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E dal trattato con Filippo pendea la speranza della riuscita: bene scorgendosi che, senza una spinta validissima di quel re, il papa mai non sarebbesi mosso a questa mutazione. Per tanto il signor di Oisel gli fe sentire (1) in una scrittura segnata al primo di maggio le miserie della Francia per le diseordie sopra la religione, i danni gravissimi apportati dall'armi senza verun profitto, le necessità che aveano tratta la reina alla pace col parere uniforme de' personaggi più riputati. Ma non perchè fosse cessata la guerra, cessare i pericoli, che, rimanendovi tuttavia le interne cagioni de'contrasti, non ne ritornassero ad ora ad ora i funesti effetti. Altro riparo non conoscersi, che l'usato fruttuosamente in simili casi da tutta l'antichità, ciò era un concilio ecumenico, il quale acconciasse tali dissensioni. Quello che stava raccolto in Trento, a ciò non valere, non essendo egli conosciuto per ecumenico da molti regni cristiani, i quali negavano di avervi parte. Potersi sperar nondimeno, che questi fossero per conve

(1) La proposta, e la risposta è fra le scritture de' signori Borghesi.

nire in qualche città libera di Germania, com'erano Spira, Vormazia, e Gostanza, comode e situate sul Reno. Pregarsi dunque il re cattolico, che, secondo il suo zelo verso la salute comune, e'l suo amore verso il re cristianissimo suo cognato, aiutasse in ciò gli ufficii di esso e con la maestà cesarea, e specialmente col pontefice: il quale in principio non avea dimostrato di star più disposto a Trento che ad altro luogo, e però non avrebbe dovuto esservi restio. Dove ciò non sortisse effetto, sarebbono al re cristianissimo testimonii Dio, e'l mondo, che non avess'egli lasciata veruna industria a ben della religione, e sosterrebbe necessità di provvedere al suo regno con un sinodo nazionale.

Fugli renduta la risposta il nono giorno di maggio in tal contenenza. Sentire il re cattolico sì come sue proprie le calamità della Francia. Esser verissimo che l'unica medicina verso le discordie della religione volea pigliarsi da un sinodo generale. Perciò quando la celebrazione di esso era stata proposta in nome del re Francesco II fratello del presente re Carlo

al re Filippo, egli benchè per se non ne abbisognasse, anzi vi sentisse molta difficultà, nondimeno per servigio del cognato avervi non pur consentito, ma in tutte le più efficaci maniere cooperato presso gli altri principi cristiani, acciò che si congregasse in Trento, com'era di poi avvenuto. E già da molti mesi proceder quivi il concilio con tanto concorso di prelati, con tanto splendore di personaggi, con tanta eccellenza d'uomini risguardevoli per dottrina e per esempio, e con tante ambascerie di principi grandi, che meritava di riputarsi un de❜più frequenti, de'principali, e de' più celebri che già per gran tempo fossero stati nella cristianità. Non potersi dubitare ch'egli non fosse legittimo ed ecumenico, avendolo congregato il sommo pontefice, e con le usate solennità della Chiesa. Nulla a ciò nuocere il mancamento d'alcune nazioni: l'essenza di concilio ecumenico non consister nell'attuale intervenimento di tutti i prelati, e personaggi che hanno il diritto d'essere intervegnenti, ma nell'autorità della convocazione, e nella forma e solennità della publicazione. Ciò che oppone

vano i separati dalla Chiesa a questo concilio, potersi opporre a tutti i concilii ecumenici antichi, ne'quali sempre sono mancati di quelli che potevano, e dovevano convenirvi: onde l'ammetter questa eccezione sarebbe stato un sovvertire generalmente l'autorità di tutti i concilii, si venerabile per ogni tempo nella Chiesa, e base potissima della fede. E che tale era per certo il fine de'traviati: imperò che dopo avere scossa la giurisdizione della sede apostolica, e de' cattolici principi, volevano abbattere anche la podestà dei concilii, e formarsi una libertà esente da ogni tribunale. Che forte maravigliavasi egli di tali opposizioni: e che il difender l'autorità de' veri concilii conveniva principalmente al re cristianissimo per imitazione de' suoi antecessori. A traslazione non doversi applicare il pensiero, essendo il luogo di Trento sicuro, comodo, ed opportuno, eletto già con universale approvazione, e non si veggendo sopravvenuto alcun titolo di variamento: il qual variamento per le difficultà, e per gli ostacoli che interverrebbono a ricongregare i padri, riuscirebbe più veramente a dis

soluzione, che a traslazione, perdendosi i frutti, i quali dal concilio potea sperar tutta la cristianità, e massimamente la Francia. Le città che si proponevano, esser tali che senza dubbio nè il papa, nè molti principi, e prelati vi sarebbono concorsi e debitamente, per le incomodità, pe' rischi, per la poca sicurtà, e per altri riguardi. E questo essere l'intento de'traviati, non che il concilio si celebrasse, ma che si dissipasse. In ciò che dicevasi del nazionale, non poter il re cattolico nè per veruna condizione approvarlo, nè ritenersi di porre avanti al re cristianissimo quel che gli occorreva in affare che tanto montava alla salute e dell'anime, e dello stato, Che avendoci, e procedendo di fatto un concilio ecumenico nelle materie di religione, il celebrarne un nazionale in riformazione special della Francia, sarebbe cosa novissima, e d'evidente scissura nella Chiesa, con pregiudicio della sua autorità, e non senza gran turbamento così universale del cristianesimo, come particolare di quel reame. Veramente aver talora usati la Chiesa i sinodi nazionali, ma per impedimento che a que'tempi vie

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