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Dipende dal senato di Casale, intend. prefett. ipot. di Casale. Ha gli uffizi d'insinuazione e di posta.

Questo comune, che fu già di grande considerazione, come vedrassi dai seguenti cenni storici, giace sulla manca sponda del Grana, a sirocco da Casale, da cui è distante quattro miglia. Vi passa la strada provinciale, che dal suo capoluogo di provincia scorge in Alessandria.

Come capo di mandamento ha soggetti i comuni di Conzano, Giarole, Mirabello e Terruggia.

Vi scorrono i torrenti Rotaldo e Grana, ed il rivo Roggia. Il territorio è produttivo di ogni sorta di vegetabili, che si coltivano in questi paesi, tranne il riso. Gli abitanti fanno il commercio delle loro derrate principalmente colle città di Casale e di Alessandria.

Vi esistono quattro chiese, cioè la parrocchiale, due confraternite, ed una chiesa sotto l'invocazione di s. Giuseppe. Le principali solennità, a cui sogliono accorrere da cinquecento forastieri, son quelle che si celebrano in onore di s. Giorgio, e di s. Lorenzo.

Già vi era un convento di frati Crociferi; ed evvi di presente un'opera pia sotto gli auspizi di s. Camillo de Lellis. Oltre il tribunale di giudicatura, e l'uffizio d'insinuazione, vi risiede un esattore delle R. contribuzioni,

Favoriscono il commercio di questo capo luogo di mandamento un'annua fiera, ed un mercato ebdomadario: la fiera si chiama di s. Giacomo, perchè ricorre nel primo lunedì dopo la festa di quel santo: essa è molto frequentata da' negozianti forastieri, e massimamente da quelli della Lomellina. Il mercato si tiene nel venerdì di ogni settimana per le contrattazioni del bestiame, e di varie sorta di prodotti.

Si usano i pesi e le misure del Monferrato.

Gli abitanti sono per lo più solerti, e pacifici.
Popolazione 2020.

Cenni storici. Questo luogo sorgeva dapprima sopra il vicino colle, al cui piede fu poi riedificato in un terreno spettante ai Benedittini che vi avevano un piccolo monistero, ai quali per ciò gli abitanti di questo paese pagavano un censo, che poi pagossi al vescovo di Casale, sottentrato nel diritto di quei monaci.

Ancora nei bassi tempi facevano quasi corona al castello d'Occimiano, e da esso dipendevano sei altri castelli, cioè quei di Cavella, Daneto, Motta, Braide, Baldesco, e Grana: del secondo, e di quest'ultimo esistono ancora le fondamenta delle torri. Presso ciascuno di quei luoghi forti, o presso le loro rovine sorgeva una chiesa, che poco a poco diede il nome del santo titolare alla sua regione: questi nomi fecero perdere gli antichi, e proprii degli anzidetti villaggi. Sul colle, ad un miglio circa da Occimiano, evvi la chiesa denominata volgarmente s. Maria in Piè, che verosimilmente era l'antica pieve del luogo: credesi per costante tradizione ch'essa già fosse un tempio d'idoli: cotal sito si chiama Piè Ceresana: in vicinanza vi si scoprono antiche rovine, ed alquanto più in là veggonsi le vestigie d'una torre; ed altre se ne vedevano non è gran tempo, cui davasi il nome di Ponara ivi pure si incontrano avanzi di fortificazione, e di varie antiche cappelle, che appartenevano ad Occimiano. Non lunge da s. Maria in Piè si rinvennero, in due siti notabilmente lontani, le due seguenti lapidi, relative a differenti luoghi di questa contrada: furono esse allogate nel muro del cimiterio di Occimiano: eccole:

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Dalla prima di tali Iscrizioni apparisce che su questo colle sorgeva un vicus jadatinorum, cui Marco Sullio Verò legò quattrocento sesterzii, affinchè colla rendita dei medesimi, in ciascun anno, si spargesse di rose il suo sepolcro, e quello de' suoi genitori. L'anzidetto colle era forse una volta fertile di rose, poichè una regione poco distante dalla ridetta chiesa di s. Maria, si denomina tuttavia Roseto. Vuolsi da taluno che il torrente Grana si appellasse anticamente jactum, e che prendesse il nome da quel vicus jadatinorum. Vedi Grana Vol. VIII, pag. 232.

Nella seconda si rammemora un vicus firmanorum, ma non è ben certo se esso esistesse sul medesimo colle, oppure se quel Sero villico de' Firmani si fosse qui recato per isciogliere a Giove il suo voto. Converrebbe adunque cercare la sua villa tra le oirconvicine terre, se pure non sia la Firminiana a greco di Vercelli, oggi Formiana; ma la sua distanza di circa XVI miglia da quel colle sembra togliere qualche probabilità a siffatta congettura.

Le memorie che si hanno intorno ad Oecimiano sono del tempo in cui i Longobardi signoreggiavano l' Italia. Carlo il Grosso ne fa menzione in un diploma a favore della chiesa di Vercelli dell' 882, col quale riconfermò a questa chiesa il possesso delle corti di Paciliano, e di Occimiano colle loro pertinenze; lo stesso fece pure Carlo Magno con un diploma del 999, in cui questo luogo è detto Aucimianum.

Il marchese Oberto XIV kal. febr. 1119 ridonò al vescovo d'Asti Landolfo tutto ciò ch'ei possedeva nel territorio di s. Salvatore, et hoc factum est equitantes per viam inter Occimianum, et Fraxenetum.

