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celse dell'animo nel tempo in cui ella s'era soffermata a Torino in compagnia del re Lottario primo di lei consorte, che per la perfidia di Berengario morì avvelenato in questa città. Ottone, a cui già era ben nota la buona e franca indole dei Torinesi, che già si erano mostrati e mostravansi tuttora affezionatissimi alla novella sua consorte, da lui tanto amata, e si erano profondamente rammaricati delle angoscie da lei sofferte, promise che sarebbesi recato nella loro patria, disposto a farle quel maggior bene che per lui si potesse; e al certo attenne la data parola, perocchè il Baldessani asserisce, e prima di lui affermarono altri scrittori, che Ot tone venne veramente a Torino, cominciò concedere a questa città ed alla sua chiesa ragguardevoli privilegii, e poi, sapendo come i Torinesi già sin dal tempo di Amulo loro vescovo avean palesato la ferma risoluzione di vivere alla foggia dei liberi comuni, per compiacerli ben volle stabilire nella loro città una nuova forma di governo. Dispose che questo municipio fosse regolato da due sindaci col titolo di consoli, che ogni anno si eleggevano, e da parecchi consiglieri su balterni; vi ordinò tre consigli, generale, particolare, e quello della credenza; il generale per le consultazioni e delibera zioni politiche, ed anche per l'elezione dei pubblici uffiziali; il particolare per l'amministrazione della giustizia, e la credenza per gli affari quotidiani, e per gli emergenti repentini. Lasciò al municipio la sua libertà, salvo il giuramento di sudditanza ed il tributo; il giuramento prestavasi nelle mani del vescovo o del legato imperiale; il tributo consisteva in certa provvigione di frumento e di strame alla venuta dell'Imperatore: vi ordinò pure le cose della milizia, scegliendo i migliori uomini, e ponendoli sotto il comando di valenti uffiziali cittadini.

Dalle anzidette cose ben può dedursi non esser vero, che dall'imperatore Ottone I la città di Torino fosse sottomessa ad Aleramo, primo conte e poi marchese del Monferrato, come alcuni scrissero, col fondamento del famoso diploma Ottoniano del 967, il quale fu da essi o male inteso, o letto su di una copia interpolata. Ed invero in quel secolo niun marchese di Monferrato signoreggiò la città di Torino e il territorio di essa: egli è certo che Manfredo conte

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marchese di Torino non avrebbe lasciato pregiudicare all'antico suo possedimento senza far guerra; ed il marchese di Monferrato non avrebbe poi sofferto senza venire ad osti→ lità, che Torino passasse con l'eredità di Manfredo ad Umberto di Savoja per le nozze di Adelaide; e di que' tempi non si conoscono guerre de' marchesi di Torino con quelli di Monferrato: si arroge che lo stesso Ottone I quattro anni dopo quella investitura, diede novella forma al torinese municipio, e confermò al nostro marchese Manfredo i suoi possedimenti; e non era compatibile ad un tempo il possesso del marchese di Torino con quello del marchese di Monferrato sopra la medesima città. Anzi egli è certo che all'epoca degli Ottoni, e di Enrico e Corrado che loro succe dettero, tra il Monferrato e la città di Torino giaceva il territorio di Pulcherada, proprio dei marchesi di Torino. E finalmente, se in quella investitura di Aleramo son nominate altre città, che mai non furono comprese nel Monferrato, così l'essere rammentata Torino in quella investitura, non prova che Aleramo siane stato signore.

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Quel che si sa di certo a questo riguardo, è che l'imperatore Ottone 1 avendo vinto Berengario (963), e fattolo condurre prigione in Germania, il marchese Aleramo a lui si volse, e pel favore dell'imperatrice Adelaide pervenne a conseguire il ridetto celebre diploma del 967, che gli confermò il titolo di marchese, e tutti i beni ereditati da' suoi parenti, o da lui medesimo acquistati tanto nelle contee di Acqui, Savona, Asti, Monferrato, e nei contadi di Torino, Vercelli, Parma, Cremona e Bergamo, quanto nelle altre parti dell'italico regno, e ad un tempo egli ebbe la donazione di se'dici corti ivi nominate, ed esistenti tra l'Orba ed il Tanaro, e nel ligustico litorale; e ciò in rimunerazione della sua fedeltà ejus fidelitatem considerantes.

