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Filippo Strozzi fu, se inferiore al padre in ingegno, non punto dammeno di lui in bravura. Da giovine fuggì di casa, e con un archibugio all'arcione si recò a guerreggiare in Piemonte. In breve le aderenze del padre e il proprio valore lo elevarono al grado di colonnello generale di tutte le fanterie francesi che egli spogliò dei lunghi e disadatti archibugi detti alla Lucchese per fornirle di quelli di calibro fabbricati a A. 1569 Milano. Alla battaglia di Roccabella sentì che le soldatesche già comandate dal Brissac ne lamentavano l'assenza. «< Ah, volete voi il vostro Brissac? sclamò loro: per Dio! venite soltanto dietro a me, e vedrete se vi menerò in luogo caldo ». E detto fatto, si gettava nel centro della mischia (1). Fu poi creato generale di un' armata navale contro gli Spagnuoli, e peri combattendo presso le isole Azore.

Del resto, vario fu il fine degli altri capitani delle bande nere. Trovasi il Moretto Calabrese occupato valorosamente alla difesa memorabile di Candia: trovasi Paolo Luzzasco ai servigi ora di Venezia, ora dell' imperatore: Lucantonio Cuppano appare nella guerra di Siena insieme con Otto da Montauto agli stipendii del duca Cosimo. Giambattista da Messina, ch'era stato sergente generale sotto Giovanni de'Medici, mori nel 1559 alla Corte dei duchi di Urbino, ai cui servigi fin da 26 anni avanti aveva ordinato una milizia col nome di Legione Feltria, e scritto un trattato dell'arte di squadronare (2).

(1) Brantôme, Vie de monsieur Strozze, p. 274. XX. 303.- Davila, Guerre civili di Francia, lib. IV.

Adriani,

(2) Di questo ms., che si conserva nella segreteria comunale di Urbino, abbiamo riportato la dedica nella nota XXVI.

-1567

Ma di tutti il più famoso ed il più sventurato fu A. 1501 Sampiero da Bastelica. La natia povertà lo spinse giovanetto fuori della Corsica in cerca di ventura. Venne allevato quasi per carità nella casa de' Medici, e fece le prime armi nelle bande nere sotto il signor Giovanni; morto il quale, entrò al servigio della Francia. Nel 1536 si acquistò buon nome nella difesa del Piemonte, e quindi in quella della Provenza. Nel 1542 si distinse nell'assedio di Cuneo, nel 1543 in quello di Landrecy, nel 1544 nella battaglia della Ceresola: sicchè alla fine della guerra venne nominato colonnello generale di tutte le fanterie côrse al soldo della Francia.

Morto il ré Francesco 1, passò in Corsica, e vi sposó Vannina di Ornano. Nel 1547 chiese per sè il comando delle genti papaline: non avendolo ottenuto, congiurò per liberare la patria dal giogo dei Genovesi. Ma la trama venne scoperta. Sotto un pretesto specioso, il governatore dell'isola lo fece arrestare: il senato mandò l'ordine di metterlo a morte, e già era preparato il supplizio, quando le istanze minacciose del re di Francia pervenivano a salvarlo. Sampiero lasciava la Corsica, giurando un odio immortale ai Genovesi.

Si fece infatti guidatore di una flotta gallo-turchesca, la quale coi favori degli amici di lui s'impadronì di una parte dell'isola. Ma avendone la pace di CastelCambresi reciso i progressi, Sampiero deliberò di liberare la patria colle forze sole sue proprie. Passò in Francia per impetrare lettere di raccomandazione In essa sono raccolte, per così dire, tutte le notizie che si hanno intorno a quest'uomo.

dalla regina madre e dal re di Navarra; quindi si recava ad Algeri ed a Costantinopoli, novello Giovanni da Procida, per concitare nemici contro ai Genovesi. Tornò, dopo tanta fatica, con nessun frutto; e di giunta trovò la patria straziata dalle imposizioni e dalle confische, il fiore della gioventù in prigione, e la moglie sua Vannina in procinto di correre incautamente nelle mani dei Genovesi. L'odio, la gelosia, il dispetto di Sampiero non ebbero allora più freno. Strangolò colle proprie mani la moglie, suscitò con lettere e con messi i malcontenti, si unì ai fuorusciti di Genova, e, benchè senz'armi e danari, salpò con soli 36 compagni per la Corsica.

La notizia del suo sbarco appiccò fuoco alla rivolta. Il popolo da ogni banda accorse intorno a lui, e lo acclamò suo generale e capo supremo. Egli con miracoli di coraggio riportò tante vittorie quante battaglie diede al nemico: le vittorie lo accrebbero di genti, di pecunia e di riputazione. E già secondo l'istinto comune dei grandi Italiani, elevava il pensiero a maggiori cose, fuori della Corsica. «Fatto che << avremo questa impresa (scriveva egli al duca Cosimo, <«< implorandone l'aiuto) le prometto, purchè abbia co<«<modità di parlare con la Eccellenza vostra di pre<< senza, le proponerò cosa che le gioverà, e faremo << tale impresa di più importanza che l'isola di Cor«<sica (4)».

Ciò non ostante il duca rimase, non meno della Francia, inoperoso. Tuttavia pareva che Sampiero ingrandisse l'animo a misura dei pericoli, e dai disastri

(1) Adriani, passim. — Botta, Storia, lib. IX. XII. — Brantôme, Vie de monsieur de Brissac.

traesse argomento di nuove vittorie. Ma nè la sua bravura nè l'eroica sua divozione al comun bene salvaronlo dagli interni nemici. La prezzolata mano di a. 1567 un servo traditore lo tolse dal mondo. La Corsica vinta, ma non doma, ritornava quindi sotto la signoria dei Genovesi. Più tardi Alfonso e Giambattista di Ornano, quegli figliuolo, questi nipote di Sampiero, salivano pei gradi della milizia a quello supremo di maresciallo di Francia: e indi a due secoli da quell'isola stessa, fra somiglianti discordie, usciva Napoleone Bonaparte.

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