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con dodici marinai da uno sparo di metraglia. Lo zelo imprudente di alcuni cittadini occasionò tal violazione delle leggi della guerra. Il Truguet giurò di farne un'orribile vendetta: sbarcò nel dì seguente, 24 ottobre, con molte soldatesche, s'introdusse nella città, e la diede al sacco: ricchi magazzini di olii, e di biade son devastati, ed arsi: alcuni sventurati cercano indarno di sottrarsi al gallico furore; perocchè appena colti son messi a morte. Durante così dolorosa catastrofe le milizie onegliesi osarono di assalire gli avanposti, onde il contrammiraglio divenuto furibondo, diede l'ordine al comandante del battaglione della Droma di far appiccare il fuoco alle case, ed ai quattro angoli della città; e frattanto al chiaror delle fiamme s'imbarcavano le truppe. Ardeva continuamente il fuoco, quando' alla domane all' un'ora dopo mezzodì s'ingrossarono le milizie per estinguerlo; ma da tutti i vascelli, e dalle scialuppe piovvero sopra l'infelice Oneglia più di tremila tra bombe e palle, che l'avrebbero ridotta in cenere, se l'agitazione del mare non avesse impedito i cannonieri di dirigere i colpi a loro voglia. Il contrammiraglio avendo poi saputo che la guarnigione e le milizie eransi ritirate nella valle, fece di bel nuovo sbarcare un corpo di mille cinquecento repubblicani, che si abbandonarono a tutti i furori di una barbara vendetta; ma assaliti di bel nuovo da diverse squadre di miliziotti, ch'ebbero il coraggio di venire ad affrontare i furibondi nemici, videro questi l'opportunità di rimbarcarsi, e fecero vela nel dì 26, mentre sulle mura dell'arsa città già sventolava lo stendardo di Savoja; ond'è che il celebre Monti nell'immortale sua cantica in morte di Ugo Basville cantò:

Ed Oneglia che ancor combatte e fuma.

Nel seguente anno addì 3 di maggio il vascello Temistocle venendo da Genova si accostò ad Oneglia, innalzando il suo tricolorato vessillo, e gittate le ancore, cominciò a trarre molti cannoni; gli onegliesi mostrando di non curare il nemico scagliarono contro di esso molte palle infuocate; e lo colpirono al punto che fu costretto a ritornarsene presto fin sulle acque di s. Remo dopo aver perduto i suoi più esperti marinai.

Gli onegliesi armarono quindi varii legni da guerra per

vessare il commercio dei francesi, il cui governo spedì un esercito di terra ad invadere Oneglia, ed anche a violare all'uopo la neutralità della repubblica di Genova. Quell'esercito partì da Nizza nel dì 8 d'aprile del 1794, e dopo alcuni fatti d'armi s'impadronì di questa città, le diede un barbaro sacco, e devastò massimamente le case ed i beni delle famiglie che avevano abbandonato i proprii focolari.

Le onegliesi milizie condotte in Piemonte, vi fecero le campagne degli anni 1794-95-96, e diedero luminose prove d'intrepidezza e di valentia. Le famiglie emigrate, cui erano stati distrutti i folti olivi, non ritornarono nella distrutta loro patria fino a che si conchiuse la pace tra il re di Sardegna e la francese repubblica, il cui governo cercando sempre novelli pretesti per balzare dal trono il Sardo monarca, e discacciarlo dal Piemonte, eccitò insurrezioni in questa contrada, ed accese la guerra tra i subalpini ed i liguri; onde questi con incredibile celerità stabilirono dalla parte di Porto-Maurizio alcune batterie, che non più distanti di un quarto di miglio sembravano dirette á ridurre la città di Oneglia in un mucchio di pietre: ed indi a poco la strinsero d'assedio con numerose forze di terra e di mare.

