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CAPITOLO TERZO.

Le bande nere.

A. 1526-1530.

I.

Morto Giovanni de' Medici, le sue bande, le quali A. 1527 qualche tempo prima avevano rinnalberato le insegne bianche, tornarono a mutarle in nere; e così le portarono sempre in testimonianza di perpetuo cordoglio. Mandarono anche a pregare la vedova di lui, Maria de' Salviati, affinchè volesse concedere loro per capo il figliuoletto Cosimo, protestando che sotto di esso andrebbero sino ai confini del mondo: ma Maria, allegandone per iscusa la tenera età, ricusò di acconsentire alla domanda (1).

Ciò non pertanto le bande nere continuarono ai servigi della lega italica, e più particolarmente di Firenze, o per dir meglio della casa de' Medici che deputò a comandarle Orazio Baglioni. Era questi figliuolo di quel Giampaolo Baglioni, signore di Perugia, di cui altrove abbiamo raccontato gli sforzi contro il duca Valentino, ed il triste fine. Orazio era uomo, non altrimenti del padre, crudo, avido ed ardimentoso. Stava egli per ordine del papa rinchiuso in Castel S. Angelo: ma tra i trambusti della guerra aveva trovato modo di escirne e di fuggire nell'esercito della lega, dove la sua bravura e la sua nascita gli procurarono quel grado ad onta di Paolo Luzza(1) Mossi, Compendio della vita del signor Giovanni, p. 81.

sco, che sdegnato di ciò si parti dalle bande nere con un non piccol seguito di cavalleggeri (1).

Noi non ci arresteremo a raccontare le vicende generali dell'Italia dopo la morte di Giovanni de'Medici; posciachè la materia del nostro soggetto viene sempre più restringendosi. Basti l'accennare che i Tedeschi del Frundsberg si unirono presso Piacenza agli Spagnuoli che avevano difeso Milano, e tutti insieme sotto la condotta del contestabile di Borbone marciarono a modo di compagnia di ventura sopra 5 maggio Roma, la presero, la mandarono a sacco, e vi stabilirono la propria stanza. II duca di Urbino, generale della lega, la cui ignavia oppure perfidia in tutte codeste faccende fu veramente maravigliosa, si limitò a seguitare dalla lontana gl'invasori, ed acquartierare le genti nelle terre attorno Roma, dappoichè essi vi furono entrati. Delle bande nere 200 cavalleggieri sotto Alessandro Vitelli e Piermaria de' Rossi si unirono cogli Spagnuoli; un' altra piccola parte, essendo stata licenziata dal papa, si disperse; i restanti rimasero ai servigi della lega; 4500 fanti, che alcun tempo innanzi erano stati spediti da Giovanni de' Medici in aiuto della Chiesa, dopo avere sotto Lucantonio Cuppano difeso con estremo valore la terra di Frusolone dagli Spagnuoli, vi si fermarono a guardia (2).

In questo mezzo un compiuto esercito francese sotto gli ordini del signore di Lautrec erasi calato in Italia col pretesto di soccorrere il papa, ma in sostanza per

(1) Varchi, Storie, t. I. 213.

(2) Guicciard., Storia, lib. XVIII. 184. 192. 213. 250. Varchi, Storie, t. I. p. 64.

ricuperare Napoli e Milano. Ciò astrinse gli Spagnuoli e Tedeschi, i quali consumavano bestialmente Roma, a ritirarsi alla difesa del regno, e specialmente della città di Napoli.

Le bande nere raggiunsero i Francesi presso le A. 1528 rive dell'Ofanto, dopo avere saccheggiato brutalmente Frusolone e l'Aquila. Ne era capitano generale, a nome della repubblica di Firenze, Orazio Baglioni predetto, e commissario Giambattista Soderini, uomo giusto e severissimo che, volendone reprimere la insolenza, fece porre le mani addosso a tre capitani e ad otto o dieci dei più contumaci, ed in virtù della sua autorità li mandò a morte. Maggior fatica gli fu uopo per disfarsi di Pandolfo Puccini.

Essendo stato bandito da Firenze per delitto di omicidio, erasi costui in giovane età ricoverato presso Giovanni de' Medici che, dopo averlo diligentemente istruito ed averlo sperimentato in singolare certame con sè e con altri, gli affidò il comando di una compagnia. Ma Pandolfo era, non meno che valoroso, spensierato; onde non erano ancora spirate le sue paghe ch'egli già le voleva. Il Soderini l'ammoni severamente ad avere pazienza, e servire la patria angustiata pagato o non pagato, con fortuna o no. Il Puccini confuso tacque per allora; ma poco di poi sollevava le soldatesche a chiedere i denari e tentava svaligiare il messo che li portava: si aggiunse che, essendosi abbattuto nel capitano Giovanni da Colle, pretese da lui segni di obbedienza, come da inferiore a superiore.

Se geloso è qualsiasi di star soggetto altrui, gelosissimo n'è l'uomo di guerra: imperciocchè per lui

non vi ha alcun mezzo tra il comandare e l'obbedire. Sguainata la spada, Giovanni diede una formale mentita al Puccini; sguainata la sua, questi gli fu addosso, e a stento i suoi soldati intromettendosi glielo trassero vivo dalle mani. Ma in simili casi una strana esagerazione del punto di onore stabiliva, che l'offeso non poteva vivere onoratamente senza l'uccisione dell'offensore. Pandolfo, pigliati seco cinque archibugieri, andò in traccia dell'avversario. Scontratolo, lo afferrò pel petto, e domandollo se egli credeva di aver fatto bene a dargli una mentita. Giovanni da Colle disse di sì; e Pandolfo se lo fece ammazzare ai suoi piedi. Quindi, temendo lo sdegno del Soderini, si diede a fuggire, come si trovava, a piedi, senza permettere ai proprii soldati di accompagnarlo. Ma il Soderini non fu meno presto a inseguirlo. Raggiunto sopra un poggio discosto sei miglia dal campo, Pandolfo seguitò a difendersi coll'armi, finchè sopravenne Orazio Baglioni, il quale, assecurandolo sopra la sua parola, lo persuase ad arrendersi. Il Soderini, appenachè l'ebbe nelle mani, lo inviò a Firenze, accusandolo di pratiche coi nemici, di ammutinamento e di omicidio.

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Essendo stato condannato a morte dai Dieci della Quarantía, Pandolfo si appellò al consiglio grande di tutti i cittadini. Dura e compassionevole necessità per un uomo da guerra, di dovere piatire con ragionamenti e preghiere una vita, da essolui mille volte esposta spontaneamente ai più alti pericoli! Con bel porgere da soldato il Puccini ricordò al consiglio la servitù e domestichezza sua antica col signor Giovanni (così per antonomasia i Fiorentini solevano

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