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viglio francese. Ma la malignità non so se degli uomini o del mare, impedi codesto arrivo; e il presidio di Siena, stante la sua pochezza, non potè nè disfare le trinciere abbandonate dal nemico, nè provvedere la città di viveri. Perciò la fame vi continuava, e la presenza della nuova soldatesca riusciva, anzichè di utile, d'impaccio.

Pietro, dopo avere tenuta la campagna quanto più lungamente potè, temendo che la sua gente si sbandasse per la mancanza dei denari, tentò la fortuna delle armi sotto Marciano. Per non sua colpa, vi ri- 2 agosto mase disfatto; e ferito in un fianco e nella mano, si fece portare in una cesta a Montalcino, lasciando sul campo 4000 morti.

Quivi l'attendevano i morsi dei malevoli e le insidie del duca Cosimo, che fino dall'anno avanti aveva dato commissione di ucciderlo. Ma il re di Francia compensò opportunamente le ingiustizie della fortuna, mandandogli il bastone di maresciallo. Del resto lo Strozzi, benchè infermo e ferito, non abbandonava il pensiero di soccorrere Siena. Scrisse al Brissac, il quale comandava le forze regie in Piemonte, supplicandolo instantemente di aiuto, sotto promessa di rendergliene la pariglia «quand' anche dovesse andare a servirlo qualche mese da semplice soldato con la picca o l'archibugio in ispalla (1)». Nel medesimo tempo raccoglieva con gran diligenza uomini, somieri e vittovaglie.

Quando ogni cosa fu pronta, si fece legare all'arcione, perchè la ferita lo impediva di stare a cavallo, e si avviò verso Siena. Intoppò sotto le mura negli (1) Brantôme, Vie du maréchal Strozze, p. 306.

assedianti; tuttavia combattendo e correndo nel buio ebbe modo di entrarvi (1).

Ciò ravvivò alquanto gli

animi degli abitanti di A. 1555 Siena; ma fu breve respiro. Lo Strozzi ne uscì quasi solo per andare incontro ai soccorsi promessigli dal Brissac. Però questi soccorsi non giunsero mai; onde egli, per mancanza di esercito e di pecunia, più non potè far altro che spingere in Siena con grande difficoltà qualche vittovaglia, quasi piuttosto ad irritamento che a sollievo della fame. Alla fine la città, dopo avere sostenuto in 15 mesi incredibili miserie, 21 aprile si arrese.

Lo Strozzi, quando vide ogni cosa perduta, s'imbarcò sopra una galera per Civitavecchia. Narrasi che sul principio del viaggio stette lungo tempo muto, guardando le coste della Toscana: poi, rivolgendosi a Giampaolo Orsini ed a Flaminio da Montalto, quello suo cognato, questo suo capitano «Tengo per costante, sclamò, che questa guerra mi farà reo presso al mondo di molte colpe. Tuttavia, spero che la mia fama salverassi dai non giusti oltraggi. Che se la guerra oggi in Toscana ha fine da me non desiderato, vadane il biasimo a chi ne fu la cagione: le azioni da me fatte io dirolle, e udirolle senza arrossire. Io trassi fuori da Siena l'esercito, passai tra gli alloggiamenti nemici, attendai sulle terre ducali, accolsi gli aiuti della Mirandola: sallo Firenze che rimase in forse di se medesima. Tenni la campagna finchè potei; all'estremo sperimentai la sorte delle armi: ora a mia colpa ascriverassi l'ignavia altrui, se i Sienesi furono

(1) Montluc, Comment., p. 204 (Mém. relatifs à l'Histoire de France, t. XXI). — Adriani, XII. 609,

lenti a raccogliere le vittovaglie, se le galere del Turco mi fallirono, se gli aiuti e i denari della Francia mi mancarono, se la parola del Brissac fu menzognera? Dovrò io adunque soddisfare all'altrui poca virtù, anzi all'altrui viltà, col dispendio dell'onor mio? Io credo bene di no». Qui tacque, e volse gli occhi inverso il cielo, quasi parlasse con esso: indi soggiunse: << Pompeo a Farsaglia, Bruto a Filippi dovevano vincere; ma là dove giudica la fortuna, spesso la fortezza e la prudenza ricevono torto: con quale animo guerreggiassero gli Strozzi in Toscana, diconlo le mie ferite e la morte di Leone mio fratello (1) ».

