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PARTE SETTIMA

RIORDINAMENTO SOCIALE E MILITARE DOPO LE COMPAGNIE DI VENTURA, E COSTORO VESTIGIA

CAPITOLO PRIMO

Ristabilimento delle milizie nazionali
nel XVI secolo.

I. Mutazioni essenziali manifestatesi durante il XVI secolo sia nel vivere sociale, sia nella milizia.

II. Motivi che inducono i principi a ristabilire le milizie nazionali. Milizie nazionali in Germania, in loghilterra, in Francia, nella Spagna.

III. Alessandro e Cosimo I de' Medici le ristaurano in To

scana.

IV. Ordinamenti militari nel ducato di Urbino, in Siena,

in Lucca, in Genova, nel ducato di Parma, nel Monferrato, nello Stato della Chiesa, e presso i Veneziani. Costituzione del loro naviglio.

V. Milizie nazionali nella Lombardia, e nel regno di Napoli sotto i vicerè.

VI. Emanuele Filiberto crea le ordinanze del Piemonte.

VII. Difetti e risultati di cosiffatte milizie. Considerazioni.

Ristabilimento delle milizie nazionali

nel XVI secolo.

I.

Al cader di Firenze tutta l'Italia si prostrò dinanzi al trono di Carlo v; ed al cospetto di codesta maravigliosa potenza, che abbracciava simultaneamente Napoli, Milano, le Spagne, le Fiandre, la Germania e le terre nuovamente scoperte dell' America, il fatale disaccordo degli Stati italiani si acquetò in un solo e diuturno servaggio.

Nel medesimo tempo, abbattuto il feudalismo, un nuovo elemento di civiltà, un nuovo diritto pubblico sorgeva nel rimanente dell'Europa. La potestà regia, oramai sviluppatasi dai ceppi del vassallaggio, cominciava a stendere la diretta sua mano sovra tutte le parti dello Stato; e i principi, che testè non confinavano se non se per interposti strumenti di vassalli, di vescovi e di Comuni, già si toccavano, già piantavano le insegne nazionali gli uni in faccia degli altri.

Da ciò le calde gelosie: perchè quando gli Stati sono così vicini tra loro, che l'uno non può agitarsi alquanto senza che l'altro se ne risenta, perpetuo è il pericolo, vicendevole il vegliarsi. Da ciò ancora la grande estensione delle alleanze e delle guerre che assorbono, per così dire, tutta l'Europa; di maniera che gli Stati stieno come mallevadori l'uno dell'altro, ed il campo delle guerre non sia più limitato ad impercettibili frontiere guernite di roste e di bertesche,

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ma bensì entrambi i continenti e l'oceano diventino la scena, ove numerosi eserciti e navigli trattino i destini dei popoli.

Questi furono frutti della nuova civiltà, al cui sviluppo il vassallaggio ed i Comuni avevano servito in certo modo di ponte. Nella Italia i Comuni distrussero il feudalismo, la tirannide distrusse i Comuni: quindi mutossi in principato. Di codesti principati una parte fu abbattuta dalla potenza straniera, una parte durò alla meglio sotto il costei patrocinio. Ma il popolo, fonte vera di vita, da qualche secolo era stato oppresso sotto il peso delle intestine discordie e delle tiranniche dominazioni.

Il contrario era succeduto in molte contrade di Europa, e specialmente in Francia. Quivi i Comuni o non erano apparsi, o erano apparsi tardi, e con forze tanto piccole da non potere atterrare il feudalismo. Quando il principe pensò a rilevare la propria autorità, fondolla sul popolo : perciò questo nuovo elemento di vita spuntava allora in tutta la pienezza della sua gioventù, allorchè la nazione italiana, stanca e corrotta, rassegnavasi digià al proprio destino.

In conclusione gli essenziali mutamenti manifestatisi nella interna struttura degli Stati europei all'apertura del secolo XVI si possono ridurre a questi dúe : ravvivamento della suprema potestà; ristaurazione dell'elemento popolare.

A codeste mutazioni nel vivere sociale altre ne corrisposero nella milizia, non so poi se conseguenza, o strumento, o segno, o causa ed effetto delle prime. Infatti i grandi cambiamenti non operano mai sovra un punto solo della macchina sociale, nè da una sola

causa sono prodotti: raggruppansi insieme, e l'uno sopra l'altro influisce: talora manifestansi simultaneamente, talora con intervallo; ma è troppo difficile il misurarne esattamente il mutuo rapporto.

Le mutazioni essenziali occorse nella milizia furono: la decadenza della cavalleria, e la superiorità dei fanti.

La cavalleria del medio evo fu la milizia dei pochi e dei privilegiati. Finchè pochi furono i dominatori, e molti gli oppressi, le sorti della guerra consisterono nelle bande a cavallo dei vassalli, e dei venturieri. Le battaglie di Morat, di Grandson, di Ravenna, di Novara e di Marignano posero fuori di dubbio la maggioranza della milizia a piè sopra quella a cavallo. Oramai, mercè forti ordini di disciplina e di tattica, e mercè nuovi strumenti da guerra, si era trovato il modo di ostare al ferreo urto degli uomini d'arme, e da vicino respingerli colla picca, e da lontano colpirli mortalmente. I primi che lo dimostrassero col fatto furono gli Svizzeri, i Tedeschi e gli Spagnuoli. Vennero dappoi gli Italiani, e per ultimo i Francesi (1). Ma sia presso questi, sia presso quelli, la riforma fu intrapresa da capitani di ventura, cioè da Federigo Gonzaga da Bozzolo, da Giovanni de'Medici, da Renzo da Ceri, da Dionigi da Brisighella,

(1) « Les exemples de la vertu, que les Suisses ont montré avoir au fait des armes à pied, sont cause que depuis le voyage de Charles VIII les autres nations les ont imités, même les Allemands et les Espagnols, lesquels sont montés en la réputation, qu'on les tient aujourd'hui pour autant qu'ils ont voulu l'ordre, que les dits Suisses gardent, et le mode des armes, qu'ils portent. Les Italiens s'y sont adonnés après, et nous finablement M. du Bellay Mémoires.

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