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Osservazioni sopra le diverse parti dello stato
della Casa Alfonso-Pimentel.

Marghine. Oltre i terreni comunali sono nel Marghine, la selva di Sauccu a tre miglia a greco del villaggio di Molargia, il piano chiamato Campeda a settentrione del medesimo, la montagna di s. Antonio e la tanca di Padrumannu.

Nelle prime due tutti gli abitanti del dipartimento del Marghine ebbero dritto di legnare, pascolare, seminare; la terza vollesi propria particolarmente del solo borgo di Macomer con contradizione però degli uomini di Borore e del feudatario; ma lo stabilimento di Padrumannu è proprio del feudatario.

La selva di Sauccu o Savuccu, che estendesi nell'altipiano alle falde occidentali della catena del Goceano, nella lunghezza di miglia 10, e larghezza compensata di miglia 2, e potrebbe avere, computata l'area delle pendici, più di due milioni di grandi alberi, non ne ha forse 1,500,000 da distinguersi per tre quarti in ghiandiferi, principalmente quercie, pel resto in altre specie, sì che è diradato assai e vuoto almeno in due quinti di sua superficie.

La Campeda ha poco meno di 25 miglia quadrate, pianura quasi rasa perchè sgombra di grandi vegetabili. Ha molte sorgenti, abbonda di pascoli e ha grandi tratti di suolo ottimo per l'agricoltura. I bortigalesi sogliono seminarvi dell'orzo.

La montagna di s. Antonio, che è l'ultima eminenza del monte di Macomer, da cui dista miglia 5, a ponente-libeccio ha molte fonti perenni ed una selva intorno (su litu de s. Antoni o sas Coas) sopra una superficie non minore di 30 miglia quadrate.

Il tenimento di Padrumannu è una tanca a muro secco di più d'un miglio quadrato di superficie, abbondante di pascoli e destinata alla pastura delle cavalle. Sono nella medesima molte fonti, e scorre verso ponente il rivo del monte Savucco.

Questo gran prato (pradu-mannu) ha una casa ed è suddiviso in cinque aree, nelle quali successivamente si possono tramutare gli armenti.

Le selve di Sáuccu e di Sas-Coas sono riputate fra le principali del regno, e potrebbero patire annualmente, se nella complessiva somma di 50 miglia quadrate fossero ben popolate di alberi (e potrebbe il suolo alimentarne comodamente non meno di quattro milioni e mezzo), un taglio annuo regolare di circa 40 mila individui. Nello stato presente potrebbesi almeno praticare un taglio di circa dieci mila.

Il bosco di Sauccu patì dalle solite cause già esposte, e pati principalmente dalla scure de' bonorvesi, che dando al fattor baronale mezzo scudo sardo per mese potean trasportar le legna sul giumento, e dando lire tre potean trasportarle sul carro, e a loro arbitrio calar la scure dove lor piaceva. Ma questa licenza sarà già finita.

Il tenimento de' Padrumannu trascurato dal feudatario si coprì di boscaglia; ma se mancò quasi del tutto al fine, per cui era stato istituito, non mancò all'interesse del fattor baronale che l'usufruì e si vantaggiò nel bestiame, tenendovi due o tre armenti di vacche, un branco di giumenti e un numero di cavalle superiore a quello della duchessa, facendovi un estesissimo seminerio, e ponendovi a pastura i vitelli, che uno per ogni segno di vacche eran tenuti i pastori a offrire alla duchessa, per i quali pregiati a scudi 9 per capo dopo tre anni egli ponea nell'avere della principale lire quattro, cioè reali sedici.

Montacuto. Abbiamo già dato il prospetto di Montacuto e descritto la più parte de' luoghi del medesimo, Buddusò, Alà, Nule, Osidda, Nughedu, Itiri-Fustialbus, Berchilla, Oskeri, e già non resta che Ozieri, cui ci accingiamo, e dopo esso Pattada, Tula, e la regione appellata Sylvas; però ora ci limiteremo ad alcune particolari notazioni.

Buddusò che ha di tutti i paesi del Montacuto il territorio più esteso ha molti ghiandiseri, pini e tassi.

Alà ha un ghiandifero assai esteso, copia de' pascoli, e perchè ce n'è di superfluo per il loro bestiame quei popolani accogliono per il prezzo nelle loro tanche molti armenti é branchi forestieri.

Nule manca di ghiandifero, ma ha terre ottime per i cercali e buoni pascoli.

Osidda non ha assai grande, come potrebbe parere, il ghiandifero entro i suoi termini.

Nughedu nè pure ha grandi selve fruttifere. Abbonda di noci, de' quali si hanno tagli frequenti.

Itiri ha molti salti fruttiferi e vuolsi che sian le sue ghiande le migliori del Montacuto. In questi territori si potrebbero praticare de' prati artificiali.

Pattada ha estesissimo territorio, pianure ottime per l'agraria, monti abbondanti di pascoli e coperti di gran numero di ghiandiferi. Anche in questi salti si potrebbero formare prati artificiali.

Bantina nel suo territorio che è forse un quarto di quello di Pattada è nelle stesse felici condizioni.

Berchilla ha i comodi per l'agricoltura e per la pastorizia, e abbonda di ghiandiferi.

Oskeri, come può rammentar il lettore, non ha che invidiare ad alcun paese del Montacuto.

Tula ha terre ottime per l'agraria.

Sylvas. Comprendevasi nel ducato di Montacuto anche sa regione silvestre così appellata, che confina co'territori di Buddusò, Alà, Oskeri, Berchilla, la cui superficie si può computare di circa 35 miglia, ed è distesa nella pendice boreale de' monti di Alà sino ne' salti all'austro di quei di Montis.

