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I fuorusciti italiani.

A. 1530-1582.

I.

-1536

In Firenze gli effetti della pace furono quali al vinto A. 1530 suole nelle guerre civili imporre il vincitore, cioè sospettosa tirannide con prigionie, supplizii, confische ed esigli. Un solo nemico, una comune sventura confuse allora insieme tutti i partiti, i quali fuori di patria si avvicinarono ed unirono a parlare, come di un lontano sogno, dei passati tre anni di libertà e resistenza, a pascersi di speranze e congiurare. Le terre straniere diventarono asilo d'illustri fuorusciti, i quali sotto varie forme vi portarono segni ed esempii vivi di quella civiltà che in Italia era adulta, ed altrove piuttosto affettata che fiorente.

Seguirono la costoro fortuna molti capitani e moltissimi soldati delle bande nere: ma le loro vicende si legano così strettamente alla vita di un famoso Fiorentino, che non possiamo fare a meno dal raccontarla succintamente.

Pietro Strozzi nacque nel 1510 da Clarice, figliuola di Piero de' Medici, e da Filippo, il più ricco gentiluomo d'Italia. Nell'infanzia dimostrossi sodo e quieto: studiò a Padova, ed ebbe a maestro nelle lettere Marcello Cervini da Montepulciano, che poscia fu papa col nome di Marcello II. Quando Firenze cadde, e migliaia di cittadini lagrimando l'abbandonavano, egli era giovane di 20 anni, e vi accompagnava a prenderne possesso il duca Alessandro de' Medici, suo

congiunto e coetaneo quasi (1). Colà partecipò alcun tempo nelle crapule e lascivie giornaliere del novello signore: ma i comuni amori e leggerezze non tardarono a destare in Pietro sdegno e intolleranza, e nel duca sospetto e rancore. Pietro, essendo stato, sotto una grave benchè non ingiusta accusa, messo in prigione e minacciato di tortura, si accôrse alla prova, che il potere tirannico non si divide, e che con siffatte signorie non v' ha altro mezzo che servire o fuggire.

Fuggi adunque, e pieno d'ira si aderì ai fuorusciti, i quali, espulsi come colpevoli da Roma, da Genova e da Ferrara, si erano ricoverati in Venezia, ricettatrice allora d'ogni miseria. Filippo, di lui padre, divenne pei suoi denari e pel suo credito il centro, a cui si aggrupparono i Salviati, i Ridolfi, i Valori, per superbia delusa o ingiurie private avversi al duca Alessandro. Mossa da più pure cagioni si congiunse loro la turba di quelli che avevano difeso Firenze durante la repubblica : e, siccome un editto del duca li accomunò nell'esiglio, i primi furono ribelli per l'amore del comando, i secondi per l'amore di libertà (2).

Gli esuli fiorentini tentarono sulle prime di opporre nel governo della patria Ippolito de' Medici al duca Alessandro, e così distruggere il potere col potere istesso. Ma Ippolito mori avvelenato. Ricorsero all'imperatore Carlo v; ma furono loro proposte tali condizioni di pace che anteposero ad essa perpetuo A. 1536 esiglio e miseria. Allora si appigliarono alle armi. Scoppiò propizia ai loro voti la guerra tra la Francia (1) Antonio degli Albizzi, Vita ms. di Pietro Strozzi. (2) Segni, lib. VI.

- Varchi, t. V. p. 70.

e Carlo v: diecimila fanti italiani, la maggior parte fuorusciti, si radunarono alla Mirandola, terra franca signoreggiata dal conte di tal nome, il quale era servitore sviscerato del re di Francia: il loro scopo doveva essere quello di sorprendere Genova. Pietro Strozzi, che in questo intervallo era andato in Francia, ed era stato da quel re creato suo gentiluomo di camera, vi accorse tosto col fratello Vincenzo, ed ebbe il comando di una grossa compagnia. Ma l'impresa pel difetto di scale falli: lo Strozzi, col grado di colonnello regio, passò a militare in Piemonte, dove in breve si acquistò nome di ardito guerriero.

Pochi mesi dipoi la mano di un sicario liberava Firenze dall'odiosa tirannide di Alessandro de'Medici: ma intantochè i fuorusciti stavano a Roma discutendo i modi di rientrare in patria e ridurla in libertà, essa perveniva nella balia di Cosimo figliuolo di Giovanni de'Medici. Ciò li indusse a ricorrere di nuovo alle armi. Si fece la riunione a Bologna. Pietro Strozzi volle essere il primo a sperimentare la fortuna, e, presi seco cento compagni, fra i quali era Ivo Biliotti, l'antico capitano delle bande nere, si avviò verso Borgo s. Sepolcro.

Speravano di ottenere questa terra per tradimento; A. 1537 ma restarono delusi: stracchi perciò ed affamati si incamminarono per sorprendere il castello di Sestino. Era il luogo difeso da quattro villani coraggiosi con due soli archibugi, e dalle mura mezzo diroccate le donne coi bambini in braccio strillavano e domandavano mercè. I fuorusciti chiesero da bere, coll'intendimento di valersi dell'occasione per sforzare la porta, ma la furia di Pietro Strozzi mise in sospetto i difen

sori. Una loro archibugiata colpi il capitano Niccolò Strozzi, che cadde addosso a Benedetto Varchi; un' altra smosse un calcinaccio che andò a ferire in una tempia il Biliotti; il quale, postovi il fazzoletto e ridendone sgangheratamente « questo è il primo sangue, esclamò, che mi è cavato da dosso in guerra».

Questi due colpi bastarono per sgombrare il ponte dagli assalitori: molti, che si erano posti a giacere, saltarono in piedi; chi si appiattò su un campanile, chi sopra un tetto; altri fece sembiante di volere scalare il castello, altri di abbruciarne la porta. Lo Strozzi, veggendo adunarsi alle proprie spalle una frotta di villani, fece battere la ritirata. Giunto a Belforte, licenzió i compagni, i quali si sbandarono, bestemmiando ognuno la pazza impresa, e barattando per istrada armi e vesti con pane ed alloggio (1). Eppure tra cotesti profughi doveva sorgere un ammiraglio, un maresciallo e un colonnello generale delle fanterie di Francia, e lo storico che siffatte cose avrebbe tramandato alla posterità!

Ma erano appena passati questi stenti, che i fuorusciti fiorentini ritornavano agli antichi pensieri. Pietro e Vincenzo Strozzi, collo sposare le figliuole di Lorenzino de' Medici uccisore del duca Alessandro, e collo adottarlo nella propria famiglia, si scavavano un precipizio di odio, ove era impossibile arrestarsi se non se al fondo. Coi denari pagati in terzo dal loro padre, dal re di Francia e dagli altri esuli riunirono alla Mirandola 4000 fanti e 300 cavalli, e con queste

(1) Varchi, t. V 358.

Segni, lib. VIII.

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