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dinando, e non la concessione in universale verso ciascuno. Ma non potea dubitarsi che nè il pontefice in quel tempo, nè il sinodo vi saria condesceso. Onde il cardinal Morone, avendo pur dianzi conosciuto in Ispruch, quanto fosse allor necessario di star sollecito al mantenimento della religione in quel sì cattolico principato, consigliò il pontefice, che colà si mandasse un perito e valoroso ministro per ammorzar nel duca e ne' popoli un tal desiderio con la ragione, da che non si poteva soddisfar loro con la grazia. Il pontefice approvò (1) l'avviso, e propose ai Legati d'eleggere il Commendone pratichissimo della Germania. Ma perch'egli non era qui, e la necessità proibiva l'indugio, nè fra' vescovi presenti avevane alcuno la cui prelazione non fosse per avvenire con ragionevole concorrenza, e però spiacenza di molti, sortirono a quell'impresa Niccolò Ormanetti veronese, il qual dimorava colà tra' letterati famigliari del cardinal Navagero, uomo dotto e di paragonata virtù, esperto in simili affari,

(1) Lettera del card. Borromeo a’Legati de'7 di giugno.

sì come colui ch'aveva prestata la sua opera al cardinal Polo, quando si converti l'Inghilterra, secondo che in quel tempo significammo. L'instruzione consegnatagli da' Legati nel sentimento (1) era tale. Che 'l duca di Baviera e i suoi stati avevano sempre conservata la religion cattolica. Che nella passata quaresima per opera d'alcuni uomini principali e turbulenti erasi quivi fatto strepito a fin d'ottener e l'uso del calice, ed altre novità contenute nella confessione augustana. Che il duca per sopire quella perturbazione aveva promesso o d'impetrare a'suoi sudditi il calice avanti la festa di san Giovanni Battista, o di provvedere in altro modo al mantenimento della fede cattolica senza tumulti. Che approssimandosi il fine del tempo, e dubitandosi di qualche innovazione scandalosa e dannosa, mandavasi colà l'Ormanetto con lettere de' Legati, e con Brevi in sua fede scritti al duca dal papa (erano venuti da Roma questi Brevi a' Legati, lasciatovi spazio vano per empierlo col nome del messo), il qual Orma

(1) A'31 di maggio 1563.

netto passando per Ispruch, oltre al ricevere gli avvertimenti del nunzio, ne trattasse con lo Stafilo, e col Canisio teologi del duca, amendue dotti e pii, e confidenti del pontefice. Che giunto al duca gli dimostrasse: quella esser causa comune eziandio agli stati di Cesare e del re cristianissimo, i quali concorrevano in tal petizione: potere il duca però esser certo, che dal concilio e dal pontefice non sarebbe nè trascurata nè prolungata: ma che per altro avendo i prelati del concilio sentita sì gran difficultà verso questo concedimento, non doveva esser di maraviglia che 'l papa durante lo stesso concilio vi andasse a rilente: e ciò tanto più, non potendosi consentire ad uno de' chieditori, e negarsi agli altri. Onde il papa avea riputato per lo migliore rimetter da capo al sinodo la stessa causa. Che 'l duca doveva pigliar esempio dalla pietà e dalla prudenza di Cesare, il qual, tollerando le medesime durezze e lunghezze, s'era contenuto da ogni novità nelle sue provincie. Che quando pure l'impeto popolare s'usurpasse a forza quel rito, conveniva che almeno il duca stesse lungi da prestarvi

l'autorità e 'l volere; se no fomenteria la baldanza e la contumacia de' suoi proprii sudditi, e porgerebbe materia a'seduttori di spargere, che la domanda fosse stata ragionevole, e che a simiglianza di quella fossero anche ragionevoli l'altre ch'eransi fatte sopra diversi capi della confessione augustana, e che però si dovesse fare sforzo per ottenerli: onde questa sua concessione non partorirebbe quiete ne' popoli, ma orgoglio ne'turbatori, scompiglio nella religione, e per conseguente ancora nel governo temporale, che non suol mai rimaner tranquillo fra' rivolgimenti dello spirituale.

L'Ormanetto, ad uso delle persone pesate, che in poco di se si confidano, e a molto riescono, quanto apparve ritroso ad accettar l'inchiesta, tanto fu valoroso in promuoverla, e avventuroso in terminarla (1). E ciò basti di quell'affare.

Giunse a Trento sul finir di maggio (2)

(1) La risposta del duca nel ritorno dell' Ormanetto al pontefice, piena d' ossequio al suo volere, è segnata in Monaco a' 15 di giugno 1563.

(2) Lettera de' Legati al card. Borromeo a' 3 di giugno, e Diario a' 2 di giugno 1563.

Renato Birago, mandato a Cesare dal re di Francia. Fu tosto a visitare i Legati: ed espose loro, aver egli una lettera del suo re da presentare al concilio, al qual doveva scusare in nome di sua maestà la moderna pace con gli eretici. Sapevasi ch'era non meno tra le sue commessioni il trattare, che'l sinodo si trasportasse in qualche città di Germania: onde i Legati, sospettosi di tal proposta, il richiesero che, secondo il costume, avanti al solenne ricevimento desse lor la copia della lettera regia per apparecchiar la risposta: e così egli fece. Ma nè quivi si parlava di traslazione, nè per quanto essi furono sicurati, il Birago volea ragionarne all'assemblea, mostrandosi anche disposto di non farne parola all'imperadore: o perchè i ministri franzesi colà presenti gli avessero dimostrata la impossibilità, e la spiacevolezza insieme della richiesta, o perchè vedesse, non potersi ciò conseguire senza volontà del papa, e del re cattolico, a'quali eran iti in nome del re cristianissimo per quelle stesse faccende il signor d' Allegri al primo, e'l signor d'Oisel al secondo.

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