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corredato del consiglio di tutta la Chiesa, al pontefice solo e sfornito d' un tanto aiuto. I matrimonii clandestini esser contra la giustizia, contra la carità, contra l'onestà, condannati nella Chiesa orientale, e nell'occidentale.

Finironsi di raccorre i giudicii il giorno decimo di settembre: e dividevansi in quattro schiere. La prima negava si fatto poder nella Chiesa. La seconda per diritto contraria sentia, che la Chiesa il potesse, e che di fatto il dovesse. La terza, che il potesse, qualora vi fosse stata sofficiente cagione; ma tal cagione per verità mancarvi. La quarta opinava, che, affermando molti il poter della Chiesa, e molti negandolo, la quistione si riduceva a dogma; nel qual non era convenevole il far decreto con tanta moltitudine di contraddittori. Ma dopo lungo disputare che poi si fece prima della sessione, per poco tutti furon concordi intorno a due punti: nella deliberazione mischiarsi dogma: il dogma esser vero per quella parte che non opponevasi al decreto; avendo veramente questa facultà la Chiesa, ove per altro ve ne fosse degna cagione: in che quasi unanimamen

te conveniano i minori teologi. Onde su 'l fine l'opera si ristrinse all'esaminare, se di vero tal cagione vi si trovasse. Centotrentatre (1) promossero sempre il decreto : cinquantasei gli contrariarono: gli altri si divisero in pareri di mezzo; i quali non sono da annoverarsi e perchè troppi, e perchè ciascuno di pochi. Ed è ciò assai consueto per la vaghezza che hanno gli uomini si d'essere in accordo con due parti grandi, si d'essere accordatori di due parti grandi.

Dopo la materia particolare del matrimonio conveniva di trattar generalmente sopra le riformazioni. Al papa non era molesto che si toccassero nel concilio i principi secolari: e ciò per due fini, amendue i quali andavano a riuscire in uno. Il primo era, perchè essi occupati nella difesa lor propria rivolgessero minor parte delle forze e delle cure in premer la corte romana. Il secondo, perchè conoscessero, che in tutti i luoghi v'ha de'rei usi; che di tutti

(1) Appare specialmente dalla nota delle sentenze ritratta dopo il secondo scrutinio finito a' 23 d'agosto, e registrato nell'ultimo tomo degli Atti di Castello alla pagina 99.

si può dire e si dice; e che se essi ascoltavano gran querele contra i pontefici, anche i pontefici ascoltavano gran querele contra di loro: onde sì l'une come l'altre in parte erano indebite, e prodotte o dalla poca perizia, o dalla non mai finita contentatura de' sudditi; in parte doleansi di mali veri si ma incurabili con leggi, se Iddio non mutava l'imperfetto degli uomini; in parte di mali capaci di curazione, e però degni di provvisione egualmente dall' una e dall'altra banda. Per tanto fin dal mese di giugno il cardinal Borromeo avea scritta a'presidenti una cifera (1) di queste parole: perchè ognuno ci dà addosso in questa benedetta riforma; e par quasi che non s'indirizzino i colpi ad altro che a ferir l'autorità di questa santa sede, e noi altri cardinali che siamo membri di quella; nostro signore dice, che per l'amor di Dio lascino o facciano cantare ancora sopra il libro de principi secolari; e che in ciò non abbiano rispetto alcuno, nelle cose però che sono giuste ed oneste. Ed anche in queste avran

(1) Cifera del cardinal Borromeo a’Legati nel dì 26 di giugno 1563.

no a procurare che non paia che la cosa venda noi.

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Tal era il senso del papa. Con tutto ciò nel caso presente avendolo pregato i ministri spagnuoli che raccomandasse l'indennità del re, gli convenne scrivere ai Legati una lettera di questa (1) forma. Don Luigi d'Avila e il Vargas, oratori del re cattolico appresso di noi, ci hanno fatto instanza che vi scriviamo sopra gli aggravi ch'essi pretendono che siano fatti alla maestà cattolica nella riforma de principi. Noi gli avemo risposto che pensavamo che voi e quelli padri non facessero se non quel ch'è giusto e onesto: e che il concilio era libero, secondo la libertà che lor proprii aveano procurato, e che perciò non gli potevamo dar legge: nondimeno che per l'amor che gli portamo, vi averessimo raccomandate le cose di sua maestà, sì come facemo con la presente, esortandovi ad andar destri, e cercar di compiacergli in quel che si possa far con giustizia e onestà, e con onor vostro e nostro. Ma con questa lettera ne andò alla

(1) Lettera del papa, e del cardinal Borromeo il dì 8 d'agosto, e risposta de' Legati il dì 6 di settembre 1563.

stess'ora un'altra del cardinal Borromeo, che quasi innacquava, e smorzava alquanto del suo vigore, contenendo il seguente capitolo. Quel che sua santità scrive alle signorie vostre illustrissime circa la riforma de principi, s'intende se il conte di Luna le ricercherà, ma non ricercandole, sì come per lettere sue mostra che non sia per ricercarle per non impedire la libertà del concilio, nè anche loro dovranno mostrare di saper cosa alcuna, ma attendere a tirare innanzi con quella libertà e buona intenzione che sin ora hanno fatto. Davvantaggio significavasi quivi, che 'l papa non avea potuto negar quella lettera agli Spagnuoli, perchè era scambie volmente in concordia con l'Avila intorno alla presta conclusion del concilio: ed avea sopra ciò tanto dell'intenzione, e della commession reale, quanto bastava: ma che non era però intenzione sua che i Legati in virtù di quella lettera s'arrestassero da far tutto ciò che per altro giudicassero conveniente.

Essi intesero con allegrezza l'unione coll'Avila, e col re stesso, della quale vedevano già nell'operazioni del conte

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