Ottone II già eletto re della Germania, e coronato imperatore da Gioanni XIII, succedette al padre nel 973, e fu distinto col soprannome di Ottone il Rosso. Quetati alcuni 'tumulti nella Germania, è finita una pericolosa guerra col 're di Francia, egli calò in Italia, e pretendendo la sovranità del mezzogiorno della medesima, dovette sostenere terribili lotte, nelle quali ora soggiacque ed or ebbe prospera la

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sorte; ma nell'istante in cui meditava una grande impresa, la morte troncò i suoi disegni (an. 983). Se più lungo fosse stato il suo vivere, ei prometteva di uguagliare la gloria del padre, avendo in più scontri mostrato che non gli mancava nè il coraggio, nè il senno.

Ottone III, che ne fu il successore, non potè per più di dodici anni rivolgere la sua attenzione all'italico regno; ed in questo frattempo l'Italia fu govornata a talento qua dai suoi conti o marchesi, e là da' suoi vescovi: i Greci continuarono le loro conquiste, i Saraceni i loro guasti, e Roma si sottrasse al dominio degl'Imperatori. Ma finalmente Ottone I si mosse alla volta dell'Italia, e giunto a Ravenna seppe la morte di Giovanni XV accaduta nell'anno 996. Propose egli per supremo Pontefice un signore alemanno suo parente per nome Brunone, che sollevato alla cattedra di s. Pietro, assunse il nome di Gregorio V, ed ornò la fronte ad Ottone Il col diadema imperiale.

Nessuna rivoluzione non ebbe giammai un'influenza più distinta sul carattere di una nazione, sulle sue costituzioni, e sui futuri suoi destini, quanto quella che esercitò sugl'ltaliani l'unione delle due corone dell'Alemagna e dell'Italia: si è, dice il Sismondi nella sua storia delle repubbliche italiane, alla munificenza e alla politica degli Ottoni che le città andarono debitrici dei loro istituti municipali: fu la lontananza della corte che diede agl'itali municipii l'abitudine di governarsi indipendentemente; fu al fine dopo essersi estinta la famiglia degli Ottoni, che le guerre tra i Principi, i quali si disputavano la corona, avvezzarono gli abitanti delle italiche città a maneggiare le armi, ed a combattere sotto le loro proprie bandiere. Ottone 1, di tutti i partiti, a cui poteva appigliarsi nel governo de' suoi stati elesse il più moderato e il più generoso: lasciò alle città i loro conti; non ristrinse formalmente tutte le loro prerogative, ma incoraggiò i cittadini a farlo e ad estendere le loro immunità; e per frenare in certo qual modo la licenza dei cittadini medesimi, diede i feudi più importanti agli alemanni od a' personaggi che gli avevaano dato prove di somma devozione.

Ma allorché Ottone I permise alle città di avere una più

larga amministrazione, esse rigettarono i già vigenti statuti settentrionali, e cercarono di ordinarsi sul modello delle colonie romane, per quanto lo comportava la loro imperfetta cognizione della storia; e sotto i brevi regni degli Ottoni II e III cominciarono allargare i loro privilegi, ed a reggersi a popolo. Quanto fiero ed eziandio crudele si mostrò Ottone III contro quelli che a lui si ribellarono, altrettanto fu benefico e benigno verso i suoi fedeli. Ed è perciò che i Torinesi provarono gli effetti della sua munificenza; sì perchè aveva egli avuto belle prove delle milizie di Torino in varie fazioni da lui sostenute nell'Italia orientale, e sì perchè fu informato da Eriberto e da Anardo principali suoi consiglieri della fedeltà dei vescovi di Torino Annucone, ed Amisone, mentre gli altri principi e prelati della Lombardia erano avversi all'impero germanico. Ed è perciò che questo Imperatore con suo die ploma dato in Pavia, alle calende di settembre dell'anno 998, concedette all'episcopio di Torino la proprietà ed il possesso della valle di Stura, e di quella di Varaita, e molte altre terre e castella, fra le quali son nominate Chieri, Canova, Celle, Testona, Rivoli e Carignano. Colla morte di Ottone Ill si spense, l'anno 1002, la casa regnante di Sas

