Immagini della pagina
PDF
ePub
[ocr errors]

tentrionale scendendo dal Monviso, e passando nel villaggio di Paesana, non è possibile di scendere al piede che tocca la pianura: onde per arrivarvi è d'uopo fare un giro, guadagnar la valle di Po, e passare a s. Front, Martiniana, e Revello, ovvero voltar verso Barge, e di là scendere nella pianura alle rive del gran fiume Po. In questa maniera i galli valicarono alpi inaccessibili, invias alpes, e si trovarono nei boschi taurini, dove furono poi edificati il monastero di Staffarda, Cardè, Villafranca, Moretta e Pancalieri, luoghi che senza dubbio appartenevano ai popoli taurini. Che in quell'estensione di paese vi fosse qualche foresta chiamata dai latini saltus taurinus, è troppo più probabile ; mentre nei tempi nostri verso la metà del secolo xvi nei contorni di Staffarda ne restava ancora una parte notabilissima II Denina in questo tratto della sua storia dell'Italia occidentale dilungasi dal vero. Nato egli in Revello, distinto borgo della valle del Po, si fece ad accarezzar l'opinione che i due grandi conquistatori Belloveso ed Annibale sieno discesi in Italia pel monte Vesulo, e abbiano visitato la sua terra natale. Ma per riguardo al gran conquistatore cartaginese noi crediamo di avere già dimostrato sino all'evidenza esser egli passato pel Monginevro. Vedi vol. XI, pag. 92 e seguenti. In quanto alla venuta dei Bellovesani riferiamo ciò che ne credono storici di chiara fama. Mentre eglino accingevansi all'italica impresa, seppero che una colonia di stranieri era giunta per mare alle foci del Rodano, e che stabilitasi colà fondava la città di Marsiglia: seppero eziandio che quegli stranieri volendo estendersi nel paese, vi incontravano forti ostacoli dal canto de' liguri Salluvii, i quali tenevano le circostanti regioni. Quella colonia fondatrice di Marsiglia era venuta da Focea città dell'Asia Minore. Desiderosi i galli di avere da questi Focesi un soccorso contro i medesimi Salluvii, cui credevano avversi al meditato loro passaggio in Italia, si u nirono ad essi e li ajutarono fintantochè, domati i loro oppositori, poterono gli stessi Focesi allargarsi a loro piacimento, e fortificarsi nei luoghi vicini. Vedi Nizza Marittima, vol. XI, pag. 840.

Appena che la colonia di Focea si trovò bene stabilita e fortificata in Marsiglia e nelle contermine terre, nè più ebbe

[ocr errors][ocr errors]
[ocr errors]

a temere dal canto dei liguri Salluvii, Belloveso marciò coi suoi galli verso il Delfinato, e pel varco più vicino e più breve che per l'addietro non era stato mai attraversato da verun esercito giunse alle taurine alpi, e pel Monginevro per le valli di Barcellonetta e dello Stura discese nelle taurine pianure. Così Belloveso insegnò ai posteri lo sconosciuto sentiero del Monginevro, ugualmente noce vole ́all'Italia ed alla Gallia, giacchè per la medesima via i galli scesero ad occupare agli italiani la Cisalpina, e gl'italiani salirono a soggiogare la Gallia.

Sopraffatti i taurini non ebbero nè il tempo, nè i mezzi da opporsi efficacemente a tante galle soldatesche, le quali stando contente a provvedersi di vettovaglie nel nostro paese, senza dare agli abitanti alcun grave disturbo, affrettarono la loro mossa da ponentc a levante insin al Ticino, ove ruppero un grosso corpo di Etrusci ch'era venuto incontro ad esse, e valicato quel fiume, lo sbaragliarono ancora per modo, che a pochi di quegli etrusci venne fatto di ricoverarsi nelle Retiche alpi. I vincitori si stabilirono nell'Isubria che allora si estendeva dal Ticino all'Adda, e vi fondarono Milano.

