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vostro libro, credo di Pierino del Vaga, che le feci ritrarre a Francesco mio, chè una simil cosa starebbe troppo bene; e che le prime figure, come da man destra la nuova Spagna e il Perù, e da sinistra l'Elba e Livorno, stessero innanzi; e poi nel lontano si vedessero quelle ninfe e nereidi, e altri dei e mostri marini, venir nuotando e guizzando per l'acqua carichi di cose. marittime per presentare ec. Dite tutto a Michele, e a lui mi raccomandate. 1565.

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Voi m'avete ragionato qualche volta di trovare un'impresa pel magnifico signor Montalvo conforme al suo concello veramente di nobilissimo e gratissimo animo, la quale, avendo Sua Signoria ricevuto dall' Eccellenza dell' illustris simo signor Duca infiniti benefizii e cortesie, mostrasse al mondo la gratitudine dell'animo suo, ed insieme che sotto la grazia e favore di si gran principe e' vive lieto e sicuro. E benchè in questo genere io vaglia pochissimo, e questo pochissimo sia affogato da molte occupazioni, ch' io ho ; nondimeno, per amore di questo gentilissimo signore, mi son messo a pensare a qualcosa, e mi pare che la natura di quegli uccelli d'acqua chiamati alcioni sia quasi fatta a posta per esprimer questo concetto. Questo uccello fa il nido in mare, e nel cuore del verno, in quel tempo appunto che il sole entra nel capricorno, felicissimo ascendente del signor Duca nostro; e sotto questo segno non solo egli sicuramente fa il nido, come ho detto, ma ancora pare che in questi giorni, però chiamati alcioni, il mare si quieti, e diventi sicuro per tutti i naviganti. Però, volendo significare il signor Montalvo sotto la tutela e favore del signor Duca riposarsi sicuramente e felicemente, dipignerei questi uccelli nel nido fatto da loro con mirabil magistero in mare, e sopra nel cielo il segno del capricorno con questo motto HOC FIDUNT DUCE: quasi voglia inferire che, come quello uccello, assicurato dal segno del capricorno, non dubita di fare il nido nel mare, ed in tal tempo, cosi Sua Signoria, sotto la felice protezione del signor Duca, sta sicuro e contento. La forma e i colori dell' uccello e del nido è diligentemente narrata da Plinio, credo nell'ottavo libro, e questa sua proprietà del fare

il nido in quel tempo è pur dal medesimo narrata in più luoghi e da molti altri autori. Le parole sono principio d'un verso di Cicerone nella traduzione di Arato messo da lui nel secondo libro De natura Deorum, e quadra benissimo. Parmi che ci sian tutte le parti che a regolata impresa si ricercano. Solo potrebbe essere che, per la varietà e stravagante natura di questo uccello, fosse stato usato da altri: ma questo, purchè non sia in questo medesimo concetto, nè con questo me. desimo motto, non importa nulla: perchè un medesimo animale si vede in diversi propositi, e con variati motti, essere stato usato da molti gran signori leggiadrissimamente. Desidero che questa invenzione satisfaccia e a voi e a quel signore, del quale per le buone qualità sono affezionatissimo; e dove pur mancasse l'ingegno, supplisca il buono animo che ho di servire Sua Signoria, alla quale vi degnerete raccomandarmi e Dio vi contenti.

OSSERVAZIONI.

Nella prima delle due lettere del Borghini, che abbiamo avanti riferito, si dà giudizio di una bozza di un quadro; e nella seconda si propone un'impresa ed un motto. In amendue si dee ammirare molta dottrina delle cose antiche, e finissimo giudizio e pratica delle arti del disegno. Noi non ne anderemo esaminando tutti i particolari e distinti pregi, specialmente perchè le cose che in queste avremmo ad osservare sono state già in parte da noi ragionate nella disamina della terza e della quarta lettera del Caro. Per rispetto alla seconda di queste due lettere, quantunque ora più non si pensi ad inventare imprese con allegorie e con motti, ci è piaciuto di arrecarla per porgere a' giovani un esempio di un' altra specie di lettere didascaliche. Venendo ora a toccare alcun che dello stile, diciamo brevemente che è da stimar perfettissimo sì per la purezza e la proprietà de' vocaboli, e sì pel modo agevole e piano col quale procede; in tanto, che par proprio di udir parlare una gentile e colta persona. E non sol nelle lettere è tanto da lodar lo stile di questo scrittore, ma ancora nelle altre sue opere. Onde noi non ci rimarremo di esortare i giovani di doverle attentamente e continuamente studiare.

1.

IV.

Benedetto Varchi alla signora Laura Battiferra Ammannati.

Molto magn. virtuosiss. M. Laura, sig. mia, osseq.

Io ho ricevuto e letto e considerato questa sera la lettera di V. S., nella quale erano il vostro sonetto che comincia: « Casale, oimè, che dite voi di quella,

Che'l mondo tutto in un momento attrista? »>

e, oltra il sonetto, due polizze1 la prima delle quali dice cosi: Le difficultià son queste a dichiararlo come egli fa; una a interpretare sgombri, idest porti con ella, idest seco, starebbe benissimo, se non quant' io non truovo sgombrare in alcun luogo per portare; l'altra a pigliare sgombri nel suo vero significato, idest vuoti, scacci e mandi via, a me par duro questo modo di parlare. La morte che qui è agente, fa la tal cosa con sè stessa, parola in tutto vana e oziosa. La seconda polizza, la quale è del medesimo sentimento che la prima, ma per quanto si può giudicare, di diversa persona, ricercata del suo parere, è questa: Dico adunque che io credo che sia vero che sgombrare non si truovi appresso lodato scrittore in significato di portare, e però concorro nel parere di coloro che lo dannano interprelandolo in quel primo modo. Non credo anco che possa stare nel secondo modo, dove si pone nel suo vero significato di votare, o di mandar via, per la medesima ragione che in essa polizza s' adduce. E mi scrivele questa disputa esser nata sopra i due ultimi versi del primo quadernario del sonetto allegato di sopra: « Parv' ei che quanto in molti anni s' acquista Repentina e crudel sgombri con ella. >>

