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diverse dalle tre mentovate non sapremmo noi trovare, nè crediamo che altri trovar possa. Or di ciascuna di queste tre specie di scritture daremo le particolari regole e norme, dopo di averne arrecato in mezzo degli esempii.

Nell' ordinar gli esempii, primamente allogheremo le lettere, dipoi porremo i dialoghi, e da ultimo i discorsi o trattati. Ed avvisammo che era da tener questo modo, perocchè la lettera è da stimare meno artificiosa del dialogo, e con maggiore austerità, che non si fa nel dialogo, si procede nel discorso o trattato. Nè ci si può opporre che la lettera, essendo un ragionamento fatto a bell' agio e riposatamente, richiede maggior ordine e legamento ne' pensieri, e più arte nella condotta, che non il dialogo, ch'è il parlare improvviso di due o più persone perocchè nel dialogo si finge che più persone parlino improvvisamente di qualche cosa, ma uno è che il compone, e questi ha mestieri di grandissima e finissima arte, perchè paja che veramente ragionino all'improvviso le persone introdotte a ragionare, ed ognuno di essi secondo la sua propria indole e natura, come sarà da noi dimostrato nel trattatello intorno a questa maniera di componimento. Ponemmo da ultimo il discorso o trattato, perocchè esso ordinariamente è più disteso che non sono il dialogo o la lettera, e perchè addimanda maggior diligenza e giudizio nell'ordinamento delle parti.

III. Dell' uso delle tre diverse forme di comporre

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del genere didascalico.

Avendo dimostrato tre esser le forme dello scriver didascalico, séguita ora che ci facciamo a considerare quando ciascuna di queste convenga adoperare. E primamente è a vedere se tutte le scienze e discipline possano esser trattate indifferentemente in ciascuna di queste tre forme, o se ciascuna di esse richieda una propria e particolar forma, e di quella sola sia capace. A noi pare che la scelta della forma, in cui debb'esser trattata una scienza o un' arte, debba esser

regolata in parte dalla natura di essa arte o scienza, e in parte dall' intenzione dell' autore. E, che la qualità e la na{ura di una scienza o di un'arte debba in parte regolar la scelta della forma in cui essa scienza o arte si ha a trattare, si può argomentar da questo, che alcune scienze si maneggiano intorno a cose certe e indubitate, ed altre hanno una parte certa ed un' altra disputabile; in alcune le loro parti sono congiunte per modo e legate tra loro, che da un sol principio o da pochi si deducono ordinatamente tutte le loro verità, ed altre hanno varietà maggiore di principii, e molti e svariati modi di dimostrazioni. Ora il dialogo essendo come un'immagine di una disputa che si fa da più persone, e non comportando che in esso si seguiti un lungo ed ordinato filo di ragionamento in cui da certi principii si deducano certe conseguenze, e da queste altre conseguenze ancor certe; egli è chiaro che questa forma mal si conviene a quelle scienze che non hanno parte alcuna disputabile, e procedono con una rigorosa e lunga serie di principii e conseguenze. E a queste medesime scienze noi avvisiamo che neppur la lettera propriamente così detta si convenga: chè, in questa maniera di scrittura, dovendo l'autore rivolgersi sovente alla persona o alle persone a cui scrive, facilmente viene ad essere interrotto quel seguito e rigoroso filo di ragionamento che in simili materie si richiede. Ed abbiamo soggiunto propriamente così detta, perocchè ci ha delle scritture che non hanno altro di lettere, che il principio o la fine, e per tutte le altre parti sono un vero e pretto trattato. De' discorsi o trattati non crediamo di niente dover qui dire, potendo essi essere acconci ad ogni maniera di scienze o di arti. Nè oseremo di farci a diffinire ed annoverare quali propriamente sieno le scienze che non patiscano di essere trattate in forma di dialogo o di lettera, e quali che così possono trattarsi, si perchè questo a noi propriamente non si appartiene, e sì perchè non si può con certezza ed assolutamente stabilir la forma che a ciascuna scienza si convenga. Dappoichè essa, più che dalla natura di quelle, depende dalla varia attitudine degli ingegni, e dal

l'intenzion degli autori, e dallo scopo al quale essi ordinano le loro opere anzi non temiamo di affermare che la forma da dare alle scritture quasi al tutto dipende dall' intenzioni dell'autore, e dalla diversa natura del suo ingegno. E di quello che depende dalla diversa natura degli ingegni non accade che noi ragioniamo; chè spetta a ciascuno di ben considerare e seguire la sua propria e particolare indole ed inclinazione. E però toccheremo solo brevemente di quello che depende dall'intenzione. La quale può esser di due maniere, secondo che un autore o si propone d'insegnare la parte più certa e metodica d'una scienza o arte, indirizzando la sua opera a' giovani che quella scienza o arte si fanno ad imparare; o vuole trattar di un' arte o di una scienza altamente, ed abbracciarne tutte le parti anche più oscure e disputabili, e comunicar co' dotti in quell' arte o quella scienza le sue speculazioni. Or quando si scrive per insegnare alla gioventù, a noi pare che debbasi procedere in una forma austera e rigorosa, com'è il trattato, diviso o per capitoli o per lezioni. E quando, per contrario, l'opera non è ordinata ad un elementare insegnamento, l'autore può a suo talento sceglier quella forma che più gli aggrada, e che meglio si conviene alla sua indole e natura. Anzi talvolta, se la materia è naturalmente austera e non dilettosa, a noi pare che debba tornar bene di rivestirla d'una forma che le scemi l'ispidezza e l'austerità, com'è quella della lettera e del dialogo; la qual forma può altresì giovare alcune volte a mitigar pure quella quasi magistrale e spiacevole maggioranza che l'autore par che eserciti inverso a' lettori.

