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tava la convocazione degli ecumenici, Stando questi in atto, sempre essersi rimessi a loro i negozii di religione. Ed ove eziandio ciò in genere non facesse forza, apparirne speciali cagioni per le quali disconveniva allora un tal sinodo nella Francia, veggendosi in quella stagione si diviso il regno, e essendo questa discordia di religione si potente a far alienare ed innacerbire due cuori fra coloro in cui ella cade, con rompere tutti i vincoli umani. Dapoichè in quella nazione s'era yenuto a tanta parzialità e a tanta nimistà, quando si fossero congregate amendue le parti per determinar la materia intorno alla quale ora si forte si contrariavano, certo non potersi quindi sperare pace e tranquillità, ma più disunione, e più confusione. Se in quel concilio nazionale si facessero decreti cattolici, nè otterrebbono autorità presso gli ubbidienti alla Chiesa come se uscissero dall' universale, né sarebbono ricevuti da' traviati, i quali avrebbono color d'opporre, che ne fossero autori gli stessi lor compatrioti nemici. Se per opposito colà sottraesse favorevol decreto verun de' pravilor sentimenti,

vanterebbono in perpetua confermazione di esso quell'assemblea ecclesiastica, e si figgerebbono in più insanabile ostinazione. Che se poi si pensasse in un tal concilio di trovare accordo, considerasse la reina, che ne' punti della fede non ci ha mezzo, e non è luogo ad arbitrio. Essersi sperimentato a quanto danno per addietro fosse riuscita la licenza, e la dissimulazione. L'unica speranza dunque volersi riporre nel concilio generale adunato in Trento e però il re cattolico confortar e pregare il re cristianissimo, e la reina, che in aiuto, e in promovimento di esso rivolgessero ogni industria loro insieme con tutti gli altri cristiani principi, mantenendo l'autorità, e l'ubbidienza della sede apostolica, e procurandone il felice corso appresso il pontefice, il qual era di tanto zelo, e di sì retta intenzione. In ciò che riguardava il buon ordine del concilio, la intera libertà de' padri, e lo spedito processo dell' emendazione, prometter sè tutta l'opera del suo potere.

In tal sentenza fu renduta la risposta da quel religioso principe. Ma non era potuta arrivar di ciò la notizia in Trento

quando vi arrivò il Birago. Ond'egli, sospendendo il trattar della traslazione, e solo intento all'altra parte de'suoi ufficii, prese udienza dal convento il di secondo di giugno (1), e fu letta dal segretario l'epistola regia (2). Conteneva ella in brevità ciò che più ampiamente di poi espose il messaggiero (non aveva titolo d'ambasciadore, benchè per ambasciadore fosse trattato), a cui la suddetta epistola richiedeva i padri che prestasser credenza. Appresso, ragionò egli con una faconda orazione. S'argomentò di mostrare, che mera necessità aveva costretto il re, e la reina sua madre a stabilir quell'accordo, quando dalla guerra niente s'era tratto se non pertinacia degli eretici, offese della religione, travagli de'cattolici, disprezzo del principe, effusione d'infinito sangue civile, uccisione d'incliti personaggi, disolazione del paese, e frequentissime ingiurie dell'onor di Cristo, e della sua legge: là dove speravasi con la pace dover rinvigorire la podestà, e la dignità del re, rifio

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(1) Tutto sta diffusamente negli Atti di castello

al giorno secondo ed al quinto di giugno.

(2) Segnata in Ambois a' 5 d'aprile.

rire la carità, e le altre virtù compagne di essa ne'sudditi, e cessandovi l'odio, la gara, e l'ostinazione, darsi luogo alla verità, e ritornare il conoscimento della retta fede. In tal fede, e nell' ubbidienza della sede apostolica voler le maestà loro viver e morire. Al dilatamento di essa fede richiedersi in primo luogo, che si purgasse de' mali usi la Chiesa: e per ogni tardanza in ciò scemar efficacia al medicamento. Pregar dunque il re cristianissimo i padri a terminare con un degno, e presto fine il concilio.

Erasi lungamente premeditato della risposta, non volendosi ne offendere l'oratore e 'l suo principe, nè comprovare o scusare in qualsifosse eziandio tacita forma quella convenzione, che lasciava l'impietà senza freno: contro a che sapevasi che gli Spagnuoli principalmente avrebbon pugnato con parole di fuoco, all' accendimento del qual fuoco si congiugneva per avventura coll'ardore del zelo quel dell'emulazione, I Legati s'avvisaron che il meglio fosse rispondere senza rispondere. E per andare a sicuri passi, avanti tenner consiglio della maniera precisa coi

cardinali di Loreno e Madruccio, con gli ecclesiastici oratori cesarei, e co'vescovi di Premisilia e d'Agosta ambasciadori l'uno di Pollonia l'altro di Savoia, ma senza parlarne con gli ambasciadori secolari: affinchè dall'un lato non si ponesse in costume di chiamar gli estranei a si fatte deliberazioni, dall'altro la proposta innanzi di comparire fosse armata coll' autorità delle maggiori persone pubbliche, e perciò sicura degl'intoppi. Il tenore da lor conceputo, e dall'assemblea comprovato fu questo. Il sacrosanto sinodo ha udite le cose che nelle lettere del re cristianis simo sono contenute, e che dalla signoria vostra sono state recitate, alle quali perchè fa bisogno di maggior considerazione, darà risposta a suo tempo.

Mostraronsi gli oratori francesi nulla appagati di questa forma, la qual negava più veramente che rendesse la risposta. Nondimeno i presidenti speravano, che non fosse per caler loro d'averla poscia in altra special contenenza, da che presentivano di non poterla ricevere se non peggiore. Ma ciò non avvenne: imperò che riputarono essi, che saria rimasta o vili

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