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Per l'opposito nei tempi delle compagnie di ventura la persona del soldato non apparteneva più allo Stato vincitore che al vinto; posciachè il menomo vantaggio di paga era sufficiente a tirarlo da un servigio all'altro. L'ucciderlo adunque non valeva nè a sfogare l'odio proprio, nè a scemare le forze del nemico. Bensi fruttava il farlo prigioniero, stante la grossa taglia che se ne poteva ritrarre. Ecco perchè i venturieri erano propensi a risparmiare le vite dei nemici.

Codesta propensione alla quale un illustre storico, benchè forse esageratamente, attribuisce in origine tutta l'umanità delle guerre moderne (1), era anche tenuta viva da ciò, che nessun odio particolare portava gli uni a ricercare la morte dell'avversario, e gli altri a riputare più vergognoso l'arrendersi che nocivo il farsi uccidere. Laonde con quel vigore soltanto pugnavano, che l'onore ed anche l'interesse richiedeva; affinchè in sostanza non venissero stimati cattivi guerrieri, e come tali mal pagati e reietti.

Del resto ben sapevano che nelle file nemiche stava chi fra breve non solo avrebbe per avventura militato al fianco loro, ma forse li avrebbe accolti nella propria compagnia. Perciò essi usavano in generale tanto rispetto verso le persone dei condottieri avversarii, che questi poi alteramente da loro lo pretendevano. Dopo un fatto d'arme combattuto a Montorio nel maggio del 1486, Roberto Sanseverino rimandò liberi tutti i prigionieri, commendandoli del valore dimostratogli contro; «ma se dolse» racconta il Triulzio in un suo (1) Hallam, Hist. de l'Europe au moyen âge, t. III. ch. VI. part. 2.

dispaccio «< con Rangone Maraldo, che li miei con << poco rispetto l'avessero sonato e datoli molte ponte «< di spada »> (1).

Nè a ciò si limitava la cortesia delle soldatesche; ma, siccome il riscatto dei capitani nemici che rimanevano prigionieri non apparteneva ad esse, ma bensì al principe o al generale, così allargavano la mano per farli fuggire; il che nel linguaggio militare di quei tempi si diceva fare la via dell'angiolo.

Cosi venne a poco a poco abolendosi il barbaro costume di infierire sopra il vinto abbattuto. Le compagnie di ventura, sia per le ragioni sovraccennate, sia perchè si studiavano di vincere piuttosto coll'abilità che colla ferocia (2), introdussero nel maneggio

(1) Rosmini, Vita del Triulzio, lib. IV. doc. 25.

Nel 1450 le genti dei Veneziani, avendo sentito che il conte Sforza era lontano, assaltarono cinque bastìe ch'egli aveva costrutte. «A caso quella nocte el conte era tornato in <<< campo; che nè l'uno nè l'altro exercito lo sapeva. Et inteso, << subito monta a cavallo, et ordina che lo exercito lo seguiti; «<et giunto, trova che già di cinque ne erano prese due et « arse, et le altre non si potevano più tenere. El che vedendo « el conte, ad alta voce gridò: Defendetevi che son qui presente. « La quale voce in forma impauritte li nemici, che quelli «< che erano già in su la sommitate dei ripari, se gittoreno <«< nel fosso. Ma de quanta auctoritate fosse el conte appresso <«< di tutti gl'italiani soldati, de qui se può conoscere: che « subito che li nemici lo conobbero, gittareno le armi e « coi capi scoperti riverentemente lo salutareno: e qualun<< que poteva con reverencia li tocaveno la mano, perchè «< da ogni homo era reputato patre de la milicia ».

Cagnola, St. di Milano, lib. I. p. 121. (Archivio storico, t. III). (2) « Les guerres de France étaient depuis long-temps plus « sanglantes que celles d'Italie, justement parce qu'elles éta«<ient decidées plutôt par une valeur brutale que par l'ha<< bileté des chefs ».

Sismondi, Hist. des Français, t. XV. p. 161.

della guerra questa moderazione, e la trasmisero (benchè sotto altre forme ed altri principii) alle milizie nazionali.

Da ciò appunto, che i venturieri nel guerreggiare non erano spronati, dopo l'utile privato, da altri stimoli che dalla parola di un contratto e dal sentimento del proprio onore, sarebbe inoltre taluno tentato a derivare da essi quella certa uniformità di costume che a' di nostri affratella in una generale benevolenza gli uffiziali di tutte le nazioni europee. Noi però, senza negare che i condottieri possano averne aperto le vie alla moderna civiltà, crediamo di dovere specialmente attribuire codesti frutti ai progressi di quella universale filosofia, che infaticabilmente lavora a porre le masse ed i principii sopra gli individui e gli accidenti, e nobilita le fatiche di suddito e di cittadino, sgombrandole dai personali sentimenti di odio e di interesse.

