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pontefice che quella commession si tenesse celata, fin che venisse il tempo di porla in atto, e che allora improvisamente ciò si facesse: confermando che, se i Francesi non ne rimanessero appagati, e volessero protestare, o anche partirsi, il tutto si lasciasse avvenire prima che ommetterne l'adempimento. Oltre alle premostrate lettere comuni a tutti i Legati, ne scrisse una particolare il cardinal Borromeo per volontà del zio al cardinal Morone, comunicandogli in ristrettissima credenza, che l'Avila e 'l Vargas aveano consegnata una poliza al papa soscritta, e sigillata per ambedue loro, nella quale promettevano a nome del re, che sua maestà piglierebbe sempre l'armi, ed esporrebbe le forze, gli stati, e la persona per difendere ed aumentare l'autorità del pontefice, della santa sede, e della fede cattolica: il che farsi noto a lui, perchè intendesse, che non senza forte ragione sua santità s' era indotta a così disporre. Queste lettere inviate per corriere, giunsero a'Legati fin il duodecimo giorno di maggio (1): ma perchè le signi

(1) Appare da una de' Legati al card. Borromeo degli 11 di maggio 1563.

ficazioni del cardinal Borromeo erano chiuse in cifera, e ne avea la chiave solo il cardinal Morone, assente quindi più tempo che a Roma non s'era creduto, non fu per quell'ora compresa l'ordinazione a pieno. Ritornato lui nel giorno de' diciassette, e posto l'oscuro in chiaro, s'affaticarono tutti insieme di mollificare i Francesi (1) per far la cura senza l' acerbità e senza i pericoli del taglio: e, benchè ad estrema pena, secondo l'industria segui la riuscita. Ma il conte di Luna, o per far intendere agli emuli che nulla riceveva da essi in libero dono, o affinchè vedessero il rispetto che usavano il suo re ed egli verso la corona di Francia, fece ad essi quelle espressioni che poc'anzi accennaronsi, o alteranti il vero, o da' Francesi alterate nel riferirle: ed anche dimostrò loro, che si fatta deliberazion del pontefice fosse venuta da spontaneo suo movimento: il che oltre modo perturbò l'animo de' Francesi verso di Pio, e fece lor sospettare ch' ei macchinasse rompimento fra gli oratori, e scioglimento del conci

(1) Appare da una de' Legati al card. Borromeo de' 20 di maggio 1563.

lio: per la qual cosa egli poi molto si tenne offeso dal conte, secondo che fia narrato.

Non era quivi nel tempo di quest'ultimo negozio il Visconti: e la cagione della sua assenza fu tale (1). Dopo la pace conchiusa in Francia con gli ugonotti, essendo quindi partito il Legato Estense come non più necessario in quel regno, aveva proposto di visitarlo o nel viaggio, o in Ferrara il cardinal di Loreno per la stretta congiunzione tra le loro famiglie. E, tutto che in Francia per la diversità de' sensi fosse stata fra loro qualche rugginuzza, nondimeno, essendosi mutate le cose, e rimanendo l'Estense con grande autorità e quivi, e in Italia per cagion del suo stato, e delle sue doti, credevasi che'l Lorenese gli avrebbe assai attribuito, come suol farsi a' parenti maggiori sì d'età, sì di potenza. Onde il pontefice, il quale molto desiderava per la quiete comune acquistar l'animo del cardinal di Loreno, e perciò non finava di ricordare a’Legati

(1) Lettera de' Legati al card. Borromeo de'6 di maggio 1563, altre del Visconti allo stesso de'6 e degli 11 di maggio, e Atti del Paleotto.

che il tenessero (1) contento ad ogni loro potere, ingiunse a'medesimi, che mandassero un prelato, il qual sotto vista d'onoranza preoccupasse il cardinal di Ferrara per via, informandolo di quanto era intervenuto nel concilio: e così fornitolo d'opportune armi, il pregasse di usarle per vincer l'intelletto, e la volontà dell'amico. Per questa impresa fu nominato a' presidenti dal cardinal Borromeo il Visconti; ma, sì come il papa usava coi ministri grandi e lontani, in maniera di proposizione, non di commessione. Ed essi di buona voglia l'elessero, con porlo in via il settimo giorno di maggio, consegnatali una copiosa relazione de'fatti, la qual avea per autore il Paleotto.

Venne al Paleotto ben tosto un altro lavoro alla penna: e fu la quistione intorno alla voce de' procuratori nel sinodo. Avevane l'arcivescovo di Praga raffermate le instanze (2) a' Legati in nome di Cesare. E quantunque il nunzio Delfino scrivesse

(1) Appare da una de' Legati al card. Borromeo de' 21 di maggio 1563.

(2) Lettera de' Legati al card. Borromeo de' 24 di maggio 1563, e Atti del Paleotto.

loro che quel principe s'era poi molto rimesso da tale inchiesta, e che il Seldio suo vicegrancancelliere la riputava inragionevole, dicendo che ciò sarebbe stato un mutar la forma del concilio, sapevasi nondimeno che molti diversamente sentivano. Onde i Legati ne imposero a'lor canonisti una studiosissima discussione. Ed oltre al medesimo Paleotto, vi formarono dotte scritture mandate (1) a Roma Scipione Lancellotti avvocato concistoriale, e Michel Tommasio da Maiorica, il quale a titolo di quella professione era dal pontefice mantenuto in concilio. La quistione fu divisa in quattro articoli.

Se a' procuratori di ragione si dovesse nel sinodo voce di giudici.

Ove no, se di consiglieri.

Se almen luogo, nelle generali adu

nanze.

Data condizione, che il diritto della voce per nome de' principali fosse dinegato agli altri procuratori, se il medesimo avesse luogo in quelli ch'erano procuratori, e vescovi insieme: o se anzi ottenesser, due

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