Sorgono nella medesima alcune montagne dipendenti dalla catena del Lerno, il monte Schina, che dalla estremità a greco del Lerno procede in direzione a maestrale, e termina in una eminenza conica detto Montetondo; il monte Mesu, e il monte Grussu, dipendenti parimente dal Lerno. Vi sono aperte molte fonti, alle pendici contro greco dello Schina che danno aumento al rio Stottina, a quelle contro libeccio che si aggiungono alle acque della costa del Lerno e formano il rivo Lillu, al quale si unisce il rivolo delle acque delle pendici contro greco di Montemesu, e quello che raccogliesi nella valle tra Montemesu e Montegrussu, che entra nel rio Lillu, influente di quello di Nulvara.

Sono questi salti abitati da pastori collettizi che vagano pascolando chi 10, chi 20, chi 30 capre.

Comechè i terreni si possono accomodare alla cultura

questa non si esercita, e gli abitanti al difetto de' frutti del suolo suppliscono con la industria dei ladroni.

Nel 1655 si fece un atto di vendita a Giuseppe Navarro domiciliato in Sassari per scudi 9000, ma non ebbe effetto. Il feudatario non avea per questa amplissima regione più di scudi 100 all'anno.

Vuolsi che nella medesima siano già state tre popolazioni. Contado di Coquinas. Di questo contado abbiamo già parlato al suo luogo, ora soggiungeremo poche altre cose.

Si volle fin dal 1774 in seguito alla transazione del 1767 stabilire a piè del colle di Casteldoria una popolazione degli agenti della duchessa di Benevente, dove si vedeano le rovine dell'antico borgo di Coguinas; ma perchè sapeano essere intorno a quel sito de' terreni posseduti da vari abitatori de' luoghi vicini, però supplicarono al Re di commettere ad una delegazione che rivedesse i titoli del legittimo possesso.

Il Re aderì alla domanda (7 ottobre 1774): istituitosi il giudizio alcuni mostrarono i titoli, altri provarono il loro possesso immemoriale, e la delegazione proferì sentenza addì 31 ottobre 1777 dichiarando potersi dalla duchessa di Benevente assegnare a' nuovi popolatori di Coguinas i terreni posseduti da' convenuti, tenuta però essa alla indennizzazione verso questi, e non poter divenire alla effettiva espulsione salvo nel caso, in cui già edificate le abitazioni fosse tempo di assegnar quelle terre.

Dopo questa sentenza non si pensò più dagli agenti baronali alla esecuzione del progetto.

Sulla retrocessione di questo e degli altri feudi dipendenti dallo stesso signore, vedi in fine dell'articolo Ozieri città. OZIÈRI, volgarmente e meglio Othièri, città della Sardegna, capoluogo della provincia dello stesso nome e d'uno dei mandamenti della prefettura di Sassari e del Montacuto, cantone del Logudoro, e probabilmente parte della Gallura in tempi superiori.

La sua posizione geografica fu determinata dove la latitudine 40° 55' è intersecata dalla longitudine orientale (meridiano di Cagliari) 0° 7', in suolo elevato sul livello del mare di metri 370, 76.

La situazione è così infelice, che in pochi altri luoghi sarà

peggiore, in un seno profondo, aperto al settentrione, unica buona condizione in tante altre contrarie.

A ponente elevasi il Monserrato, collina distesa da mezzodi a sera per un miglio e tre quarti, da ponente a levante, dove più, un miglio e un terzo, così detta dal titolo della SS. Vergine, che onorasi in una chiesetta sulla sua cima.

A levante sorge il monte che dicono de' su ligiu (del giglio), cui succede un minore rilevamento dopo la sua falda settentrionale, e altro dopo la falda orientale.

Ad austro un altro colle, che si unisce ai due predetti, ed ha in una delle sue punte il convento con la chiesa dei cappuccini. L'altezza maggiore è quella di Monserrato, donde si può vedere gran parte dell'abitato, e stender la vista a larghissimo tratto intorno. Secondo le misure barometriche fatte dal gen. conte La Marmora, la sua punta sorgerebbe sul mare a metri 615, 58.

Dal sito dei cappuccini vedesi pure altra porzione della città: da altri punti altre parti, da nessuno tutta, per la forma sinuosa che hanno le pendici delle indicate colline.

Da questo che si espose può intendersi la qualità del clima, perchè non è diretta nel descritto seno che la sola ventilazione del borea, e dagli altri l'aria del seno essendo agitata solo parzialmente per la riflessione delle correnti da questa o da quella delle pendici, massime quando i venti hanno gran celerità, e assai di forza sino a strappare grossi rami fronzuti nel dorso del Monserrato, e talvolta a svellere piante di molti anni.

Il freddo, che è assai vivo nelle ore invernali, quando soffia dal polo, è mite in altri casi, e allora dopo che il sole è ben elevato godesi a' suoi raggi un dolce tepore. Ma nell'estate bisogna soffrire assai dal calore che si raduna in quel concavo, se quel vento benefico nol faccia traboccare dalle circostanti eminenze introducendo altr'aria.

Le pioggie cadon qui men rare che nelle regioni a ponente. Nessun incomodo più continuato, più persistente della umidità, che tante volte è nebbia, principalmente nelle ore crepuscolari e notturne, e nelle mezze stagioni, come si potea ben presumere di luogo così formato, dove per soprappiù scorre una dora o rivolo, e sono nella parte più bassa luoghi umidi e fangosi.

49 Dizion. Geogr. ecc. Vol. XIII.

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