Immagini della pagina
PDF
ePub

lodare per la parte ancora del dettato. Perocchè, lasciando star dall' un de' lati e Varrone, e Celso, e Plinio il vecchio, e Seneca, ed altri; Cicerone nelle sue opere di filosofia non è un esempio nobilissimo di venustà, di eleganza e di leggiadria? E parimente i padri della greca e della latina Chiesa, che sono da annoverare tra' primi filosofi cristiani, i greci specialmente, non furono quelli che mantennero e non fecero quasi mai spegnere la greca eloquenza? E San Giovan Crisostomo specialmente e San Basilio sono non meno per la sapienza da ammirare, che per la facondia. Ed il Magno Gregorio ne' Morali, e Sant'Ambrogio negli Ufficii, e San Girolamo nelle Epistole e ne' Comenti a' Profeti, e Sant' Agostino particolarmente nel-. l'immensa sua opera della Città di Dio, se si mostrano filosofi e teologi sottilissimi e profondissimi non ci ha certamente chi possa dire che disprezzassero le grazie ed i casti ornamenti dello stile, per quanto la corruzion della lingua e lo scadimento del gusto loro il concedeva.

Il trattar con grettezza ed in rozzo e barbaro stile i subbietti di scienze, come giustamente e con profondo giudizio osserva il Pallavicino, ebbe principio quando in Europa cominciarono a risorger gli studii dopo i tristi secoli della barbarie. E questo dottissimo scrittorę ne arreca con egual senno ancor le cagioni. Perchè, egli dice, la varietà de' secoli può estinguer sì la dottrina, che è frutto dell' arte umana, non l' ingegno, che è dono della natura. Tosto che quei gloriosi principi cominciarono a fomentare gli studii, apparvero intelletti acutissimi nell' investigare gli arcani di ogni più alta scienza. Non così poterono in quel principio acquistare i pregi dell' eleganza e della facondia per ispiegare i loro concetti, e vestirli d'un color conforme : imperocchè, se può l'ingegno alzar con celerità il volo a verità pellegrine, non di pari può la memoria impadronirsi prestamente d'una favella copiosa. La perizia delle frasi, il maneggio delle figure, la soavità del numero, sono frutti, che, anche in buon suolo, non maturano, se non coltivati dall' esercizio e stagionati dal tempo.

1

'PALLAVICINO, Trattato dello stile, cap. II.

Ma, ritornati in onore i buoni studii, e nata e divenuta in breve ricchissima e splendidissima la nostra lingua, incominciaron nuovamente la filosofia e le scienze a riprendere il conveniente loro abito. Sicchè prima al trecento il Cavalca, il Passavanti e l' Alighieri, nelle loro didascaliche opere; e poi nel cinquecento il Machiavelli, il Gelli, il Giambullari, il Varchi, il Segni, il Borghini, il Casa, il Vettori, il Davanzati, il Piccolomini, il sapientissimo Torquato; e nel seicento il Galilei, il Bartoli, il Pallavicino, il Redi, il Bellini, e il Magalotti nel Saggio, ci lasciarono buoni esempii, come giustamente dice il Gioberti, e talvolta stupendi, di stile insegnativo e scientifico. 1

re;

