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Agricoltura. Nell'orunese le più parti del territorio sono atte meglio alla pastorizia, che alla agricoltura; tuttavolta convien dire che la superficie complessiva, che è e può essere coltivata, è di tanta estensione, che potrebbe benissimo produrre alla sufficienza di cinque o sei volte tanto dell'attuale popolazione. L'agraria ha già guadagnato qualche cosa sopra i pascoli liberi, e sperasi che guadagnerà ogni giorno più se quell'associazione formata dal paroco del paese e della quale abbiam reso ragione nell'articolo Nuoro provincia proceda nelle norme stabilite e non venga a raffreddarsi lo zelo dell'istitutore, e a mancare la cooperazione de' soci. V. artic. citato.

La quantità solita seminarsi fin qui può rappresentarsi ne' seguenti numeri, starelli di grano 150, orzo 250, fave 10, legumi 20.

La fruttificazione del grano notasi comunemente al settuplo, quella dell'orzo al decuplo. Mangiasi dagli orunesi, che sono agiati, del pane di frumento, dagli altri e da' servi insieme delle case principali pane d'orzo, e pare che non sempre la messe dia l'intera provvista, nominatamente dell'orzo perchè questo serve anche per alimento a' cavalli. La coltura delle patate è stato un ottimo soccorso e supplemento, perchè non pochi le mangiano impastate nella farina, e i poveri arrostite.

La coltura del lino forse è pure minore assai del bisogno delle famiglie.

Alle specie ortensi è destinata un'area ristretta anzi che no: si coltivano più comunemente cavoli di varie sorte, zucche, pomidoro, lattughe ecc.

Le viti hanno in questo territorio de' luoghi ottimi per la esposizione, principalmente nella parte meridionale del territorio nella vasta pendice dell'altipiano; tuttavolta sono neglette, piantate spesso in siti poco convenienti, malcurate, e così poche che tutto complessivamente il vigneto appena produrrà cento cinquanta cariche di vino, che sarebbero bastevoli a tre o quattro mesi, se tutto il mosto si bevesse e non se ne bruciasse il terzo ad acquavite. Vedesi da questo quanto gli oru nesi devono ogni anno sborsare agli olianesi, dorgalesi, e ogliastrini per aver al bisogno

di tutto l'anno. Questi paesani sono bevitori più che altri. del pianoro, e per questo il numero delle taverne aperte è superiore a quello che è in Bitti; amano parimente i liquori, non pertanto accade di rado, che vedesi un ubbriaco.

Gli alberi fruttiferi di poche specie sono pure in piccol numero, e forse non ne dimentico un centinajo se li numero a soli, 1500.

Essendo predominante in questo paese la popolazione pastorale è però, come potea supporsi, assai ristretta la superficie che dopo la legge delle chiudende si è ridotta in vera proprietà cingendola con muriccie o con siepi. In totale forse non sono chiuse che due miglia quadrate, comprendendo in questo totale le vigne e i piccoli chiusi. Le tanche non saranno in numero più di venti, e tra esse sono poche quelle che abbiano un'area considerevole. Nelle più sono chiusi molti alberi ghiandiferi, e pare che tutte sieno esclusivamente per la pastura del bestiame manso, e in nessuna parte adoperate per la coltura.

Pastorizia. I numeri de' capi che si educano non pare che sieno ordinariamente superiori agli infrascritti.

Bestiame manso: buoi per l'agricoltura e per vetturamento 100, vacche mannalite allo stesso uso 60, cavalli 150, giumenti 400 per la macinazione e anche per trasporto di legne piccole, majali 250.

Bestiame rude: vacche 3500, capre 6000, pecore 20000, porci 2500, cavalle 100.

Sebbene i salti sieno vasti, e molto producano di pascolo, se non manchino per molti mesi le pioggie come accade non di rado, non di meno gli orunesi devon affittare il salto che dicono di Dulusorre, antico paese distrutto, che trovavasi all' oriente, e dividesi tra il bestiame di Orune, Lula, Orosei, Galtelli e Dorgali. Ivi le pecore si possono nutrire nell'inverno essendovi riparate da' venti freddi, e il suolo quasi sempre scoperto dalle nevi.

Come in altri paesi pastorali così in questo bannosi poche cognizioni veterinarie, e sulla igiene del bestiame: quindi sì abbandonano i branchi alla provvidenza senza saperli rimuovere da ciò che loro nuoca, e senza saper che fare per risanarli ammalati, e prevenire i morbi.

I formaggi sono molto stimati. Nel caseificio rari sgrassano il latte se non sia il vaccino quando formasi in pere. Ma quelle pere restano ancora ben grasse contentandosi il pastore di estrarre una piccola quantità di manteca.

Lo smercio di formaggio si fa nel porto d'Orosei, e sarebbe maggiore la sua quantità se non si consumasse giornalmente circa la metà del latte per il vitto. Sono a migliaja le mammelle produttive, ma la copia è così ristretta che sarebbe maraviglia a chi sa il prodotto degli stessi animali in luoghi dove sono meglio educati. Cento vacche dan meno al pastore sardo, che dieci al subalpino.

Le pelli e i cuoi si conciavano nello stesso luogo da due conciatori tempiesi.

Apicoltura. Anche su questo sono negligenti gli orunesi, e da' bugni che hanno alcuni possono appena farsi la provvista del miele. Nella parte meridionale e intorno allo stesso paese la situazione sarebbe ottima perchè ivi l'aria quasi sempre temperatamente incalorata.