Cinquant'anni dopo i Cenomani che abitavano tra la Senna, e la Loira il paese or detto del Maine, risolvettero di venire in Italia sotto la scorta di Clitovio ad unirsi agli alti galli già qui dimoranti. I taurini, che furono avvertiti per tempo della marcia di questi Cenomani, opposero tale resistenza al loro discendere fra le alpi, che Belloveso quantunque già si trovasse in età, molto avanzata, ciò non di meno vi venne personalmente ad ajutarli, e a sgombrar loro i varchi pericolosi. Da questo fatto per altro non nacque alcuna grave contesa tra quei galli ed i taurini.

Belloveso, affinchè i nuovi venuti non turbassero le sedi di quelli ch'erano giunti prima, li fece passare oltre l'Oglio, nel Bresciano, e nel Veronese, donde essi, dopo lunghi contrasti, espulsero gli Etrusci e gli Umbri che ancora vi erano rimasti, Livio lib. 5. Colà fabbricarono Vero, Verona: Giustino, Tolommeo ciò affermano. Anche Brescia venne dai Cenomani fondata. Poichè riuscirono felicemente le spedizioni. dei Bellovesani e dei Cenomani, anche i Salluvii vollero

tentare un'irruzione in lontano paese: ed unitisi ai Voconzii loro clienti mossero verso la nostra contrada. Questi Voconzii erano Liguri d'origine non men che i Salluvii, come apparisce da una lapide trionfale riferita dal Grutero, ed anche da noi già rapportata.

e

Non si ha memoria che questa spedizione dei Salluvii dei loro clienti abbia ritrovato presso i Taurini popoli alcuna resistenza: l'antica comune origine avrà conservato tra essi Ja nazional colleganza: diffatto quegl'invasori cacciarono di là dall'Orco i Lai, che a quel tempo, forse per ragion dei confini, eran nemici alla taurina gente; ed indi si avanzarono ad occupare il Vercellese, il Novarese; ed il Pavese, ritenendo i nomi di quelli che già vi dimorarono, cioè di Libici, Levi e Marici. Polibio lib. 2. I Salluvii che si stabili rono in riva del Sesia, vi fondarono Vercelli. I Vertacomacori, ch'eran una grossa tribù de' Salluvii, fondarono Novara in sull'Agogna.

Dopo i Galli bellovesani, Cenomani, Saluvii, o, Salluy, o Salii, si mossero a invadere l'Italia i Boi insieme coi Lingoni ed Anani loro aderenti. 1 Boi tenevano il Borbonese : Cesare lib. 7, cap. 9 e 11. Essi non erano alleati dei taurini, e perciò ne fuggirono lo scontro passando pel Lionese, per la Svizzera, e la valle d'Aosta, e battendo la via segnata negli antichi itinerarii. Si recarono direttamente al Ticino, ed oltrepassato questo fiume, fermaronsi nel Milanese tra il Lambro ed il Muzza. Ma siccome eglino crescevan di numero, e vedevano essere troppo angusto quel distretto per potervi dimorare con loro comodo e vantaggio, travalicarono il Po di qua dall'influente Adda, e presero stanza nel Piacentino; se non che presto abbandonarono quella situazione agli Anani loro clienti ; ed insieme coi Lingoni, ch'eran venuti dal paese di Langres e di Digione per agevolarne l'italica impresa, mossero ad occupare il Parmigiano, il Modenese, il Bolognese; Livio lib. 37, cap. 57; e furon essi appunto che alla città di Felsina diedero il nome di Boionia, per eufonia chiamata Bononia, e poi Bologna. I Lingoni mossero lungo l'Adriatico, e si fermarono tra i due fiumi SilJaro e Montone.

A questo tempo i taurini e gli altri liguri situati nelle

[ocr errors]