1

Ma non solo l'esempio de' chiari uomini avanti mentovati, anzi più ancora la ragione a così pensare debbeci indurre. Dappoichè le idee non possono comunicarsi tra gli uomini, se non per la via delle parole: non potendo gli uomini intuitivamente comprendersi. Sicchè, per far che le idee trapassino dalla mente di chi le concepisce nelle menti altrui con chiarezza, con evidenza, con ordine, con forza, e, direi quasi, colorite ed atteggiate come si affacciarono alla mente dell'autoè mestieri che le parole che le significano sieno pure, proprie, convenienti, efficaci, e con giudizioso artificio congiunte e legate tra loro. E, perchè si sappia bene sceglier le parole e convenientemente congiungerle e legare, è uopo di avere studiato la lingua e l'arte dello scrivere, ed usar molta cura e diligenza in comporre spezialmente le opere scientifiche e di filosofia. Nelle quali discipline è tanto più necessaria questa diligenza, quanto più importa che le idee racchiuse in simiglianti scritture sieno ben significate ed efficacemente, senza di che non potranno fare il loro effetto. Onde vogliamo qui riferire l'avviso del Gioberti sopra di questo; il quale dice: << L'idea non ha accesso alla riflessione, se non in quanto è vestita di una forma; e la sua evidenza, precisione, adequatezza ed efficacia, dipende dalla perfezione della sua veste. Fra le innumerabili maniere, con cui un concetto può essere significato, ve ne ba una o poche, che sole hanno virtù di esprimerlo 'Introduzione allo studio della Filosofia, Proemio, pag. 67.

[ocr errors]
[ocr errors]

1

acconciamente. Ora ogni qual volta alla verità de' concetti si arroge la bellezza dell' espressione, questa non si può già avere per cosa non appartenente a' pensieri espressi, giacchè, richiedendosi a significarli in modo adequato, e a dar loro la luce e i contorni opportuni, s'immedesima colla loro natura. Quindi è che, quando s'incontra questa rara felicità di espressione, il concetto s' imprime nella mente di chi legge come da se e senza fatica, e con esso la forma che lo veste; e la forma e il concetto s' incorporano talmente insieme nella memoria degli uomini, che l' una non si può, in fine, più separare dall' altro. Tanto è vero che la parola, quando è perfetta, fa parte integrale e indivisa dell' idea. » Nè solo a bene sceglier le parole și ha a por mente, perchè i concetti da quelle significati con agevolezza sieno intesi e faccian con efficacia il loro effetto; ma, per conseguir questo si grave ed importante fine, molto si ha a studiare per trovare il vero e conveniente modo di bene insieme commetter le parole, e comporne gl'incisi e le clausole. Perocchè, come altrove abbiamo dimostrato, dalla giudiziosa commettitura degli incisi e dalla giusta e conveniente disposizione de' concetti secondarii procede la chiarezza dello stile e la sua efficacia. Laonde con molto buon senno il Pallavicino, parlando di Seneca, dice, che, componendo egli l'orazione di periodi atomi, non lascia che l'intelletto possa con uno sguardo contemplare un intero argomento e darne giudicio, e lo costringe piuttosto a compitare che a leggere. Ed abbiamo voluto qui arrecare in mezzo l'autorità di questo dottissimo scrittore, dappoichè ora, quantunque vada alquanto scemando, pure non si è ancora lasciato al tutto il vezzo di ammirare ed imitare la maniera di dettar de' Francesi, credendosi da alcuni che quello stile frastagliato e tagliuzzato abbia più del filosofico, e conferisca alla chiarezza. E questi ammiratori e seguitatori di si fatto stile, creduto filosofico ed eloquente, giustamente e con moltissimo giudizio sono derisi dal Gioberti,

'Introduzione allo studio ec., pag. 59 e 60.

Vol. 1. Osserv. alla narr. X del Giambullari, pag. 240.

3

2

3

3 Trattato dello stile, cap. IV.

dicendo: «< Ciò che oggi chiamasi eleganza, ed anche eloquenza, è un magisterio di cui ciascuno è capace, ed è spesso men facile il cansarlo, che il metterlo in opera. Metafore mal prese, iperboli sperticate, imagini triviali, arguzie, epigrammi, romori, gonfiezze, stiracchiature, sdolcinature, capriole, salti, capitomboli, niuna proprietà nelle voci, niuna sobrietà negli ornamenti, niuna aggiustatezza nelle figure, stile poetico in prosa e prosaico ne' versi, cioè prosa rimata o furibonda; sono i pregi che rendono caro chi scrive, e lodato da' più.1 »