Nè quel triste presagio intorno a se stesso era fallace. Arrivato di nascondiglio in nascondiglio ad Antibo, quel capitano che per servigio del suo re aveva impegnato perfino il gran collare dell'ordine (2), vi stette non poco tempo in disfavore, senza osare di comparire in Corte, senza potervi spingere le sue giustificazioni, e tuttavia sempre insidiato dal duca Cosimo. Le sue disgrazie, il suo combattere, il suo starsi, la viltà, il tradimento, la dappocaggine altrui, tutto eragli ugualmente ascritto a colpa (3). Levollo da codesti impacci il papa Paolo iv, che, dubitando di venire assalito dagli Spagnuoli, invitollo a Roma, affinchè vi mettesse ordine alle cose da guerra,

Ritornato adunque in Italia, Pietro Strozzi si affa- A. 1556 ticò a collegare il papa colla Francia e col duca di Este contro la Spagna e Cosimo de'Medici, riordinò

(1) Chiabrera, Vita del marchese di Marignano (ms. presso il cav. Gazzera).

(2) Montlue, Comment., p. 299.

(3) Difesa di P. Strozzi (Lettere di principi, t. III. p. 177).

le genti pontificie, fortificò Paliano e le fortezze possedute nel Sienese dal re di Francia. Quindi ripassava oltremonti per stabilire col re i disegni della guerra; e di nuovo, quantunque infermo, s'imbarcava per l'Italia. Arrivò a Roma nel punto in cui gli Spagnuoli avevano invaso gli Stati della Chiesa. Egli col fortificare la sponda destra del Tevere, seppe intertenerli tanto, che in soccorso del papa sopravvenne A. 1557 il duca di Guisa con un esercito francese. I fuorusciti fiorentini proponevano di valersi di codesta occasione per assoldare molta gente ed assalire di concerto coi Francesi la Toscana. Ma l'interesse del papa si oppose a ciò; e dopo grave perdita di tempo non meno il Guisa che lo Strozzi furono richiamati in Francia, dove la vittoria di S. Quintino aveva aperto agli Spagnuoli la frontiera del Nord (1).

Giunto al quartiere generale del re di Francia, Pietro Strozzi propose di sorprendere la città di Calais, luogo di somma importanza posseduto dagli Inglesi; e, siccome quasi tutti mostravano di prestar poco orecchio alle sue ragioni, così si offerse di andare in persona a riconoscere il sito. Scelse a tale effetto la notte del s. Martino, solita a passarsi. dai soldati negli schiamazzi, ed essendo con due compagni partito da Bologna al mare, s'insinuò sotto le mura di quella piazza, e la esaminò così bene, che ne potè formare il modello, e prefinirne esattamente la postura e il modo dell'attacco. Ciò persuase il real consiglio; e Calais, fortissimo propugnacolo della potenza inglese nel continente, fondamento di molte invasioni e guerre civili, che da dugento anni era (1) Adriani, XIII, 11; XIV. 39, 43. t. II,

perduto e vanamente desiderato, fu con poco sangue e molto ingegno e coraggio riacquistato alla Francia dal capitano fiorentino.

L'anno seguente Pietro Strozzi lavorava col signore ▲ 1558 di Vieville in una trinciera sotto le mura di Thionville, quando si sentì colpito mortalmente da una palla di moschetto. « Mio caro Vieville, disse il maresciallo all'amico che il consolava, tralasciate pure di farmi animo, chè ne ho abbastanza per morire : serbatelo voi per vivere: raccomandatemi, vi prego, umilmente al re, alla regina e al duca di Guisa, e dite loro che oggi hanno perduto un buono e leale servitore». Così dicendo, spirò (1).

IV.

Morto Pietro Strozzi, la maggior parte dei suoi capitani presero servizio sotto Filippo di lui figliuolo, e a poco poco si estinsero non senza lode nelle guerre civili di Francia; dove quattro di essi conseguirono il collare dell'ordine di s. Michele (2). Colà infatti militarono Niccolò Alamanni, Giovanni da Torino, Otto da Montauto, Ivo Biliotti e Pietropaolo Tosinghi, che per comandamento di quel re fu maestro e aio al duca di Gioiosa, e ancora nel 1587 serviva colla fama del più vecchio e più esercitato capitano (3).

(1) Brantôme, Vie du maréchal Strozze, p. 300.- Adriani, Storia, XV. 94. 101.

(2) Adriani, XIX. 270. Nel 1558 dei 70 cavalieri di questo ordine 16 erano Italiani. V. Soranzo, Relazione di Francia, p. 410 (Relaz. venete, t. IV).

(3) Alberi, Vita di Caterina de' Medici, Nota 68.

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