Commercio. Gli articoli, da' quali si lucra sono i prodotti pastorali, capi vivi, formaggi, pelli, e lane, quindi le manifatture delle donne. La somma delle vendite forse non sorpassa gli 80 mila franchi, la quale poi devesi forse quasi intera rendere nella compra di tante cose di cui abbisognano, e della più parte delle quali potrebbero gli orunesi fornirsi con la propria industria se fossero industriosi.

Le vie agli altri paesi sono aspre e difficili, rare quelle, in cui possa procedere il carro.

Religione. La parrocchia di Orune è nella diocesi di Galtelli, o Nuoro, ed è amministrata da un sacerdote che ha il titolo di vicario foraneo ed è assistito nella cura delle anime da altri tre preti.

La chiesa maggiore è dedicata alla SS. Vergine nella commemorazione della sua natività, ed è però comunemente appellata di s. Maria.

Per le obblazioni di molte persone pie la sua sacristia è ricca più che altre della stessa provincia, avendo molto bestiame grosso e minuto di sua proprietà, pastori di vacche 25, di pecore 2, di porci altrettanti; inoltre molte terre di cultura e di pastura, dove si fa seminagione e si intro

ducono i branchi propri della chiesa e gli altrui per un fitto convenuto. L'amministrazione può supporsi buona se i capitali fruttifichino bene.

Le chiese minori sono in numero di nove, e denominate da s. Michele, s. Luca, la B. Vergine degli Abbandonati, la s. Croce, s. Bernardo, la Vergine di Buonaria, s. Sebastiano, s. Andrea Apostolo, che tienesi patrono del paese, e la Vergine dell'Altura, alla quale nel 1832 fu eretto un tempietto per causa d'un miracolo, divolgato non so da chi, fatto dalla N. D. che invocata con questo titolo nuovo fece rivivere un morto.

Abbiam già notato altrove come certe persone abusando della credulità de' popoli (e soventi sono quei certi romiti che con qualche imagine di santo vanno girando per i paesi lemosinando, o chiedendo offerte) spaccino de' miracoli strepitosi, volgano l'attenzione delle donne pie verso il novello intercessore, e attirino le persone devote con la promessa di grazia certissima, se la domandino nella propria chiesa o cappella del santo, e gli altri con lo spettacolo della corsa, e con la ricreazione delle danze. Quando ottengasi questo allora gli empi speculatori, questi malvagi fautori delle superstizioni, sono sicuri di un cospicuo reddito per le molte obblazioni, che fanno le persone che han bisogno di celeste ajuto, e per quelle che si presentano per voto da coloro che sono persuasi di aver ricevuta una grazia miracolosa per mani del santo; e perchè questo lucro continui e cresca si pubblicano dagli interessati le maraviglie più stupende, e dicono apertamente con grossolane bestemmie, che gli altri santi non si interessano più per i loro veneratori, e che la stessa SS. Vergine esaudisce più facilmente invocata con un titolo, che con un altro. Le cose restano in questo stato finchè altri specolatori non pubblichino miracoli maggiori, e con nuovi allettamenti torcano il concorso alle nuove cappelle. Essi ottengono spesso d'ingannar i superiori facendo vedere che è da movimento spontaneo de' popoli, non da loro arti, le quali non restano nascoste agli intelligenti che vanno su' luoghi, osservano le loro maniere, e vedono

tutto.

Le principali feste sono per la Vergine degli abbandonati,

s. Lorenzo, s. Margherita, la Vergine Consolatrice, la Vergine d'Itria, s. Efisio, la Vergine dell'altura, e s. Costantino, regolo di Logudoro. Per queste, come pure per la solennità del Corpo del Signore, si corre il palio e sono proposti tre premi diversi a' tre primi. Accade talvolta, come nella festa della Vergine dell'Altura, che corrano dopo i cavalli grandi anche i polledri, e dopo questi i cavalli da sella. In occasione della medesima concorrono da' prossimi paesi molti ospiti, parte per causa di religione, e i più per ricreazione, per danzare, per udire gli improvvisatori, veder la gara della corsa ei fuochi artifiziali.

Il camposanto, siccome erasi ordinato dal governo, non fu fatto e i cadaveri sono sepolti nel cemiterio antico che è alla estremità dell'abitato. È stupenda la forza d'inerzia per cui si resiste. a uscire dalle antiche consuetudini, e quando si ha a fare una cosa, che sia poco grata, si procrastina mettendo avanti mille pretesti finchè essa sia dimenticata.

Ne'salti sono tre chiese, una dedicata alla Vergine della Difesa a mezz'ora dal paese, edifizio antichissimo e a tre navate; l'altra alla Vergine d'Itria, di struttura parimente antica e di pari forma, alla distanza di venti minuti; la terza a s. Efisio a due navate, e a distanza di due ore.

Antichità. Nell'orunese sono conosciuti undici nuraghi, e sono il n. di s. Giulia, così denominato da una cappella prossima ora distrutta; il n. di Nunnale; il n. della Vergine d'Itria o del Prato; il n. di s. Efisio; il n. di Galile; il nuraghe Curtu; il nuraghe Ederosu; il n. di Serra de mesu; sos nuraches; il n. di Istiti; il n. di Ilaila. I medesimi sono distrutti nelle più parti, e quasi tutti a ingresso comodo alla statura ordinaria e in siti elevati. Alcuni sarebbero degni d'esser ben considerati, e in due o tre, nominatamente in quello di Ilaila, si sono trovate varie anticaglie che forse ora sono perdute.

Sono in questo territorio visibili ancora le vestigie di alcune antiche popolazioni; una intorno alla indicata chiesa di s. Efisio, dove scavando si scoprono molte e solide fondamenta con rottami di tegole di vasi ecc. La distruzione della quale deve essere accaduta in tempo assai rimoto,

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