I ligure generale mandando ad intimare la resa di Oneglia al barone Des Geneis che erane il comandante, gli spediva una sua proclamazione indiritta ai cittadini, nella quale diceva che il mare era coperto di legni, i colli guerniti e ripieni di armati; che egli entrava con forze irresistibili; che tutte le militari positure all'intorno erano da lui possedute; che gli onegliesi non avevano mezzi da resistere, nè speranza di soccorsi; e soggiungendo parole calunniose contro il re di Sardegna, finiva per esortarli a deporre le armi, giacchè le bajonette dei repubblicani loro fratelli rifiu tavano di bere il loro sangue, e che altramente non saprebbe dire sino a qual grado salirebbe lo sdegno nei liberi petti, ed a qual colmo sarebbero giunte le loro sciagure.

Una siffatta proclamazione aumentò la rabbia ed il furore nei cittadini: giovani e vecchi corsero alle armi chiedendo vendetta: l'aere risuonò del nome del re. In mezzo al vivo fuoco delle bombe e delle artiglierie l'invitto Des Geneis animava il popolo colla spada sguainata gridando vincere o

morire, e frattanto il cavaliere di Castelvecchio e i comandanti di alcuni corpi di miliziotti assalirono le alture, ove eransi trincierati i nemici; e nello spazio di ventiquattr'ore Oneglia fieramente minacciata di un'invasione generale invase ella stessa i contermini paesi, mise in fuga le truppe liguri le quali perdettero in quella fazione più migliaja di soldati, yentisette bandiere, parecchi cannoni ed una grande quantità di armi e di munizioni.

Il prode cavaliere Cuvin maggiore della piazza d'Oneglia fu il primo ad intimare la resa alla città di Porto-Maurizio, ed ebbe quindi il comando di molte soldatesche, le quali vennero subito appostate a Bertellino, monte che domina le due vicine città. Così gloriosa vittoria fu per altro funestata dalla perdita di alcuni distinti cittadini, e dalla disgrazia di ben molti che furono gravemente feriti, segnatamente nell'esplosione di un magazzino, ove era riposta una grande quantità di polveri.

La repubblica francese vedendo così deluso il suo divisamento spedì un corpo di truppe a Porto-Maurizio, al cui arrivo, nel dì 16 luglio, vi si inalberò lo stendardo ligure; ma il cavaliere Matton, che era comandante di quella città, postosi alla testa di seicento miliziotti, fece dai medesimi strappare quello stendardo, e la truppa francese maravigliatasi di tanto coraggio si tacque.

Così passarono le cose insino al successivo mese di dicembre in cui la Real Casa fu costretta ad abbandonare il Piemonte. A quell'epoca infausta già tutte le subalpine città per comando degli invasori avevano innalzato l'albero della libertà; ed ancora sventolava il regio vessillo in Oneglia; ma il conte Des Geneis ben vedendo quanto sarebbe riuscita inutile e rovinosa un'ulteriore resistenza agli ordini ed alle forze del francese generale Martellins, esortò gli onegliesi a cedere al destino, ed eglino non senza grave loro rammarico deposero le armi: se non che le ripigliarono nel secondo giorno di maggio del seguente anno per discacciarne dal loro paese tutte le soldatesche del governo democratico. Laonde le guardie nazionali liguri unironsi a francesi truppe di linea. S'accostarono ad Oneglia coll'intendimento di punirne gli abitanti, i quali per altro ne sostennero intrepi

damente gli assalti, e le sconfissero più volte. Nel 1800 l'ala' destra dell'esercito Austro-Sardo avendo battuto i francesi a Monte-Carro, i cittadini di Oneglia non tardarono ad innalzare le bandiere di Savoja; e presto accolsero nelle loro mura con somma gioja il barone De Sach ed il generale Melas, da cui vi fu nominata una giunta che reggesse il comune a nome del Sardo monarca. Ma gli austriaci avendo poscia dovuto evacuare la Liguria ed il Piemonte, i francesi occuparono questi stati; ed Oneglia nel primo giorno del mese di giugno dell'anno 1801 venne ceduta col suo territorio alla repubblica di Genova, e seguendone i destini fu poi riunita alla Francia nel 1805. E così rimase insino al 1815, in cui ebbe la felicissima sorte di ritornare sotto il paterno dominio dei reali di Savoja.

