CANTO SECONDO Lo giorno se n'andava, e l'aer bruno Toglieva gli animai, che sono in terra, Che ritrarrà la mente, che non erra. 10. Io cominciai: Poeta che mi guidi, Guarda la mia virtù, s' ella è possente, Prima che all' alto passo tu mi fidi. 13. Tu dici, che di Silvio lo parente, Corruttibile ancora, ad immortale Secolo andò, e fu sensibilmente. 16. Però se l'avversario d'ogni male Cortese i fu, pensando l'alto effetto, Che uscir dovea di lui, e il chi, e il quale, 19. Non pare indegno ad uomo d'intelletto: Ch' ei fu dell' alma Roma e di suo impero Nell' empireo ciel per padre eletto: 22. La quale, e il quale (a voler dir lo vero) Fur stabiliti per lo loco santo, U' siede il successor del maggior Piero. PROEMIO. INFERNO II. 25-54. ENEA, S. PAOLO. 25. Per questa andata, onde gli dai tu vanto, Intese cose, che furon cagione Di sua vittoria e del papale ammanto. 28. Andovvi poi lo Vas d'elezione, Per recarne conforto a quella fede, Ch'è principio alla via di salvazione. 31. Ma io perchè venirvi? o chi'l concede? Io non Enea, io non Paolo sono: Me degno a ciò nè io nè altri 'l crede. 34. Perchè se del venire io m' abbandono, Temo che la venuta non sia folle: Se' savio, intendi' me' ch' io non ragiono. 37. E quale è quei, che disvuol ciò che volle, E per nuovi pensier cangia proposta, Si che dal cominciar tutto si tolle; 40. Tal mi fec' io in quella oscura costa: Perchè, pensando, consumai la impresa, Che fu nel cominciar cotanto tosta. 43. Se io ho ben la tua parola intesa, Rispose del magnanimo quell' ombra, L'anima tua è da viltate offesa: 46. La qual molte fiate l' uomo ingombra, Si che d'onrata impresa lo rivolve, Come falso veder bestia, quand' ombra. 49. Da questa tema acciocchè tu ti solve, Dirotti, perch' io venni, e quel che intesi E donna mi chiamò beata e bella, 55. Lucevan gli occhi suoi più che la Stella: E cominciommi a dir soave e piana, Con angelica voce, in sua favella: 58. O anima cortese Mantovana Di cui la fama ancor nel mondo dura, BEATRICE. Si nel cammin, che volto è per paura: 64. E temo che non sia già sì smarrito, Ch' io mi sia tardi al soccorso levata, Per quel ch' io ho di lui nel Cielo udito. 67. Or muovi, e con la tua parola ornata, E con ciò ch' è 'mestieri al suo campare, Amor mi mosse, che mi fa parlare. 73. Quando sarò dinanzi al Signor mio, Di te mi loderò sovente a lui. Tacette allora, e poi comincia' io: 76. O donna di virtù, sola per cui L'umana spezie eccede ogni contento Più non t' è uopo aprirmi il tuo talento. PROEMIO. INFERNO II. 85 - 114. DONNA GENTILE, LUCIA. 85. Da che tu vuoi saper cotanto addentro, Dirotti brevemente, mi rispose, Perch' io non temo di venir qua entro. 88. Temer si dee di sole quelle cose Ch' hanno potenza di fare altrui male: Dell' altre no, che non son paurose. 91. Io son fatta da Dio, sua mercè, tale, · Che la vostra miseria non mi tange, Ne fiamma d'esto incendio non m' assale. 94. Donna è gentil nel ciel, che si compiange Di questo impedimento, ov' io ti mando, Si che duro giudizio lassù frange. 97. Questa chiese Lucia in suo dimando, E disse: Or ha bisogno il tuo fedele Di te, ed io a te lo raccomando. 100. Lucia, nimica di ciascun crudele, Si mosse, e venne al loco dov' io era. Che mi sedea con l'antica Rachele. 103. Disse: Beatrice, loda di Dio vera, Chè non soccorri quei che t' amò tanto, Che uscio per te della volgare schiera? 106. Non odi tu la pieta del suo pianto, Non vedi tu la morte che il combatte Su la fiumana, ove il mar non ha vanto? 109. Al mondo non fur mai persone ratte A far lor pro, nè a fuggir lor danno, Che onora te e quei che udito l' hanno. PROEMIO. INFERNO II. 115-142. DANTE E VIRGILIO. 115. Poscia che m' ebbe ragionato questo, Gli occhi lucenti lagrimando volse; Perchè mi fece del venir più presto: 118. E venni a te così, com' ella volse; Dinanzi a quella fiera ti levai, Che del bel monte il corto andar ti tolse. 121. Dunque che è? perchè, perchè ristai? Perchè tanta viltà nel core allette? Perchè ardire e franchezza non hai? 124. Poscia che tai tre donne benedette Curan di te nella corte del cielo, E il mio parlar tanto ben t'impromette? 127. Quali i fioretti dal notturno gelo Chinati e chiusi, poi che il Sol gl' imbianca, 130. Tal mi fec' io, di, mia virtute stanca: 1 E tanto buono ardire al cor mi corse, 136. Tu m' hai con desiderio il cor disposto Ch' io son tornato nel primo proposto. 139. Or va, che un sol volere è d' ambo e due Tu duca, tu signore e tu maestro: Così gli dissi; e poichè mosso fue, 142. Entrai per lo cammino alto e silvestro. |