Qui ci cade in taglio di toccar di un uso che è molto seguito e che almeno in tutte le arti e discipline a noi non par da approvare, il trattare cioè gli elementi delle arti e delle discipline per via di dimande e di risposte. Perocché a questo modo noi crediamo che sovente non si scemi punto il fastidio e lå noja dell' insegnamento; si accresce inutilmente la mole de' libri elementari, e si fa che i fanciulli e i giovanelti non facciano un concetto chiaro delle cose che stu

diano, e le imparino quasi a modo di gazzere e pappagalli. E ciò è tanto vero, che tuttodi si vede che, interrogando i fanciulli in una guisa diversa da quella del libro nel quale essi imparano, quei meschinelli più non intendono, non sanno che rispondere, e restan mutoli. E questo certamente non sempre lodevol modo d'insegnare è nondimeno ancor commendato e seguito da molti: chè molti oggi insegnano, i quali dovrebbero essi medesimi andare a scuola.

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· Dello studio e della diligenza che si dee porre
nello stile scrivendo opere didascaliche.

Vedendo oggi quanto poca curá si pone in dar conveniente forma alle opere didascaliche, erediamo nostro debito di fermarci alcun poco per contrastare a questo mal vezzo, e fare aperto quanto a'nostri di si erri in questa parte da non pochi dotti e scientifici uomini; i quali sogliono cadere in due opposti vizii. Dappoichè, per un falso concetto che hannosi fatto della forma che propriamente si conviene dare alle filosofiche e scientifiche scritture, alcuni adoperano uno stile gretto e scarmigliato; ed alcuni altri, per contrario, son gonfii, concettosi, e riboccanti di falsi ornamenti. I primi tra costoro a noi par che tengan questo modo per ignoranza, la quale ignoranza ingenera in essi il disprezzo della favella e delle umane lettere; chè facilmente, come dice il proverbio, si disprezza quel che s'ignora: se pur questo non avviene perchè gli uomini universalmente

turpe putant, quæ

Imberbes didicere, senes perdenda fateri. »

Gli altri cadono nel vizio opposto, che dicemmo avanti, per ignoranza ancor essi; chè, non avendo quanto e come si conveniva dato opera a' classici studii ed a bene imparar la lingua, e non sapendo ben fare, e volendo parere, in iscambio di modestamente ornare le loro scritture, le riempiono di sazievoli figure e di vento. E da questo secondo vizio oggi forse

ci abbiamo più a guardare: chè le opere filosofiche alemanne, e le francesi, le quali, eccetto pochissime, sono una misera imitazione di quelle, di leggieri a questo ci menano, e ci fanno discostar sempre più da quel pulito e casto modo di scrivere insegnativo, il quale fu agli altri insegnato da' nostri padri. E poichè oggi molto si pecca e gravemente nello stil didascalico, crediamo di doverci alquanto allargare in parole, e trattar convenientemente questa materia. In che fare, prenderemo a guida il dottissimo Pallavicino, e l'anderemo fedelmente seguitando nel suo trattato dello stile; anzi talvolta useremo le sue medesime parole. E prima di ogni altra cosa, c'ingegneremo di porre in sodo se alle scienze ed a' trattati delle arti si- conviene uno stile incolto e disadorno, ovvero forbito ed elegante. Ed anderemo confermando la nostra sentenza prima per esempii e poi per ragioni.

Se ci facciamo a considerare da prima le opere de' greci filosofi, troveremo che, eccetto quelle di Epicuro e de' suoi discepoli, che al tutto dispregiarono l'arte di ornare il discorso, tutte le altre sono ad un'ora fonti di sapienza e di eloquenza. E certamente tanto splendido ed elegante è lo stil di Platone, che Cicerone ebbe a dire che, se Giove stesso avesse avuto a parlar greco, non avrebbe parlato altrimente che quel sommo scrittore. Democrito per gli ornamenti della sua elocuzione parve ad alcuni da tener meglio un poeta, che un prosatore. Senofonte ha tanta grazia, leggiadria e soavità di dettato, che meritò di esser chiamato l'ape attica; ed in Teofrasto Cicerone non rifina mai di ammirare la purità e la bellezza della favella. E, se Aristotile pare magro troppo e poco sollecito di ornare il suo discorso, Cicerone nondimeno molte volte lo loda come ornato ed elegante; anzi in un luogo specialmente delle sue opere chiama la sua eloquenza aureum flumen, fiume d'oro. Il perchè convien credere, come avvisano pure alcuni dotti uomini, che la più parte delle opere di questo filosofo non ci sieno giunte nella loro integrità e bellezza. Se da' greci passiamo a' latini scrittori, troveremo che quelli che han trattato di filosofia, o di alcun'altra scienza, sono stati e sono molto da

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