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oltre i terrazzani, alquanti soldati. Federico dichiarò che lascierebbe andar liberi colle proprie robe quelli di essi, i quali fossero i primi ad aprirgli le porte; tratterebbe gli altri a discrezione. Non è a dire qual tumulto eccitasse entro il castello cosiffatta proposta, volendo gli uni superare gli altri in prontezza nel renderlo. Prevalsero i soldati, ed uscirono, giusta i patti, con tutte le robe: i terrazzani impetrarono a stento di abbandonare il sito con quanto potevano portare addosso. Allora Federico ne fece chiudere le porte, ed eccitò con premii i suoi saccomanni ad ingegnarsi di entrarvi. L'esercito rise al vario spettacolo di codesta gente intesa colle corde, colle scale e colle mani ad arrampicarsi per le mura dell'indifeso castello: le suppellettili degli esuli terrazzani ne pagarono la fatica. Eppure l'autore del barbaro giuoco era uno dei più gentili principi dei suoi tempi; sicché quando l'ordinava e ne stava allegro spettatore, egli si credeva di usare con parsimonia un diritto di guerra, e la pubblica voce, non ancora educata tanto da vederne la falsità, appellava questo un atto di giustizia piacevole (1).

VI.

Una breve osservazione chiuderà il presente capitolo. Essa, insieme colle altre simili da noi altrove fatte (2), varrà a dimostrare vieppiù, come alle vicende dei vocaboli corrispondano sovente le vicende delle instituzioni.

(1) Baldi, Vita di Federico duca di Urbino, lib. VII. p. 11. 46. (2) Circa i vocaboli miles, masnada e comandati, V. sopra, t. I. parte I. cap. II. §. I. p. 39, e §. VI. p. 60, e t. III. parte V. cap. III. §. 6. p. 354.

Aveva il feudalismo trasmesso ai privati il diritto, o, per dir meglio, il costume di armarsi e di guerreggiare a proprio nome. Codesto diritto passò sotto altre forme ai capitani di ventura. La scara ossia il drappello dei servi e sudditi che i feudatarii mantenevano per difesa delle loro castella, ingrossata, instruita, messa a cavallo e rassegnata sotto uno stendardo, si mutò nella squadra dei condottieri del XIV e del xv secolo. Cadute le compagnie di ventura, i condottieri si ritirarono nuovamente nelle rocche avite il governo spagnuolo risuscitò il feudalismo nel regno di Napoli e nella Lombardia, rinfrescando le investiture ed infeudando gran parte delle terre e delle entrate ancora libere (1): l'antica e la moderna architettura militare meschiate insieme coi trabocchetti, colle carceri segrete, colle tremende memorie di crudeli prepotenze, assicurarono gli asili dei nuovi feudatarii. Allora la squadra del condottiero scomparve, e cedette il luogo agli scherani o sgherri del signorotto.

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Finalmente una forza si elevò, non conosciuta, o almeno non misurata nei tempi addietro, quantunque più o meno occultamente duri sempre, pigliando, secondo i tempi, sembianze diverse, ma pure sensibili. Questa forza, pubblica morale, pubblica opinione, filosofia, civiltà, comunque si voglia nomarla, demoli le castella, sperperò gli scherani, accomunò i signorotti al resto della nazione, e riuni in una sola mano quelle assurde derivazioni del supremo potere. Queste riforme furono glorie dei tempi nostri : quattro vocaboli espressero tutte quelle mutazioni, la (1) Winspeare, Storia degli abusi feudali, p.79 (Napoli 1811).

scara, la squadra, gli scherani e la schiera. La scara preparò le compagnie di ventura (1), e fornì le squadre venturiere ai Barbiani, agli Ubaldini, ai Baglioni. I costoro discendenti sostituirono in tempi più cupi ai soldati gli scherani (2). Ora tutto è cambiato, e la nobile voce di schiera resta a denotare una parte di esercito ordinata a fazione.

Così il vocabolo scara riassume nelle sue vicende, per così dire, tutte le fasi della milizia italiana.

(1) V. parte I. cap. II. §. VI.

(2) Ciò è tanto vero, che il capo di codesti sgherri era talora illustrato col nome di capitano. Tal titolo per esempio aveva il comandante di cento bravi o scherani, che nel 1656 per ordine di un signore milanese scortarono a Piacenza il residente veneto. V. Verri, Storia di Milano, t. IV. cap. 31. p. 179.

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CAPITOLO SESTO

I venturieri italiani dopo le Compagnie.

I. Funesti effetti della dominazione spagnuola in Italia. Mutazioni che ne risultano nella vita privata e pubblica degli Italiani. Gli esigli. Vicende del principe di Salerno.

II. La dritta strada della politica attività è chiusa agli Italiani. Rimane loro il combattere contro i Turchi. Battaglia di Lepanto. I volontarii italiani in Levante. Eroica fermezza del Costanzo. Ma quello non è un sufficiente campo alla loro attività. Tristi risultati che derivano da ciò.

III. Gli Italiani si aprono nuove ed inaspettate vie di operare. Vicende di Gian Giacomo de' Medici marchese di Marignano.

IV. Vicende del rinnegato Occhiali; di Giulio Mazarino; di Raimondo Montecuccoli; di Ottavio Piccolomini; di Alessandro del Borro.

V. Vita del marchese Ambrogio Spinola.

VI. Vita del conte Luigi Ferdinando Marsigli. VII. Riflessioni.

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