Ma, oltre che lo stile pulito ed ornato conferisce a dar chiarezza, forza ed efficacia a' concetti, è necessario ancora a dare attrattivo alle scritture. Ne vale il dire che la verità è sì bella e vaga di per sè stessa, che non abbisogna di esterni abbigliamenti, essendo che l' esperienza c'insegna che gli uomini fuggon la fatica, e non s' inducono a prenderla, se non è congiunta con qualche diletto. E volesse il cielo, dice il Pallavicino, che la nuda sapienza traesse con si potente invito gli animi nostri, che siccome avvien delle stelle o del sole, ogni veste a lei aggiunta ci paresse nuvola in suo paragone! Ma pur troppo si vede quanto la fatica dell' imparare sia ripudiata dal mondo, se, oltre all' utile della dote, non porta insieme la grazia e la leggiadria del sembiante; non grazia leggiadria di fanciulla, ma di grave e venerabile matrona. E quanta noja ingeneri uno stile rozzo e disadorno, e quanto discacci da sè un libro barbaramente scritto e che non ha fior di gentilezza ed eleganza, fu bene osservato da Cicerone, dove disse: « che ben può avvenire che alcuno abbia grande altezza di mente, e non sappia pulitamente significare i suoi pensieri. Ma il mettere in iscrittura i proprii concetti, senza saperli disporre ed ornare, nè con qualche grazia e giocondità di stile allettar chi li legge, è un abusare smodatamente e del tempo e dello scrivere. E però questi leggono i loro libri solamente co' loro, nè altri gli apre se non chi vuole che sia pure a lui conceduto di scrivere a 1 Introduzione allo studio della Filosofia, Vol. I, pag. 65. • Trattato dello stile, cap. IV.

quel modo. » E queste parole di Tullio pare che ben si converrebbero alla più parte di quelli che oggidì si dicon filosofi; i quali, usando un gergo, o da essi soli inteso, o che essi medesimi talvolta non intendono, credono di toccar la meta dell' umano sapere, e solennemente protestano che essi non si curan della veste, e sono solleciti sol delle cose e dei pensieri. Ma questi amatori d'idee, come ben dice il Gioberti, non considerano che i concetti falsi o volgari, volgarmente espressi, secondo la consuetudine moderna, non hanno nessun valore; ma che i concetti veri, benchè volgari (e tanto più se nuovi e reconditi), quando siano vestiti di una forma elegante e pellegrina, hanno sempre molto pregio, perchè la verità li rende utili e la facondia efficaci. In ciò consiste il solo merito moderno di molti libri antichi; la cui dottrina è divenuta così domestica a ciascuno, che non ci s'impara più nulla; tuttavia li leggiamo con piacere e profitto per la bellezza della forma, che dà a quelle scritture vetuste una freschezza di gioveniù perpetua. 1

[merged small][ocr errors]

1

Di alcune generali doti dello stile didascalico.

Dovendo avanti trattare della propria e particolar forma dello stile della lettera, del dialogo e del trattato, che son le tre specie di scritture che sotto di sè comprende il genere didascalico, toccheremo in questo capitolo di alcune generali doti o qualità di questa forma di dettare.

I. La prima e principal dote dello stil didascalico, non ci ha un dubbio al mondo che sia la chiarezza. E, se questa qualità non dee nè può mancare in tutte le altre maniere di comporre, necessarissima è nelle scritture scientifiche, dove, oltre di tutte le altre ragioni, essa è richiesta dalla importanza e dalla difficoltà della materia. Dappoichè, se scrivendo di qualsiasi cosa anche lieve e di poco momento, uno scrittore, per cansare almeno d' ingenerar noja con la fatica, deesi ingegnare di essere perspicuo e chiaro; nelle scientifiche 'GIOBERTI, Introduzione ec., Vol. I, pag. 59.

« IndietroContinua »