E soggiungete che, avendo voi raccontato costi ad alcuni la disputa, e mostrato le due polizze, siate stata consigliata o di non rispondere, o di rispondere in baja, perchè in Firenze è noto insino a' facchini che sgombrare si piglia per portare, e par loro che quella parola vana e oziosa castelvetreggi, e

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castelvetreggi: parola fatta per ischerzo, dal nome di Ludovico Castel

anco la seconda ne sappia alquanto; e mi ricercate che io vi debba dire il parer mio: il che io, sebbene sono occupatissimo in altri e diversissimi studii, non posso, nè debbo, nè voglio non fare.

E prima lodo la dolce natura e prudenza vostra, la quale s'è resoluta prima di rispondere, e poi di rispondere umanamente, come al suo e a tutti gli altri gentili spiriti si conviene; e, se bene pare anche a me che quella parola vana e oziosa tenga un non so che di messer Lodovico Castelvetro, tuttavia questo che fa alla disputazione? Confesso ancora che in Firenze è notissimo infino a' facchini, anzi ai facchini più che agli altri, che sono quegli i quali portano le robe che si sgombrano, che sgombrare vuol dire portare. Ma voi avete a sapere che coloro i quali non sono nati in una lingua, o non l'hanno apparata da coloro che nati vi sono, convengono dubitare in moltissime cose, le quali a cui è la lingua naturale sono più che notissime; anzi vi voglio dire più oltra, che quegli stessi che hanno la lingua naturale dubitano bene spesso, ancora che siano doltissimi, di cose che a coloro, che sono idioti, sono manifestissime. Cicerone, il più eloquente uomo che mai fosse, e di quella dottrina che sa ognuno, errò nello scrivere una pistola a Pomponio Attico, ed ebbe a imparare da un barcaruolo quello che volesse significare inhibire remos. Ma che più? Quando Marco Agrippa, avendo fatto edificare il tempio chiamato allora Panteon e oggi Santa Maria Ritonda, voleva fare nel frontespizio l'iscrizione, si ragunarono tutti i dotti di Roma; e, perchè, egli volendo aggiungere al nome e cognome suo come era stato tre volte consolo, non sepper mai quegli uomini dottissimi risolvere tra loro se, latinamente favellando, s'aveva a dire tertio consul, o tertium consul; per ultimo rimedio presero di non vi porre nè l' un nè l'altro, ma di farvi tre I, cioè tre uni, a fine che chi leggeva potesse pronunziare e tertio e tertium, secondo che credeva che meglio stesse.

Ma, per venire a quello di che voi mi domandate, l'autore della prima polizza, chiunque egli si sia, confessa che, se

vetro, famoso letterato a quel tempo, il quale disse vana e oziosa una locuzione del Caro nella critica della Canzone pel Re di Francia. Venile all'ombra de gran gigli d'oro.

1 presero per deliberarono.

sgombri s'interpreta per porti, e con ella idest seco, che cotale locuzione starebbe benissimo ogni volta che si trovasse in alcan luogo che sgombrare volesse dire portare; e l'autore della seconda polizza crede esser vero che sgombrare non si truovi appresso lodato scrittore in significato di portare; la qual cosa è tanto lontana dal vero, per mio giudizio, quanto le cose che ne sono lontanissime. Non si dice egli a ogni ora in Firenze: io ho fatto sgomberare tutte le mie masserizie, cioè fatto portare d'una casa in un' altra? Quante volte si sono mandati i bandi che comandano a ogni e qualunque persona che tutte le veltovaglie si sgombrino ne' luoghi forti, cioè si portino? E, se diceste, e' non vorranno credere a quello che si favella in Firenze, allora avreste ragione di rispondere, perchè di questo verbo non è dubbio nessuno in Firenze, e s'usa indifferentemente cosi da' dotti come da' laici, e io vorrei sapere quello che volle significare il Petrarca quando disse, ond'è tratto o imitato il concetto vostro,

<< Tolto ha colei che tutto 'l mondo sgombra? »

e che volle egli significare altro quando disse: « Ond' io perchè pavento

Adunar sempre quel che un' ora sgombri? »

cioè tolga e porti via. Nè mi par vero quel che dice la prima polizza, e la seconda conferma, cioè che il vero significato di sgombrare sia votare, scacciare e mandar via; chẻ, se'l vero, e 'l proprio significato fosse questo, si potrebbe dire : io ho fatto sgombrare il pozzo, cioè volare; tu hai sgombre le tue botti, cioè volate; e altre cotali locuzioni ridevoli. I soldati sgomberarono di piazza, non vuol dire votarono la piazza, ma si bene, partendosi di piazza, la lasciarono vola di loro: ma, se dicessi i soldati sgombrarono la piazza, direbbe ottimamente chi dicesse volarono. Che sgombrare non significhi propriamenle scacciare e mandar via, è chiaro per sè: perchè chi dice il tale ha sgomberato la casa, non vuol dir levala e cacciata via, ma volata di masserizia; e chi sgombra il paese, si va con Dio, non caccia via.

Quanto alla parola vana e oziosa, a me non pare cosi: anzi vi sta con leggiadria, come quando il Petrarca disse:

« Di me medesmo meco mi vergogno. »

'indifferentemente, cioè senza differenza.

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