare incontro agli Spagnuoli, e di sbaragliarli dovunque questi si trovassero, e in quanto maggior numero; dopo la vittoria partirebbero: li mandasse perciò al combattimento o soli, o coi Francesi, non importava; bensi voler eglino esser i primi all'assalto, come erano stati i primi a Novara due lustri avanti». Il signore di Lautrec, dopo avere adoperato ogni via per dissuaderli, si piegò alla loro domanda.

Fu il risultato conforme purtroppo ai suoi presagi. Gli Svizzeri ritrovarono i nemici ottimamente accam

(1) I Francesi gli stabilirono 8000 ducati di suo piatto, ossia provigione particolare, e la condotta di 4000 fanti e 400 cavalli. Ammirato, Opuscoli, t. III. p. 186.—Castiglione, Lettere di negozio, t. I, p. 21. 67.-Martin du Bellay, Mémoires, p. 368.

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pati alla Bicocca, villa prossima tre miglia a Milano, in un sito naturalmente difeso da canali ed argini. Dietro di questi stavano le fanterie spagnuole schierate 29 aprile su molte righe, ed instrutte in modo, che, appena sparato, la prima riga si inginocchiava per caricare, e così faceva la seconda e la terza: allora la prima si rialzava a rinnovare il fuoco. Invano il Lautrec mandò il Lescuns con 300 uomini d'arme ad investire i difensori alle spalle, e adoprò uno stratagemma per ingannarli e penetrar furtivamente nel campo loro: tale tempesta di cannonate e di archibugiate piovve addosso agli Svizzeri, che dopo avere mostrato la solita bravura si ritrassero, abbandonando sul terreno 5000 morti (1). Il giorno seguente si avviarono per ritornare in patria.

In conseguenza di questa sconfitta, monsignore di Lautrec ripassò in Francia per sollecitarvi la formazione di un nuovo esercito. Giovanni de'Medici, dopo avere onoratamente difeso Cremona, ne escì mediante un accordo; e recossi nel Parmigiano in aiuto dei conti da S. Secondo, figliuoli di Bianca sua sorella, ! quali erano fieramente guerreggiati da altri signorotti (2).

V.

Spuntò infelicemente pei Francesi l'anno 1525. Il castello di Milano, dopo un'ostinata resistenza, si ar

(1) Galeat. Capella, op. cit., lib. II. p. 1269. Guicciard., XIV. 110.-Martin du Bellay, Mémoires, t. I, p. 376. — Iovii, Vita Piscaria, II. 340.

(2) Ammirato, Opuscoli, p. 186. M. du Bellay, Mémoires, p. 386.

rese a Prospero Colonna; i Veneziani si collegarono col papa e coll'imperatore; e ne imitò l'esempio Giovanni de'Medici, che ad istanza del cardinale Giulio de' Medici, il quale allora signoreggiava Firenze, si ritirò dai servigi della Francia, ed abbracciò quelli della Lega.

Ciò non pertanto, essendosi l'ammiraglio Bonnivet calato dalla Francia in Italia con un forbito esercito di 1800 uomini d'arme e 31 mila fanti, non incontrò ostacoli ad occupare le città di Novara e di Vigevano. Sarebbesi anche ugualmente insignorito di Milano, la quale si trovava sprovveduta di mura e di presidio, se la persuasione di ricavarne, mediante un accordo, guadagni molto maggiori che mediante il saccheggio, non l'avesse indotto a soffermarsi tanto presso il Ticino, che il Colonna ebbe tempo di metterla al sicuro da ogni assalto improvviso.

Perduta l'occasione, il Bonnivet deliberò di sottomettere la città per lungo assedio. Ma la stagione era troppo avanzata, perchè egli potesse condurlo a buon termine. In breve la solita impazienza degli Svizzeri, la scarsità dei viveri e le intemperie lo costrinsero ad allargare l'assedio, ed acquartierare le genti parte a Biagrasso, parte a Rosate.

I Milanesi respirarono alquanto; ma non tardò a contristarli gravemente la morte di Prospero Colonna avvenuta il penultimo giorno dell'anno dopo una lunga e crudele infermità. Corse voce che morisse di veleno o di amatorio medicamento: ma sembra piuttosto che l'età, l'intempestiva lussuria e la rabbia di dover cedere il comando allo spagnuolo Lannoy vicerè di Napoli, concorressero ad affrettarne il fine. Del resto fu

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