`Cenni biografici. Oneglia diede insigni personaggi alla chiesa, alla milizia, come anche alle scienze ed alle lettere : i principali di essi furono:

Lantero vescovo di Albenga:

S. Benedetto Revelli vescovo dell'anzidetta città: Goffredone e Marsucco vescovi di Luni e Sarzana: Lanfranco di Negro vescovo d'Albenga, che il Brizio afferma essere stato insignito della porpora cardinalizia:

Leonardo Trucco protonotario apostolico, e vescovo di Noli: due altri della famiglia Trucco salirono alla sede vescovile di Albenga:

Nicolò e Gerolamo Doria, entrambi cardinali di Santa Chiesa :

Tomatis Marc'Antonio vescovo di Biteto nel regno di Napoli:

Tomatis Marco vescovo d'Asti:

Calvi Ulisse protonotario apostolico, canonico della collegiata di Oneglia, fondatore del collegio delle scuole pie in essa città:

L'abate Pellegro Amoretti, cavaliere dell'ordine dei ss. Maurizio e Lazzaro, cappellano del re di Polonia, ed ajutante del segretario di stato Covel presso l'imperatore Carlo V:

Nicolò, Stefano e Giacomo Marsucchi protonotarii apostolici: Bernardo e Stefano della stessa illustre famiglia protonotarii presso la duchessa di Milano Bona di Savoja:

Delbecchi Giuseppe Agostino, che dopo essere stato ge. nerale dell'ordine delle scuole pie, fu creato vescovo d'Alghero, e venne quindi promosso, come già notammo, alla sede arcivescovile di Cagliari.

Non taceremo essere opinione di qualche erudito, che originarii del distretto di Oneglia fossero papa Stefano che fu martirizzato nell'anno dell'era volgare 253, ed Alberto Moro, ossia de Moro, che fu assunto al pontificato nel 1187. Nelle armi si segnalarono:

Il grande ammiraglio Andrea Doria, che divenne il più rinomato capitano del secolo decimosesto. Vedi Genova. Benetto Stefano e Battista Marsucco conti Palatini, cavalieri dell'aurata milizia:

Calvi Andrea capitano al servizio di Francesco I re di Francia, e quindi suo ambasciatore presso i Grigioni: Marsucco Stefano comandante alcuni corpi sotto Alessandro conte di Welen:

Rosso Enrico prode condottiero di milizie:

Trucco Matteo e Bianco Benedetto, capitani di galee sotto Ludovico Fregoso:

Benedetto, Urbano, Nicolò e Bernardo Doria capitani di galee nelle imprese di D. Garzias: Doria Zaccaria cavaliere di Malta: Doria Gioan Battista cavaliere di Gran Croce, e colonnello delle milizie d'Oneglia: Doria Raffaele ammiraglio di Roberto re di Sicilia, e sotto di esso Giuseppe Marsucco: Doria Nicolò capitano delle guardie di papa Innocenzo VIII, e sotto di esso il prode Bernardo Marsucco, conte Palatino e cavaliere dell'aurata milizia:

Francesco e Gerolamo Meriani, Benedetto e Stefano Marsucchi, capitani sotto il duca Sforza:

Rossi Giuseppe conte Palatino e cavaliere dell'aurata

milizia:

Massucco Gian Michele capitano di mare sotto Andrea Doria al servizio di Spagna: due distinti rami dalla famiglia Massucco stabilitisi uno in Genova, e l'altro in Piemonte, diedero uomini insigni alle scienze ed alle lettere, fra i quali nomineremo l'egregio senatore Gian Maria Massucco e l'abate Celestino Massucco riputatissimo traduttore e commentatore di classici poeti latini, e felice poeta egli

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