sonia.

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XVIII.

I marchesi di Torino Arduino III detto Glabrione, Manfredo I,
Olderico Manfredo II: condotta di quest'ultimo verso Arduino
marchese d'Ivrea eletto Re d'Italia.

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Per rispetto ai marchesi di Torino il cronografo novalicese riferisce che il marchese Arduino Glabrione, il quale, come s'è detto di sopra, ricevette nell'anno 950 con grandi feste in Torino il re Lotario, ed ebbe da lui le rendite dell'abazia di Breme, discendeva da un conte d'Auriate per nome Roggerio, o Ruggero, il quale era figliuolo di un gentiluomo francese chiamato Arduino, e veniva in Italia con un suo fratello, che portava il nome del padre, entrambi accompagnati da un loro vassallo chiamato Alineo: scacciati que'due gentiluomini dai loro castelli, e dalle avite

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loro possessioni per la malvagità di un nemico, che perseguitavalis a morte, si rifugirono nella nostra contrada circa. l'anno 878, mentre la marca di Torino era governata dal conte Suppone: subitamente cercarono un asilo in Auriate, di cui era conte un Ridolfo, che già trovandosi inoltrato nella vecchiezza, e non avendo alcuna prole dalla sua consorte, sebben fosse questa nel fiore degli anni, concepì un grande affetto per l'anzidetto Ruggiero, il quale era veramente fornito delle più amabili doti; ed inviollo a Pavia, perchè ivi lo rappresentasse nei parlamenti tenuti dal Re d'Italia. Ruggiero fuvvi molto bene accolto dal Re. Di Arduino fratello di lui nient'altro si sa, fuorchè sen rimase in Auriate servendo Ridolfo in qualità di cavaliere.

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Il conte Ridolfo sentendosi venir meno le forze, chiamò a sè l'ottimo Ruggiero, e notificandogli che lo destinava a succedergli nel dominio di Auriate, dopo la sua morte, gli diede varii preziosi oggetti da presentarsi al Re per averne l'investitura, la quale fu poscia da lui ottenuta senza difficoltà, mediante i buoni uffizii della Regina. Ruggiero non molto dopo la morte di Ridolfo, diede la mano di sposo alla vedova contessa, e pigliò tranquillamente il possesso della contea in sul principio del secolo x. Da suo consorte ebbe due figliuoli: al primo di essi diede il nome di Arduino, che era quello del suo padre e del suo fratello, e volle che il secondo fosse come lui denominato Ruggiero. Il primogenito adunque fu l'anzidetto Arduino III marchese di Torino, che ritenendo la contea di Auriate venne a possedere la marca torinese; locchè non accadde prima dell'anno 929, in cui già dicemmo come il marchese Adelberto accolse tanto onorevolmente in Torino il Re Ugo, nè dopo il 950, in cui lo stesso Arduino III vi ricevette il re Lotario. Pare che questo Arduino fosse investito della torinese marca prima del 946, negli ultimi anni del regno di Ugo. Una delle prime cure di Arduino III, dacchè ebbe l'investitura di questa marca, fu quella di ristaurare la valle di Susa che per l'irruzione de' Saraceni era rimasta vuota d'abitatori e incolta. Per tutto ciò che fece il nostro marchese a vantaggio di quella valle, ed eziandio perch'egli ottenne la badia di Breme in ragion di commenda, il cro

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