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alquanti prelati. Essi, che aveano tenuto fin a quell'ora il trattato occultissimo, allora con ogni possibil segreto imposero al maestro delle cerimonie, che facesse portare una sedia alla sagrestia, e che si provvedesse d'incensieri, e di preti estranii, per osservare quell'intera equalità che 'l pontefice aveva tanto raccomandata. Nè di ciò in quel poco spazio che corse avanti alla cappella giunse alcun sentore a' Franzesi. Ma poscia venuti in chiesa co' presidenti, e assisi ne luoghi loro senza sospetto, videro di presente innanzi al cominciar della messa, che fu cantata quel giorno dal vescovo d'Agosta ambasciador di Savoia, entrare il conte, e recarsi una sedia per esso in luogo fuori dell'ordine, secondo i già tenuti ragionamenti. Era questo luogo non quale aveva egli occupato nelle congregazioni, però che la differente situazion del teatro nol comportava, ma come avea disegnato il pontefice, avanti ad una colonna sopra i patriarchi, con picciola interposizion dalla fila de'seggi più alta e assegnata a'cardinali: si che stava come di contro alla schiera degli oratori laici: imperò che gli oratori ec

clesiastici avevan quivi diverso luogo alla man destra de' presidenti, altrove da noi esplicato. Si commossero a questa novità i Francesi, e il cardinal di Loreno se ne dolse molto co' Legati, massimamente, che non gliene fosse stata davanti fatta parola, e se n'eccitò gran susurro tra' padri. Ma non tanto dava materia di pensare e di parlare l'avvenuto, quanto il venturo. Gli ambasciadori francesi, bisbigliato alquanto fra loro, fecer chiamare il maestro delle cerimonie, e il domandarono ciò ch'ei divisasse di porre in opera intorno all'incenso e alla pace: e uditone il proponimento, mandaron lui a farne querela asprissima co'Legati, ritornando alle minacce de' protesti. Alla quale ambasciata degli oratori soggiunse il Lorenese, il quale sedeva presso a' Legati, molte parole simiglianti: affermando che gli oratori aveano mandato espresso dal re d'appellare davanti al sinodo, e di protestare contra Pio presente pontefice, il qual essi non riputavano per legittimo, dicendo esser lui eletto con simonia, e avervi in potere della reina di Francia lettere di sua mano che ciò provavano. Dopo que

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sto sparamento orribile per lo strepito, ma non valido per la caricatura, secondo che farassi palese, aggiugnevasi: che ove eziandio fosse stato papa legittimo, avrebbono da lui appellato come da papa tirannico, il qual meritava d'esser deposto per la notoria ingiustizia che commetteva, privando del suo antico possesso un re pupillo ed innocente senza pur avere udita la causa sua: e che però sarebbonsi separati dall'ubbidienza di lui con protestazioni di non tornarvi mai, finchè un altro pontefice giusto non reintegrasse il re dispogliato. Prenunziava oltre a ciò il cardinale, che tutti quei di sua gente se ne sarebbon partiti, provvedendo a' bisogni di Francia per sinodi nazionali, o per altra via, se pure alcun di loro non fosse quivi rimaso per istrumento di peggio. Non mancavano i Legati di giustificar dolcemente l'azione, usando la regola de' savii ministri, che quando è lor forza di recar dispiacere ad un grande co' fatti comandati, niente l'aspreggino con le parole volontarie. L'ambasciate mandatesi scambievolmente fra essi e gli oratori durarono infin alla fine dell'Evangelio: e ciò

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si adoperava coll' intervenimento del Muglizio e del Drascovizio, i quali, sì come primi tra gli altri ambasciadori ecclesiastici, sedevano assai presso al primo Legato. Ultimamente, standosi in punto di cominciar il sermone e cresciuto il bisbiglio in romore, i presidenti si ritirarono in sagrestia co'due cardinali, con gli oratori cesarei, e col pollacco. Il cardinal di Loreno vi fe chiamare per una parte il Ferier, l'arcivescovo di Sans, e'l vescovo d'Orliens, e per altra parte l'arcivescovo di Granata. Il Granatese riferì loro, che avea parlato al conte, e che di mandato suo sponeva desiderar lui che si ponessero in effetto le commessioni di Roma, a cui rimettevasi. Nondimeno avendo inteso i Legati di nuovo dallo stesso arcivescovo, vietarsi nell'instruzione del re al conte il rompere co' Francesi, dissero che conveniva loro andar con riguardo, acciò che il concilio non si sciogliesse, e di tutta la colpa fosse aggravato il pontefice. Così essi parlarono agli Spagnuoli. Dall'altro lato replicando i Francesi le loro denunziazioni e minacce, i Legati s'argomentarono di mitigarli con dire,

che il tutto si faceva senza veruno lor pregiudicio, e salvė espressamente loro ragioni: ciò non solo essersi decretato in general maniera dal sinodo fin dapprima intorno a qualsivoglia luogo che ivi a qualunque persona si desse, ma dichiararsi dal papa nella mentovata sua lettera particolare: e profferirne eglino di prestarne ogni autentica fede. Non potersi forzare un ambasciadore del re di Spagna a cedere altrui suo mal grado. Come i Francesi avevano consentito ch'egli sedesse in luogo fuori dell'ordine, così poter consentire che in modo fuori dell'ordine si porgesse l' incenso e la pace. Ma ogni conforto riusci a nulla, parendo a'Franzesi, che tutti i protesti, e tutte le preservazioni sieno armi d'aria e di carta: i fatti esser cosa massiccia e comunque s'introduca una volta il possesso, troppo vantaggiar la condizion di chi l'ha tenuto. Si che i Legati mandarono il Granatese, proponendo al conte se volea rimaner contento per amor della quiete, che si tralasciasse il dar a verun oratore la pace e l'incenso quella mattina, raffermando tuttavia essi la lor prontezza d'adempiere a

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