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Le pioggie sono pure frequenti, e parimente le tempeste. La fulminazione è allora spaventevole pe' tuoni per i molti echi sonori che li ripetono.

L'aria è di innegabile salubrità nel paese, ma certamente men pura nelle prossime valli.

Il territorio, che avrà un'area di circa 30 miglia quadrate, non è di quella asprezza che potrebbesi supporre in una regione montuosa, essendo la sua superficie piuttosto piana con pochi rilievi e solcamenti.

Le acque sono abbondantissime e di molta finezza, e alcune fonti notevoli per la copia che ne profondono e per la loro salubrità. Indicherò quella de Campu-majore, della quale bevono con miglioramento del loro stato i febbricitanti, e l'altra che dicono de' sa Furca de s'hedera, che sono al settentrione del paese a distanza di mezz'ora; quindi quelle di Zuzurumu e de' Barbaracini non lontane dall'abitato più di dieci minuti, delle quali però tutti si servono per gli usi domestici.

Traversano il territorio alcuni rivi, a ponente quello che nasce dalle fonti di Neoneli e scorre nella valle tra la montagna di Busachi e il terrazzo d'Ortuèri, la cui corrente in alcuni mesi mette in movimento cinque o sei ruote di molini; all'altra parte il fiume che ha sua origine ne' territori di Aùstis, Tonàra e Sorgono. I ruscelli dell'ortuerese si versano nell'uno e nell'altro. Quei due fiumi si riuniscono quasi al mezzodì del paese in distanza di circa due miglia e mezzo, dove si incontrano le due valli, su cui levasi l'altipiano del paese. Ne' mesi caldi molti ortuèresi che si dilettano della pesca prendono da queste acque molte anguille

e trote.

Il selvaggiume nelle due specie de' daini e cinghiali è copioso, e spesso si fanno delle grandi caccie e felici prede. Le volpi sono qui pur numerose a danno de' pastori.

Gli uccelli di preda e le altre specie stanziali e passeggiere vi si vedono molto numerose. I cacciatori predano molte pernici, quaglie ecc., e nel bel tempo nel primo mattino gli abitanti si svegliano tra una melodia soave.

Grandi tratti del territorio sono rivestiti di bosco, e vi sono in numero considerevolissimo i ghiandiferi delle tre

specie con molto vantaggio de' pastori. Essi occuperanno circa un terzo delle terre aperte: non sembrano però annosi di molti secoli, forse per distruzione avvenuta in tempi non molto lontani.

La mineralogia del paese non è ancora conosciuta, e non si ha profitto da altro che da una sorta di argilla, della quale alcuni fanno mattoni e tevoli per i bisogni del paese e per i luoghi circonvicini.

Popolazione. Componesi di anime 1690 in circa, le quali si devon distinguere in maggiori, maschi 400, femmine 455, e minori, maschi 400, femmine 415, quindi distribuirsi in famiglie 412.

Il movimento della medesima può intendersi dalle medie seguenti, nascite 52, morti 27, matrimoni 12: non pochi prolungan la vita sin verso i novanta, quelli massimamente che conservano le vesti nazionali adattate al clima.

La gioventù è in numero considerevole per beneficio della vaccinazione, essendo già cessato quelle frequenti mortalissime influenze del vajuolo.

Le malattie più comuni sono le infiammazioni e le febbri, quelle dalle rapide variazioni atmosferiche, queste dal passaggio in luoghi malsani ne' tempi estivi e autunnali. Non si ha per gli uffici sanitari, che un flebotomo, e questo poco nuoce, perchè confidasi meglio nella natura, che nell'opera sua.

Gli ortuèresi sono uomini di brio, non pertanto quieti. Son rari che non abbiano qualche occupazione, e tra quei rari bisogna indicare i letterati e quei che si dicon notari, che suscitano brighe e litigi e tormentano le persone non ben vedute co' colpi vili della maldicenza e della calunnia anonima. I maligni gioiscono della gioja degli infernali, quando vedon l'effetto che le loro parole operarono in persone poco saggie a danno di coloro, cui voglion male.

Nel vestiario non si fanno notare, nè uomini nè donne, per alcuna particolarità, vestendo così come gli altri del Mandrelisai.

Le ricreazioni comuni sono sontuosi conviti, e la danza ora al suono delle lionelle, ora all'armonia delle voci: nel qual divertimento concorrono co' giovani nubili anche gli attempati.

Ne' funerali continua l'uso dell'attito, e le prefiche coperte da' lunghi veli bruni dicono una lunga serie di strofe in versi settenari per lodare il defunto e nutrire il dolore e la pietà.

Le donne lavorano a filare e tessere il lino e la lana per quello che è d'uopo alla famiglia, non per lucro. Alcune di esse praticano pure i lavori ortensi.

Alla scuola primaria concorrono circa 15 fanciulli, e profittano, come altrove per tutto così poco, che saranno ben pochi quelli che entro i venticinque anni, che conta questa istituzione possano vantare di aver imparato a leggere e a scrivere. Le savie ed utilissime ordinazioni del governo non hanno avuto tutto l'effetto, che era desiderato, ed è deplorabile che le cose generalmente non sieno provvedute meglio dopo che furono stabilite tre scuole di metodica. Come rimediare a ciò? Ci vorrebbero uomini intelligenti a formar de' maestri, maestri idonei, e sorveglianza attentissima perchè questi facessero il loro dovere. Dall'altra parte dovrebbesi trovar modo di persuader a' padri di famiglia di mandare i loro figli.

