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Troppo freddamente o timidamente procedere il Morone a'partiti di celerità proposti dal Ferier, e da se, richiedendovi il piacere di tutti i principi. Averne ben egli scritto non solo in Francia, ma eziandio al vescovo di Rennes ambasciador francese presso l'imperadore, perchè movesse sua maestà a consentirvi, ma non doversi aver dependenza nell'esecuzione dalle volontà di tutti malagevolmente accordabili. Così discorreva il cardinal di Loreno. Tanto variansi in brev'ora le scene del mondo si negli atti, come ne'detti, senza che vi si mutino i personaggi. Il pontefice che dianzi avea per unico appoggio negli affari del concilio il re di Spagna, e a fine di compiacerlo s'era condotto a ferir quasi nel cuore i Francesi, allora si vedeva necessitato a riconoscere in quel negozio per suo braccio i Francesi, e per ostacolo gli Spagnuoli. D'altra parte gli Spagnuoli prima disconsigliavano che si facesse novello invito de' protestanti, ed allora l'ambasciadore spagnuolo in concilio il chiedeva. I Francesi, e massimamente il Ferier, i quali più volte con si acuti protesti e privati e publici aveano

trafitto il papa, quasi mancatore alla Chiesa nel ritardare e fuggir la riformazione, ora biasimavan lui come prodigo nel concederla: e dove per addietro innalzavano tanti clamori per invocare contra il pontefice, e contra i Legati la libertà del concilio, e per lagnarsi che nulla si potesse operare senza gli oracoli di Roma, erano passati così a riprendere il papa quasi custode mal accorto della sua propria autorità, e troppo largo in comunicarla a' Legati, come ad accusare i Legati per troppo liberi nell' usarla, e poco attenti all'indennità del loro principe. Tutti questi cambiamenti aveano origine da quello dei Francesi, il quale fe ingelosir gli Spagnuoli, quasi essi Franzesi, curanti solo di provvedere alle loro provincie e alle loro persone, volessero trarre il pontefice a troncar l'ordito del ben comune. E così, opponendosi il conte alla conclusione che egli riputava precipitazione, e che dal papa era stimata tranquillamento de' contrasti e assicuramento da' pericoli della Chiesa, cominciò a tesser lunghezze con divenir contraddittore, e però diffidente al pontefice. La variazione poi de' Francesi

fu bene ascritta (1) onorevolmente dal cardinale a' nuovi ordini dati dalla reina, la qual desiderasse il fin del concilio, e il loro ritorno: ma di vero gran parte v'ebbe, in quanto apparteneva al Ferier, la grazia ch'egli sperava d'acquistar col papa, ove questi riconoscesse dalla sua invenzione, e dalla sua opera il rimanere in calma, e in quanto era al cardinale, la vaghezza di quella splendida legazione, con la quale per avventura si confidava di rendersi profitte vole, e glorioso strumento di memorabili beni e alla Francia, e alla Chiesa.

Il pontefice, che penetrava nel cuore d'ambedue questi, scrisse a'Legati: che i Francesi eran bramosissimi di quel troncamento, benchè si vergognassero di domandarlo che però conveniva dar loro soddisfazione: e che ove eziandio gli altri principi non volessero tagliare ma terminare, molto sarebbe stato il dar congedo a' Franzesi senza disturbo; avvisandosi egli forse, che alla loro partenza dovesse

(1) Lettera del Visconti al cardinal Borromeo de' 22 di luglio 1563.

cessare nel sinodo un gran travaglio di torbide petizioni, e un duro intoppo a fermar l'autorità della sede apostolica, da tutti gli altri riconosciuta. Diè anche un cenno particolare al Morone del senso mostrato, come dicevasi, dal cardinal di Loreno intorno alle riformazioni comunicategli, acciò ch'egli si certificasse del vero. Il Morone, risapendo (1) che il Lorenese non era contento a pieno di lui, perch'ei non usava seco tanta abbondanza di visitazioni, e di comunicazioni quanta già il cardinal di Mantova, cominciò a mutare stile, sì che l'altro di pari sdegnoso e amorevole, e però facile a perdersi, e facile a racquistarsi, rimase con esso in buona disposizione: e rispose (2) alla lettera del pontefice recatagli dal Musotto con un'altra piena di somme grazie, e di somme offerte. Non esser mai lui per cessare da ogni opera giovativa alla santa sede non solo co'padri, ma con que' prin

(1) Appare dalle suddette lettere del Gualtieri de' giorni 17, 18, e 19 di luglio, e dall' instruzione del Lorenese allo stesso Gualtieri.

(2) Lettera del Lorenese al papa de' 22 di luglio 1563, nell' allegato libro francese.

cipi appresso a'quali avea qualche credito: dal che potrebbesi chiarire sua santità, che la confidenza, e l'amicizia da lui tenuta con essi era stata per fine di poterla servire. Accettar egli l'invito, ma con pensiero di tardare il viaggio insino alla metà d'agosto, intendendo che 'l partirsi innanzi da' freschi di Trento verso i calori di Roma sarebbegli pericoloso. Senza che, desiderava di veder prima avviate le cose per modo, che potesse recare all'orecchie di sua beatitudine fuor di dubbietà quello che giudicasse acconcio ad onor di Dio, a pro del cristianesimo, e specialmente della Francia. Il di appresso a quella risposta licenziò (1) egli per Roma il Gualtieri, al quale però non volle consegnar lettere (2) in sua credenza, perchè forse l'animo aperto ma sospettoso del cardinale più fidava a lui, che non si fidava in lui. Ben gli lasciò scrivere una memoria di commessioni dategli a voce: si come altresi fece il cardinal Morone.

(1) Appare da una de' Legati al cardinal Borromeo de' 22 di luglio 1563.

(2) Scrittura del Visconti al cardinal Borromeo de' 22 di luglio 1563.

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