Sul finire di gennajo del 1159 l'imperatore Federico I trovandosi in Occimiano fece due decreti, e diede l'ordine che si atterrasse la fortezza di Crema. Egli svernò in quell'anno nel Monferrato, come ne fa fede sire Raul, il quale per altro accennando questo paese, ne altera il nome in Octimamen. Dei due decreti che qui emanò Federico I, l'uno è a favore del vescovo di Torino anno Dom. Incar. MCLIX indict. VII ... datum in territorio Vercellensi apud Castrum Aucimianum ví ́ kal. februarii (Ughelli tom. IV); 2 Dizion. Geogr. ecc. Vol. XIII.

l'altro è a vantaggio del monastero di s. Maria di Lucedio quarto kal. februarii... actum apud Orimianum. Questo secondo decreto ci è riferito dal Muratori (Antiq. Ital. tom. I) il quale lesse malamente Orimianum in vece di Occimianum, come già osservò l'Irico nella dissertazione de Sancto Oglerio. Il Sigonio lo indicò ancor peggio, dicendo in villa Antimiaci; ma Tristano Calco ci conservò il vero nome di Occimiano.

Dal Merula, e dall'Alberti si crede che in Occimiano abitassero i primi marchesi di Monferrato, e che al tempo dell'imperatore Federico Barbarossa ivi si congregassero molti ambasciadori di Principi, e di città Lombarde per persuadere all'Imperatore la rovina di Milano.

I marchesi d'Occimiano furono celebri ai tempi della Lega Lombarda. Benvenuto s. Giorgio narra che Aleramo, Comaro, Manfredo, Tassio, Pietro, Arnaldo, Niccolò, e Bernardo de' Tacidi cittadini di Pavia furono i primi creati marchesi di Occimiano nel 1240 dall'imperatore Federico II, che assegnò ad essi questo luogo, insieme con ventinove altri nel Monferrato, i quali pretendeva che spettassero a lui per ragion di successione a Demetrio di Monferrato, re di Tessaglia, avo materno dell'Imperatrice sua moglie: il Benvenuto per altro asserisce che tale infeudazione non ebbe il suo effetto, perchè quei signori ne furono tosto spogliati dal monferrino principe Bonifacio II. Quanto sia falsa l'epoca dell'origine dei marchesi di Occimiano loro assegnata dal San Giorgio, vedrassi inferiormente; qui noteremo intanto che sebbene non si possa conoscere il preciso tempo del loro principio, ciò nondimeno si hanno intorno ad essi memorie anteriori quasi d'un secolo al fatto immaginato da quel celebre

cronista.

Altri scrittori dissero poi che i marchesi d'Occimiano ́erano di stirpe Aleramica, cioè che provenivano da un Oddone, figliuolo d'un Bonifacio supposto terzogenito del marchese Aleramo; ma quali sieno gli argomenti su cui appoggiarono la loro asserzione non ci son noti; e noi avvisiamo che eglino abbiano ciò creduto senz'altro appoggio, tranne quello di vedere che i marchesi d'Occimiano possedettero molti di quei castelli, di cui l'imperatore Ottone investì il marchese Aleramo.

Bernardo marchese d'Occimiano si sottoscriveva il primo fra i testimoni intervenuti all'atto di concordia stipulato il 13 giugno 1178 fra il marchese Guglielmo di Monferrato unitamente a'suoi figliuoli, e la città di Alessandria rappre sentata dal suo podestà D. Ubaldo de Boslerio.

Nell'atto di riconciliazione della città di Alessandria coll'imperator Federico, atto che si fece in Norimberga nel marzo del 1184, l'Imperatore dichiarò suoi amici, e fedeli i marchesi di Occimiano, e promise a quella città di indurli a giurare di prestarle soccorso, purchè ella giurasse pure di soccorrere all'uopo questi Marchesi.

Cinque anni dopo lo stesso Federico solennemente promise agli Alessandrini di fare che quei di Pavia, Tortona, Asti, Acqui, Alba, Casale, come anche i marchesi d'Occimiano, e quelli del Bosco prestassero giuramento di soccorrerli, purchè essi giurassero eziandio di ajutare nei loro bisogni quei comuni, e quei Marchesi.

Addì 5 luglio 1198, in castris Campi Pomarii, ubi dicitur Campagnola, Anselmo, Vermo, Corrado fratelli marchesi di Occimiano investirono in retto, e legittimo feudo un Vermo Pusterla, podestà di Alessandria, della metà di Prasco, e di tutto ciò che possedevano ne'castelli, e territori di Visone, Tresobbio, Alice, Barberio, e della metà di tutti i loro beni posti oltre il Tanaro con i pedaggi e feudi annessi. Col medesimo alto cedevano al comune d'Alessandria la facoltà di mandar uomini a suo nome in fortia, et in castro, et in villa de Occimiano per far guerra al marchese di Monferrato, o a qual si fosse altro signore, o città, o luogo: investivano pure quel comune della metà delle ville e dei castelli di Pomaro, s. Salvatore, e Vignale; ed il comune di Alessandria loro prometteva di guerreggiare contro il monferrino Principe, finchè non avesse rimesso in loro potere i feudi ritolti ad essi; e rendevansi mallevadori della promessa Uberto, e Nicolao de Foro, Uberto avvocato di Paciliano, e Vermo di san Giorgio.

Diffatto, quando fecesi nel 1199 la tregua tra Alessandria e Bonifacio marchese di Monferrato, per cui si convenne tra loro di mettere in iscritto le pretese di ciascuna parte, il comune d'Alessandria, al numero IV delle sue dimande,

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