V.

Codesti risultati tornano in lode delle compagnie di ventura: ciò non ostante non andavano disgiunti da gravi inconvenienti.

In primo luogo, quanto i venturieri si mostravano indulgenti a risparmiare il sangue dei vinti, altrettanto erano pronti ad impadronirsi delle loro persone per ricavarne opimo riscatto; poscia chè tale diritto veniva loro confermato dai patti di condotta (1).

(1) << Item che li presoni, li quali per lo prefato Ill. si<«< gnor marchese, o per la compagnia sua se prendessino, <«<et similiter tutti li mobeli che se guadagnasseno, siano «< suoi....» (Dumont, Corps diplomat. t. III. p. 341. doc. 251).

Quindi con grandissima cura perlustravasi ogni sito, per menar preda al campo uomini, donne e fanciulli, e quivi col terrore e coi tormenti strapparne ingorde taglie.

Questo uso era, non solo crudele, ma assurdo ; stantechè in quei tempi i popoli si tenevano lontani dall'esercizio della milizia. Ciò non di meno esso durò senza ostacoli per tutto il corso del xv secolo. Coll'assodarsi della suprema potestà a depressione delle soldatesche venturiere e ad esaltazione delle milizie nazionali permanenti, andarono affievolendosi cosiffatte costumanze, introdotte dai barbari per isfogo di naturale ferocia, conservate dai mercenarii per avarizia. Per esempio in Francia continuarono ancora sotto il regno di Francesco 1. Enrico cominciò ad abolirle, ed il suo esempio venne a poco a poco seguitato dagli altri Stati d'Europa (1).

Più lungo tempo trascorse primachè si temperas

Negli ordinamenti di Firenze del 1362 pei venturieri, era stabilito che, prendendo d'assalto una terra « lucrifaciant et <«< sibi habere et tenere possint omnes homines et personas, << quas invenient in ipsa tali terra; et etiam omnes homi<< nes et personas quas ibi invenient, habeant pro captivis, « et inde facere valeant quidquid volent.... ».

(1) Nel 1554, durante l'assedio di Siena, Piero Strozzi, che la difendeva, propose al marchese di Marignano, che la oppugnava, di rispettare reciprocamente le persone delle donne e de' fanciulli: ma per quanti esempi egli ne desse, e per quanto buona volontà ne manifestasse il marchese, il fatto non corrispose nè alle istanze del primo, nè alle promesse del secondo. Seppesi poi che la miglior parte dei riscatti perveniva nelle mani del marchese stesso; e questa era la segreta cagione che l'induceva a rendere vane le generose proferte dello Strozzi. V. Lettere de' principi, t. III. p. 149-150 (Venezia 1581).— Adriani, Storie, lib. X. p. 563.

sero gli abusi del saccheggio. Questo iniquo costume, chiamato diritto dal più forte per onestare la sua feroce supremazia, era troppo favorevole all'interesse de' venturieri perchè non si studiassero di allargarne i confini. Ricevetterlo dall'antica barbarie, trasmiserlo alle soldatesche collettizie del xvi e del xvi secolo, e un po' mitigato giunse per umana vergogna insino a noi. Riputavasi una terra soggetta al sacco, non solo quando, scalatene oppure spianatene le mura, l'esercito con le armi in pugno se l'era passo passo guadagnata; ma bastava che una sola volta se le fosse fatta la chiamata, bastava il più leggiero appiglio, anzi, secondo alcuni, bastava che le soldatesche se le fossero accostate al tiro dell'arco o del moschetto, perchè acquistassero il diritto di metterla tutta in preda. Codesto diritto veniva poi molto più spesso e rigidamente applicato, perchè più vivamente si faceva allora sentire la necessità di sottomettere tutte quelle piccole fortezze che il medio evo elevò e la moderna civiltà, dopo averle prese e riprese, demolite e rinnalzate, alla fine distrusse.

Del resto tanto era radicato il malefico abuso, che non di rado, prima ancora di entrare nella terra oppugnata, vendevasene il saccheggio ad un appaltatore (1). Talora altresi serviva esso di trastullo ai capitani; siccome servi Federico I duca di Urbino sotto al castello di Barchi nel Riminese. Troyavansi in esso,

(1) Così fecero gli Spagnuoli nel 1530, vendendo per cinquemila ducati il sacco di Empoli a Baccio Valori, il quale alcuni mesi dopo non dubitava di far pignorare quel Comune ed arrestare molti terrazzani per averne alcuni resti. V. Varchi, Storie, t. IV. p. 97.

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