circostanti regioni, vivevano fra loro in buon accordo, tranne in alcuni casi, in cui nasceva qualche dissensione fra essi per cagione dei limiti dei proprii distretti: eran eglino perciò temuti da tutti, paventando di nessuno; godettero per molti anni una tranquilla sicura pace; perocchè la parte orientale dell'Italia non ponea mente ai loro affari; i contigui Etrusci non tentavano di riacquistare il perduto per non perdere quanto avean potuto conservare; e la romana repubblica benchè avida d'impero, possedendo solamente una parte del Lazio, ristretta in mezzo a due ragguardevoli potenze, poteva appena schermirsi dai Volsci, dai Vejenti dai Rutuli e dai Fidenati; e quando le mancavano nemici esterni, lacerava se stessa con le intestine e sanguinose discordie dei plebei contro i patrizii, e degli armati contro i togati. Ma mentre quella repubblica incominciava pure ad alquanto respirare sotto le piccole palme, raccolte sulle terre di quei vicini, spesso da lei vinti, ma non mai oppressi, un nuovo incidente partorì ai romani una grande calamità, ed ai nostri gallo-liguri una fama non peritura. La rinomanza delle conquiste dei Galli in Italia, e principalmente dei Senoni, che, come s'è detto, già erano venuti con Belloveso allettarono, gran tempo dopo, una maggior moltitudine di Senoni a discendere eziandio nel nostro paese: abitavano essi ad ostro de' Parisii un ampio territorio estendentesi fino al sito, ove il Jonne mette capo nella Senna: essi avevano per capitale il luogo di Sens. Livio tace le circostanze di questa gallica invasione, e solo ci lascia scorgere ch'essa fu posteriore di ducent'anni alla prima di Belloveso; ma da quanto riferisce Diodoro Sicolo lib. 14, si può stabilire più precisamente che i Senoni vennero in Italia quattro secoli avanti G. C. Condotti da Brenno loro ferocissimo re scesero dalle nostre alpi, e cuoprirono in grande numero le subalpine campagne: i Taurini, ben lungi dal far loro una gagliarda resistenza, cortesemente gli accolsero come ospiti, persuadendoli di andarsene e cercar nuove sedi nelle provincie contigue a quella dei miseri Etrusci, come gli altri avean fatto; i Senoni accolsero assai bene il consiglio vedendo che i Taurini erano assai forti, ma che il loro territorio non era atto a porgere i comodi della vita a un si 2 Dizion. Geogr. ec. Vol. XXII.

grande novero di gente sopravvenuta: sen partirono adunque dalle nostre terre, e trovando già occupate da' lor o connazionali le regioni circumpadane, dovettero passar oltre sino al mare Adriatico, al dissotto delle foci del Po, e cacciare di là i rimastivi Etrusci e i numerosi Umbri: si tennero poi fermi sull'Appennino, ed al paese posto di qua e di là da esso conservarono il nome di Umbria.

Qualche tempo dopo, un Aronte, ch'era arconte degli Etrusci, e a cui un Lucumone, o governatore di Chiusi, inclita città della Toscana mediterranea avea rapita la bellissima e pudica moglie, ed oltraggiatane l'onestà, invitò Brenno re o capo supremo dei Senoni a stringere d'assedio quella importante piazza, e per ottenere il suo intento, mandando ad offerirgli un donativo delle più squisite frutta, e dei più dolci generosi vini della sua patria, gli fe' sapere che Chiusi era stata nobilissima sede di celebri monarchi, nè trascurò di farlo render certo che non sarebbegli mancato l'ajuto suo e di altri molti cittadini, stanchi dell'imbelle governo di un effeminato Lucumone. Così Aronte non potendo conseguir che la patria lo vendicasse del gravissimo oltraggio ricevuto, cercò contro la patria una vendetta fierissima. Molto volentieri accettò Brenno il non aspettato invito, ma di causa privata giudicando di farne causa pubblica, chiese il soccorso delle provincie della cisalpina, e si pretende, e non è improbabile, che anche un buon nerbo di taurine soldatesche sia accorso sotto la direzione d'un generale consiglio dei confederati, e sotto la condotta di Brenno a quella memoranda impresa.

Secondo il calcolo di Varrone, Onufrio, Plinio, Eutropio, e Saliano correva l'anno 364 dalla fondazione di Roma, 388 avanti la nascita di G. C., quando Brenno comparve con l'esercito collegato sotto le mura di Chiusi. Gli Etrusci pur risoluti di non lasciare in preda a' Galli le viscere del loro paese, ma sconfidati delle proprie forze, chiamarono in ajuto i Romani, già capitalissimi nemici, ma in quel tempo se non confederati, almeno benevoli: i Romani saggiamente preferendo la pace ad una guerra contro popoli tanto agguerriti, facendosi piuttosto mediatori che partigiani, invece dell'ajuto agli Etrusci, mandarono oratori a' Galli, pregandoli

C

« IndietroContinua »