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giorno a discorrere sopra gli altri capi della riformazion generale, ponendo questo da un lato, fin che la risposta giugnesse. Mosser tosto gli oratori il corriere: e dopo la narrazione del fatto significarono a Ferdinando, parer veramente a loro in coscienza che fosse mestiero di riformare ancora i principi laici. Unitamente i Legati notificarono con lo stesso corriere tutto il successo al Delfino, acciò che aiutasse il negozio con la sua voce.

Usciti per quell'ora di tal impaccio, esposero lor senso a Roma sopra un altro punto notabile contenuto nell' ultime lettere (1) del cardinal Borromeo. Aveva il conte, insieme con le risposte date in iscritto a' capi delle preparate leggi, recato avanti con la voce, esser necessario di riformare in concilio e'l collegio de' cardinali, e il conclave. Erasi ciò anche da lui significato all'imperadore, traendo da quel principe commessioni (2) a'suoi, che procurassero l'uno e l'altro. Di poi aveva

(1) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo nel dì ultimo d'agosto 1563.

(2) Lettera menzionata dell' imperadore agli oratori col segno degli 8 d'agosto 1563.

scritto il conte al pontefice, testificando la sua ottima disposizione; ma richiedendo questi due punti, i quali, diceva, essere universalmente desiderati dagli oratori; e nel rimanente usando forme assai umili ed amorevoli; e tacendo sopra il capo da lui prima si fervidamente promosso, di deliberar secondo il maggior numero delle nazioni. Questa lettera fu comunicata dal cardinal Borromeo (1) a'presidenti; accennando ciò che 'l papa aveva proposto di fargli rispondere con la lor lingua. Ma insieme domandolli del lor consiglio; dicendo che forse sua santità l'avrebbe aspettato prima di commetter loro assolutamente la risposta. Essi, pieni di mal talento per le opposizioni che dal conte pativano, mostraron di far poca stima e della maniera dolce con cui scriveva, essendo acerba quella con cui operava; e del suo silenzio nella lettera mentovata intorno al procedersi per numero di nazioni, da che in voce ripeteva questi concetti; e della sua affermazione che que' due capi fosser voto comune degli oratori, quando altri

(1) Lettera del cardinal Borromeo a' Legati de' 21 d'agosto 1563.

T. XI.

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ch'egli non ne moveva parola. Esser eglino d'avviso che 'l papa, come a punto mostrava d'avere in animo, gli dovesse riscrivere un Breve cortese e corto, imponendo a lor che gli rispondessero a voce in suo nome di tal contenenza: sopra i cardinali, aver sè già rimesso l'affare al concilio: promettersi egli che una tale assemblea niente lascerebbe da desiderarsi nell'opera; ove pur ciò non avvenisse, ei non mancherebbe del suo dovere: al conclave già essersi provveduto con una Bolla in cui rinovavansi le santissime ordinazioni de'sinodi antichi, scadute d'osservazione con gli anni, come accade in tutte le cose umane. Non averne commessa la deliberazione al concilio, perchè ne' vescovi non era veruna perizia di quell' affare. La Bolla aver soddisfatto pienamente all'imperadore, richiedendovi ei solamente che s'ovviasse alle industrie de' principi secolari nel favorire o disfavorire alcun cardinale: potersi far questo nella riformazione de' laici, con vietar sotto gravi pene a tutti, eziandio a'principi l'intromettersi di quel negozio, sì che lasciassero al giudicio, e alla libertà de' cardinali l' eleggere

chi fosse loro inspirato da Dio. Tale fu il consiglio de' Legati tridentini: a' quali il pontefice commise la risposta, secondo quegli stessi concetti, già da lui premeditati e mandati in carta prima (1) di ricever lalettera loro: sol aggiugnendo, che'l conte ponesse mente, se il proibirsi con pena d'escomunicazione a qualunque principe i trattati del conclave, tornerebbe in profitto al suo re, il quale v'avea tanta parte. Che la Bolla commendata come perfetta nel rimanente, era stata solo conosciuta difettuosa in questo punto: e ciò per avere il pontefice usato rispetto alle corone. Che se al conte piacesse aggiugnersi nel concilio un capo onde le si togliesse questo difetto, al papa non sarebbe molesto. Ma nello stesso tempo l' Avila, intendendo il peso della materia, illuminò l'intelletto del conte: ond' egli s'acchetò alla risposta de' Legati, e dichiarò sè appagato: con tal vantaggio del papa che fu ricevuta in luogo di graziala repulsa. Certamente se disse con empietà quel satiri

(1) Lettere del cardinal Borromeo a' Legati de' 28 d'agosto, e de' Legati ad esso de' 5 di settembre 1563.

co, che gli Dei alcuna volta eran maligni nell' esaudire; può affermarsi con verità, che Iddio e gli uomini sono talora benefici nel negare.

Vedevano i Legati che l'aspettar le deliberazioni di Cesare avrebbe cagionata una lunga incertezza e lentezza: onde, per celebrar la sessione il dì stabilito, pensarono due spedienti. Il primo, di trasportare quel solo articolo alla sessione futura: il secondo, di trasportarvene con esso più altri. L'uno, benchè conforme al consiglio del cardinal di Loreno, parea troppo aperta dimostrazione di secondar e quasi d'ubbidir le voglie di Cesare: senza che, i vescovi, i quali erano avidissimi di quel capo, avrebbono dubitato che, sì come spesso interviene, la dilazione tralignasse in una volontaria obblivione. Onde l'altro partito fu giudicato e più onorevole, e più accettevole, ed anche più agevole: perciò che la destinata materia scorgevasi troppo copiosa vivanda per caricarne lo stomaco in un sol pasto. Statuirono perciò di ridurre i decreti a venti; promettendo a'padri che quello de' principi sarebbesi poi trattato con tanti altri gravissimi che rimaneano.

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