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impedita. Ed in tal proposito disse un'altra volta il cardinal Morone, non esser degno che, riformandosi gli ecclesiastici, e nulla toccandosi i secolari, si desse a credere al mondo che quelli soli fossero deformati, e questi immaculati. Fece querele ancora l'ambasciadore della sessione preterita: opponendo che tutte le nazioni aveano desiderato, dichiararsi d'onde fosse l'instituzione de' vescovi, e due nazioni a chi soprastesse la podestà del papa, cioè gl'Italiani, e gli Spagnuoli, ripugnandovi solamente i Francesi, e che, non ostante ciò, s'era ommessa la prima contra il voler di tutte, e la seconda contra quello delle due più copiose di voci. A che i Legati rispondevano, che anzi dal moderno fatto si potea raccogliere quanto fosse in loro l'amore della concordia, da che il contraddicimento d'una sola nazione e di quella che era la men possente di voci, gli avea ritenuti da una diffinizione, la qual tanto rilevava ad utilità del pontefice. Ma che poi, tralasciandosi questa, non era stato dicevole far dichiarazione intorno alla podestà de' prelati minori, essendo il precedere dovuto al capo: nel che esser

convenuti gl'Italiani co' Francesi: onde non v'era titolo di giusto lamento, per-. chè non si fosse venuto a quella diffinizione secondo il parere e'l volere de' soli Spagnuoli.

Continuavano (1) i Legati a raunarsi fra loro in casa del Morone, chiamandovi gli altri due cardinali: e quivi ponderavan le cose date in nota dagli oratori per ridurle a forma che non patisse grave contrasto nell' assemblea. Ma ricevendo fra tanto da Roma la copia delle lettere scritte dal conte al papa ed all'Avila, le quali erano accuse contra di loro, quasi cattasser le voci per via di conforti, di minacce, e di profferte, deliberarono in principio di parlargli agramente con opportunità di dovere a lui consegnare il Breve pontificio in risposta. Ed erasi cotal Breve in Roma dettato innanzi pregno di molte ragioni, e per conseguente ancora spinoso di qualche puntura, come accade in tali contese: indi riconsigliatosi il papa di ridurlo a forma più semplice, man

(1) Lettere de' Legati al cardinal Borromeo nei dì 11, 12, e 16, e scrittura del Visconti allo stesso dei 16 d'agosto 1563.

dò la copia del (1) primo esempio a’Legati, affinchè di quei concetti si giovassero con la voce: la qual men soggiace a censura, e dalla quale più si tollera che dalla penna, la cui operazione si reputa più deliberata, ed è per natura più permanente. Ad imitazion del papa si mutaron d'animo poi anche i Legati: e come i consigli men caldi sono i più saldi, vollero che lo sdegno per l'onor privato cedesse alla carità del ben publico. Onde non pur dissimularono la lor propria offesa, ma temperarono ciò che ad essi il pontefice sumministrava: e mostrando un'ottima opinione di zelo nel conte, e scambievolmente testificandogli che il papa era tutto infiammato in quella santa opera, nè bisognoso d'esortazione, discesero ad assicurarlo del medesimo affetto in loro, i quali giorno e notte non istudiavano in altro che in cercar piane e spedite vie per condurre i padri alla meta di cotante fatiche. A tal fine chiamarsi da loro frequentissime congregazioni, ed usarsi altre

(1) La contenenza di questo Breve fu mandata al nunzio Crivello il dì 4 d'agosto; e sta fra le memorie del Gualtieri.

operosissime diligenze. Ricevere eglino grave torto da chi dicea, che andassero con indebiti modi tirando gli altri nella loro special sentenza. Non esporre essi loro sentenza nelle congregazioni, come era palese, e l'unico voto loro essere che si terminasse il tutto con pace ed unione, appianando le arduità, e acconciando le discordie.

Il conte fece risposta: ch' egli non avea mai creduto di tai signori azione men che onorata, ma confessava d'avere udite mormorazioni grandi per quelle private congreghe, le quali tenevansi in casa loro, chiamandosi in esse venti italiani, e sol due spagnuoli con altrettanti francesi. I Legati in opposito: che essendo ufficio loro, come avean detto, l'agevolar le difficultà, e l'accordar le controversie, non potevan ciò fare senza il consiglio e l'aiuto di chi a ciò riputasser più idoneo, e senza chiamarlovi a lor talento. Ove eziandio fosse stato vero che gl'Italiani v’intervenissero in numero assai maggiore degli altri, non parer ciò improporzionato, facendosi ragione che nel concilio gli Italiani erano centocinquanta, e quelli

d'altre provincie fra tutti settanta: ma che pur ciò non erasi fatto, introducendosi molti di varie nazioni, e specialmente i due cardinali, e gli ambasciadori ecclesiastici dell'imperadore, e del re di Pollonia, e ch'egli ancora, se fosse stato ecclesiastico, sarebbe convenuto in quelle adunanze, ed avrebbe veduto come e perchè si raccoglievano. Il colloquio fu chiuso con mutuo soddisfacimento, promettendo il conte di cooperare alla prestezza, e di confortare i suoi vescovi ad appagarsi del moderato.

Il suddetto ragionamento rincorò alquanto i Legati, i quali, significandolo al papa, insieme risposero al punto da lui accennato ma ad un'ora rifiutato della sospensione, dicendo: che i principi secondo le ragioni umane potevan essere alieni dal compimento del sinodo: non istando allora né Cesare nè il re di Francia in disposizione, o in acconcio di sguainar la spada contra gli eretici, secondo parea che avrebbono obligazione, come prima il concilio, nel qual essi eretici rimanevano condannati, si terminasse: però che, essendosi congregato per loro instanza, gli era do

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