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za di mandato sol generale gli avrebbe assoluti dalla temerità presso al tribunale de' savii, e delle loro coscienze: e intorno al secondo, che distendevasi la participazione di quel negozio a tanti oratori e prelati, a cui era lor convenuto manifestare l'onestissima cagione di sospender la risposta, che non aveano potuto impedirne il palesamento.

Ciò allora sopra la dottrina. Sopra la riformazione, quella che gli altri più chiedevano, e per la quale i Legati più ingelosivano, era intorno a'cardinali. Questa il Lorenese dicea (1) volersi infallibilmente e unanimamente da Cesare, e da're di Francia, di Spagna, e di Portogallo: e i Legati temendola quivi passionata, e però indiscreta, consigliavano il papa che la statuisse egli in Roma, e gliene proponeano quale avvisavansi che sarebbe universalmente piaciuta. Or di quest' affare il cardinal Borromeo scrisse in cifera (2) al Morone, che nella riformazione da lor

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo dei 19 di giugno, e molte altre lettere e loro, e del Visconti, e del Gualtieri su quei tempi.

(2) A 29 di maggio 1563.

proposta contenevasi un divieto, il quale stava parimente ne' capitoli (1) dell'ultimo conclave: non potersi alzare a quell'ordine chi v’avesse un fratello vivente. Andare il pontefice con ritegno verso questa ordinazione, perchè avrebbe offeso il vescovo di Parma e 'l cardinal di s. Fiora camerlingo suo fratello. E di vero appariva in essi agli occhi de' prudenti gran ragione di stima per la qualità della famiglia, delle persone, de'carichi, e de' parentadi, specialmente essendo cugini del duca di Parma e del cardinal Farnese. Ed a punto era dianzi avvenuto, che si spargesse in Trento un de' soliti romori falsi intorno a' fatti di Roma, cioè che quivi si destinava promozione (2): e come la bugia suol esser audace, se ne divolgò anche specificatamente il catalogo. A questa voce tutto il concilio inestimabilmente alterossi, parendogli d'esser vilipeso, mentre il papa accrescea quel numero, del cui scemo

(1) Sta nel capitolo 4 del conclave innanzi alla elezione di Pio IV.

(2) Appare da una de'Legati al cardinal Borromeo de' 24 di maggio, e del Visconti de' 3 di giugno 1563.

T. XI.

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quivi allor si teneva consiglio. Ma oltre al sentimento comune eccitossi il particolare: perciò che nella immaginaria nota non si leggeva nè il Colonna, nè lo Sforza. Onde surse un altro mendace bisbiglio, ch'essi sdegnati si volessero gettare al cardinal di Loreno. I presidenti ammonirono il papa in genere, quanto questa promozione avrebbe promossi i tumulti di Trento: ma ne ricevettero in risposta la certezza della falsità: e fra tanto il cardinal Simonetta, prono al timore, notificò per lettere particolari ciò che si mormorava de' due prelati. Nè seppe tacer la sua gelosia (loquace affetto) allo stesso Sforza: il quale, recatosi ciò ad offesa fuor di misura, disse, ch'egli era disposto a ricever in bene ogni deliberazione del papa, ma che non potea già tollerar senza indegnazione, che nell'animo d'un suo pari si credessero sì fatti sensi. E volea chieder licenza da Trento, se qualcuno nol riteneva. Or non ostante così gravi rispetti, il cardinal Borromeo nella mentovata cifera conchiudeva intorno alla special materia de' cardinali, e al vietamento d'esaltar due fratelli a quel grado: con tutto ciò

quando costi la detta riforma s'abbia a fare, sua santità non vorrà che per questo resti impedita un'opera così buona, ma se ne rimette alle signorie vostre illustrissime, e al sinodo. Le quali facciano in ciò quanto a loro parerà. E di poi scrisse (1) parimente a' Legati in queste parole: Circa la riforma de cardinali qua se gli attende. Ma con tutto ciò, quando costi occorrerà trattar articoli di riforma per diaconi, preti, o vescovi, che sieno convenienti da esser applicati ancora a'cardinali, le signorie vostre illustrissime potranno nominarli espressamente, perchè la mente di sua santità è, che si riformino così loro, come gli altri. Quanto al decreto della residenza, sua santità si rimette alle signorie vostre illustrissime. E in questo medesimo tenore avea scritto il cardinale ai Legati sei giorni avanti.

Ma queste riformazioni furono disvolute da chi era ostentator di volerle, quando ne sperava l'onore nel chiederle senza il danno dell'impetrarle. Tosto che i Legati incominciarono a comunicar i capi sopra quelle de' cardinali al Lorenese, che

(1) A' 16 di luglio 1563.

tanto (1) gli vi avea spronati, egli ricusò di darne il giudicio, affermando che non era ben determinato in se stesso: e ragionandone poi con alcuni prelati, mostrò che non riputava opportuno un ristrignimento di quell'ordine che fosse gran fatto

severo.

Era anche avvenuto in questo proposito un altro caso da non tacersi (2). Molti accusavano il papa ch'egli derogasse nei fatti alle ordinazioni di quel concilio: di che i Legati il fero avvisato, e gli specificarono le materie della querela. Ora ei diè risposta (3) immantenente agli altri capi, mostrando la falsità dell'azioni che sentivasi apposte. Una egli ne aggiunse non annoverata da loro, cioè d'aver conceduta la chiesa di Mantova al cardinal Federigo Gonzaga, il quale non era maturo d'anni quanto ricercavano (4) i de

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(1) Lettera del Visconti al cardinal Borromeo de' 14 di giugno 1563.

(2) Appare da una de' Legati al cardinal Borromeo de' 28 di maggio 1563.

(3) Lettera del cardinal Borromeo a’Legati dei 5 di giugno 1563.

(4) Nella sessione 7 al cap. 1, e nella sessione 12 al cap. 2.

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