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Ed era necessario di rincorare i vescovi con questa promessione: però che s'erano forte esanimati per un accidente nuovo. Il re di Spagna aveva desiderato d'assicurar la ducea di Milano dalle vicine eresie della Germania e dell'Elvezia, penetrate tanto o quanto in Vicenza, e nelle terre del duca di Savoia: ed essendosi sperimentato in Ispagna che 'l più forte propugnacolo era il rigor dell' inquisizione, pensò d'introdurla secondo la stessa forma nel Milanese. Il pontefice a cui egli ricorse, veggendo la gravezza del rischio, non solo per quello stato, ma quindi poi per tutta l'Italia ch'è il cuore del cristianesisimo, v'avea condisceso (1), unitamente assentendo che Guasparre Cervantes spagnuolo, arcivescovo di Messina, il quale stava al concilio, potesse quindi partirsi per andare a porre in esecuzione il proponimento. Questa novella empiè di terrore

(1) Tutto appare da varie lettere del cardinal Borromeo a' Legati in comune, e al Morone e al Simonetta in particolare ne❜giorni 7, 17, 21, 25 e 28 d'agosto, e nel 1 e ne' 4 di settembre, e de' Legati al cardinal Borromeo, specialmente ne'17 e 23 d'agosto, e ne'2 di settembre, ed altre del Visconti segnate a'17 e a' 23 d'agosto, e a' 2 di settembre.

i popoli, e di mestizia i vescovi di quello stato; gli uni per la formidabile severità, come ad essi pareva, di cotal tribunale in Ispagna; gli altri per lo scemamento che indi prevedevano alla loro giurisdizione. E non meno che i vescovi del ducato milanese, s'addolorarono quelli del reame napoletano, aspettando lo stesso ne❜lor paesi ; massimamente per esser fresca la ricordanza di ciò che a Napoli s'era tentato da Carlo V. E benchè dipoi la tristizia fosse mitigata con dirsi, che gl'inquisitori sarebbono italiani; rimaneva nondimeno ancora acerba in considerandosi, che penderebbono dall' inquisizion di Spagna. Onde i Legati liberamente significarono al papa queste comuni doglienze, con le quali s'accompagnava uno scoramento universale: dicendo i vescovi, che non avrebbono ardito di formar voce nel sinodo contra i principi secolari, quando si vedeva che questi a Roma il tutto impetravano. Ma fra tanto accorgevansi a costo loro quanto macchinassero la sua propria ruina, mentre sforzavansi di torre al papa molte canne d'autorità per accrescerne ciascuno a se stesso la larghezza d'un dito; come se

a punto i cittadini volessero abbassar la rocca per distribuir que'sassi in alzamento delle private lor case. Ricordavano però i Legati al pontefice, che ove pur la salute di quel ducato avesse richiesta una tale armadura, dovevansi porre gl'inquisitori con dependenza dal tribunale mansueto di Roma, e non dallo spaventoso di Spagna. Fra tanto la città di Milano, oltre alle diligenze fatte col re e col papa, mandò a Trento Sforza Brivio, perchè impetrasse lettere da' due Legati milanesi in aiuto della patria: e sopravvenne anche un uomo della città di Cremona per invocar il favore di tutti i vescovi della ducea: i quali avevano già destinata una lettera comune al pontefice; nè quieti di ciò trattarono e quasi composero con gli altri prelati di porre ne' decreti della riformazione alcune parole che preservassero l'autorità de'vescovi dalla troppo assoluta degl' inquisitori. Ma queste poi furono tolte dal cardinal Morone, per aver egli presentiti i duri ostacoli dell'ambasciadore spagnuolo, e per esserne cessato il novello bisogno; trovandosi che v'era stato più di timore che di pericolo. Imperò che il pontefice al primo

richiamo che udì da Trento, mutò consiglio; e con iterate risposte del cardinal Borromeo sempre mai più chiare, e più ampie, significò, non poter già egli negare l'inquisizione in genere, come conosciuta da tutti e dagli stessi prelati milanesi per salutifera e santa: ma stessero i Legati con sicurtà e in suo nome la dessero a'padri, che non sarebbesi introdotta in quello stato l'inquisizione se non a regola del diritto comune, senza pregiudicio degli ordinarii, e dependente dalla inquisizione di Roma, non di Spagna: e che pur ciò non avrebbe ei fatto se non con tarda maturità, e con udir prima i consigli de' Legati sopra le condizioni. Il che racconsolò i Milanesi, e i vescovi generalmente.

Or mentre durava ancora ne' vescovi questa turbazione, gli articoli della disciplina scemarono a venti (1), come dicemmo, per intento d'accelerare. E furono discussi in alcune separate congreghe, acciò che ad un tempo da molti si ponderassero e si limassero, prima che venissero all'universale assemblea. L'una di queste

(1) Atti del Paleotto.

congreghe tenevasi avanti al cardinal di Loreno, dove intervenivano, oltre a' Franzesi, molti vescovi di Spagna e di Portogallo. L'altre si ragunavano nelle case di due prelati italiani risguardevoli per valore, per fortuna, e per famiglia, si che gli altri non si sdegnassero di questo loro special onore: ed erano Marcantonio Colonna arcivescovo di Taranto, e Alessandro Sforza cherico di camera e vescovo di Parma. Dopo l'esaminazione fatta in esse delle materie, furon di nuovo formati (1) e riformati i canoni e i decreti, e recati a'padri il quinto giorno di settembre, perchè nel convento generale se ne dicessero le opinioni. Fe modeste doglienze il conte di Luna (2), che questi articoli sì racconci si fossero dati a'padri senza prima comunicarli con lui, e intendere se avesse cosa da ricordarvi per servigio del re. Ma i Legati il quietarono con una scusa, che sì come spesso è la più vera di quante si assegnano, così ordinariamente sarebbe la più accettata, se la superbia umana non

(1) Diario e Atti del Paleotto.

(2) Lettera de' Legati al cardinal Borromeo dei 5 di settembre 1563.

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