Le famiglie possidenti non sono meno di 550; le altre, che rimangono 60 incirca, sono nullatenenti, nè in predi, nè in bestiame; tuttavolta hanno quasi tutte almeno propria l'abitazione.

Professione. Sono applicate all'agricoltura, compresi i garzoni, persone 420, alla pastorizia 90, a'mestieri 40, al negozio 15, restando assai pochi inoperosi e semplici consumatori.

Agricoltura. Le terre ortueresi, almeno nelle più parti sono stimate più idonee alla semenza dell'orzó, che a quella del frumento; epperò la quantità che della prima dassi ai solchi è superiore a quella della seconda.

L'arte agraria era in altri tempi poco pregiata in Ortueri così come in tutte le altre contrade pastorali, credendosi la fatica dell'agricoltore meno onorevole dell'ozio del pastore: poi le ragioni dell'interesse han prevaluto contro il barbarico pregiudizio, e la seminagione è andata sempre crescendo col diveltamento delle terre che prima davano pascolo a pochi capi di bestiame. Questo fa sperare che si progredirà

di più estendendosi maggiormente l'area della coltivazione e praticandosi metodi migliori.

I numeri dell'ordinaria seminagione sono starelli di grano 500, d'orzo 1200, di fave 50.

La fruttificazione del frumento suol essere al settuplo, quella dell'orzo al decuplo, quella delle fave anche al 30. La meliga, le veccie, i fagiuoli, i piselli rendono spesso il venti e più. I prodotti sono d'una particolar bontà, e però molto pregiati.

Le specie ortensi vengono prosperamente, e le più comuni sono lattughe, cavoli, ravani, bietole, cardi, cipolle ec. La cultura dei pomi di terra va crescendo, e comincia a formare parte del vitto.

La qualità del lino che si raccoglie è superiore, epperò molti fanno questa cultura per venderne il prodotto.

La vigna vi è prospera; i filari sono variati di viti diverse, e nelle felici esposizioni, dove i grappoli maturano bene, si ottiene un vino che vantasi per la bontà, e che certamente sarebbe migliore, se nella manipolazione fosse maggior intelligenza.

In questo, come negli altri paesi della Barbagia, piace l'acquavite, e pertanto tutto quel vino che stimasi di qualità inferiore, o sopravanza alla consumazione, è bruciato nei lambicchi. Dell'acquavite una gran parte vendesi ai paesi circonvicini.

I fruttiferi di tutte le specie hanno il suolo proprio, e vegetano con gran lusso. La produzione è abbondante e assai gradita. Il numero degli individui nelle diverse specie e varietà può ascendere a 15 mila.

Molti spazi furono già chiusi in vera proprietà per pascclarvi i bestiame e per esercitarvi l'agricoltura.

Pastorizia. In tempi non molto lontani era questa assai più estesa, che sia al presente, per la maggiore ampiezza de' pascoli, che gli agricoltori sono andati a poco a poco restringendo.

I pascoli sono non pertanto ancora assai estesi e più che sufficienti al numero de'branchi del bestiame rude, che si annovera nel presente, e i ghiandiferi potrebbero bastare all'ingrasso di cinque e più volte il numero de'capi porcini che si hanno.

Usasi ancora di introdurre a pascolo nelle vigne e nei verzieri le bestie domite senza stimar quanto è giusto il guasto che vi oprano, principalmente sopra gli olivi.

Nel bestiame manso si numerano buoi per l'agricoltura 500, vacche mannalite 80, cavalli e cavalle 95, majali 500, giumenti 220.

Nel bestiame rude sono capi vaccini 800, caprini 1800, pecorini 3500, cavallini 100, porcini 1700.

Occorre a notare gli stessi difetti nel caseificio, per i quali il prodotto è men stimato che sarebbe, ed è scarso così che farebbe meraviglia in luoghi, dove si sa educare il bestiame.

Nell'apicoltura non è maggior cura che sia altrove, e mancano i bugni dove sarebbero ben collocati, sono mal governati dove si hanno. È stupenda la negligenza e spesso l'ignoranza.

Commercio. Dai varii articoli che annualmente mettonsi in vendita forse non si comporrà la somma di lire nuove 50 mila.

Nella region centrale, in cui è questo paese, trovasi distante dalle grandi strade, e le vie che conducono a Oristano, che è la città con cui si può commerciare, sono aspre pel vettureggiamento, e frequentemente rotte dai fiumi. Le condizioni, che sono migliorate per quelli che si trovano presso alla gran strada, sono invariate per gli altri che ne sono distanti; ondechè si desidera che l'opera delle strade prosegua con tutta attività, e si facciano le diramazioni che sono necessarie per agevolare i commerci. I carrettoni sono un mezzo più celere ed economico, che i cavalli e i carri, che tuttora si adoperano pel trasporto nella massima parte de' paesi interni.

Religione. La parrocchia d'Ortuèri che probabilmente apparteneva alla diocesi di Forotrajano, che poi fu detta di s. Giusta, restò inclusa in quella di Oristano, dopo il traslocamento della sede arcivescovile da Tarra in questa città. Il sacerdote deputato al ministerio pastorale su quseto popolo ha il titolo di rettore ed ha tre coadiutori.

La chiesa maggiore ha per titolare s. Nicolò vescovo di Bari. Fu fabbricata intorno al 1730 secondo il disegno d'un certo Maino, e vi è qualche merito d'arte.

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