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che da questo nascesse davasi agli ecclesiastici

tare lo stesso stile. Il minor male era lo stimolo e la tentazione che di guadagnarsi con vile servitù la protezione delle persone della corte per ottener poi col favor loro le investiture. Ciò non di meno passarono parecchi anni senza che i semi di discordia, i quali per questa ragione, e per le incomportabili dissolutezze e violenze di Arrigo già esistevano, finalmente scoppiassero a guerra manifesta fra la Santa Sede e la corte di Germania, e si alzasse bandiera spiegata fra i due partiti. Correva l'anno 1076, quando Gregorio VII più non dubitò di fare il gran divieto sopra le investiture, che fu dal canto suo quasi il segnale della battaglia. Arrigo, travagliato allora dalla guerra, non potè farne subito la vendetta che macchinava; ma guari non andò che spedì un suo messo al Papa per intimargli imperiosamente di deporre la tiara. Gregorio VII, irritato da cotale ambasciata, e risoluto di prevenire il nemico, fulminò contro Arrigo le più terribili scomuniche, lo dichiarò scaduto dal regno, e sciolse i suoi sudditi dall'obbedienza e fedeltà; primo esempio che in somiglianti casi i successori di Gregorio VII credettero di poter seguitare, e che fu larga sorgente di scandali e di scompigli ne' tempi avvenire.

A malgrado dei fulmini lanciati dal Vaticano contro di Arrigo, i vescovi di Lombardia per la maggior parte aderivano ancora all'Imperatore, perchè da lui più che dal Pontefice o speravano utili privilegi nel temporale, o temevano d'essere spogliati di quelli che già godevano. Oltrecchè parecchi di quei prelati, e principalmente gli arcivescovi di Milano Vido, o Guidone Valvassoro, e Gottifredo Castiglione installati o intrusi nella loro sede pel favore imperiale ordinariamente comprato con grosse somme di danaro, trovavano maggiore sicurezza in tale appoggio che nell'autorità del Papa fortemente contesa dagli emoli antipapi elevati al soglio pontificale dall'Imperatore medesimo. Solamente il vescovo di Torino e gli altri vescovi delle diocesi situate nei dominii dei marchesi di Torino si mantennero divoti partigiani di Gregorio VII, gli uni per proprio sentimento, e gli altri ritenuti dalla contessa Adelaide, la quale nel tempo medesimo si adoperava di buon accordo.

con la contessa Matilde protettrice dichiaratissima di Gregorio, e molto possente nella bassa Lombardia e nella Toscana. Frattanto i popoli della Germania, che conoscevano più davvicino i detestabili vizii di Arrigo, e ne sopportavano gli atti tirannici, già senza lo stimolo delle minaccie papali, e senza motivo alcuno di religione, pensavano al modo di liberarsi da così indegno Re. E quando intesero la sentenza pronunciata dal Papa, molti dei principi tedeschi, congregatisi in Triburia, proposero tra loro, e minacciarono apertamente di deporre Arrigo, dove fra il termine di un anno non soddisfacesse al supremo gerarca, e non mutasse costumi. S'andò schermendo e scusando il meglio che potè l'astuto principe, ma vedendo crescere di giorno in giorno il numero degli avversarii, e temendo che il Papa medesimo invitato personalmente alla dieta, andasse a portargli l'ultimo colpo, risolvette di venirlo a trovare in Italia per farsi prosciogliere dalla scomunica prima che spirasse il tempo che gli era prescritto. Egli adunque prese il cammino verso la Borgogna, perchè da' suoi nemici gli era impedita la via di Trento. Di questo viaggio di Arrigo ne fu fatta consa pevole la contessa di Torino, la quale, sebbene il Papa Gregorio VII le scrivesse lettere molto onorifiche, sperando di averla in tutto favorevole; ciò non di meno ella seppe in queste controversie osservare verso il Re suo signore e suo genero tutti gli uffizii che alla sua dignità ed alla parentela si richiedevano. L'illustre Adelaide adunque insieme col suo figliuolo Amedeo II andò ad incontrare Arrigo in Tarantasia, ove nella rocca Sevino lo accolse con ogni dimostrazione di onore; ma profittò dell'opportunità per addimandargli la cessione di cinque vescovadi. La domanda fu assai poco gradita al Re tedesco, che non era punto trascurato negl'interessi suoi: costretto per altro dalla necessità a far prontamente quel viaggio, in vece di cinque distretti o diocesi che gli si domandarono, ne cedette ad Adelaide e al di lei figliuolo Amedeo un solo, che secondo alcuni scrittori, era il Bugei vicino alla Savoja.

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Lamberto di Scafnaborgo autore contemporaneo chiama Civis Sevino o rocca Sevino, in francese Sevins. Struvio lo interpretò malamente per Civois; altri lo credettero Vevey;

il Muratori credette che fosse Chivasso, e il Denina opina che il luogo di cui qui si tratta non fosse altro che il Montecenisio, Moncinis. Checchè di ciò sia, vero è che la nostra Adelaide ricevette Arrigo ne' suoi stati con quella magnificenza, che la rozzezza del secolo comportava. Ella poi, e il conte di Torino suo figliuolo, vollero tenergli compagnia sin dove trovavasi il papa Gregorio VII ed impiegare i loro uffizii per ottenergli l'assoluzione. Andò infatti il Re a Canossa, dove con incredibili prove d'umiltà e di pentimento ottenne di essere ribenedetto dal Papa, il quale nella lettera di ragguaglio indiritta ai principi d'Alemagna, scrisse d'aver prosciolto e ricevuto il Re nel seno della chiesa a richiesta, ed interposizione specialmente dell'abate di Clignì, di Adelaide contessa di Torino, e di Matilde contessa di Toscana.

Ma questo accordo tenne assai poco. Arrigo che vi si era condotto per necessità e con simulato ravvedimento, fu anche stimolato a violarlo dalle querele che ne fecero i Lombardi, sdegnati altamente e scandalezzati della strana comparsa ch'egli fece a Canossa. Pertanto si sparse allora la voce, che sotto colore di un nuovo colloquio, Arrigo abbia tentato di aver nelle mani per tradimento il sommo Pontefice, il quale avvertitone e scortato sempre con somma cura da Matilde, se ne tornò a Roma più sollecito e inquieto che non ne era partito. S'era frattanto dato principio in Ale-magna alla dieta di Forchein, intimata l'anno avanti, ed a cui doveva trovarsi Arrigo per render ragione della sua condotta ai principi sollevati contro di lui. Il Papa vi mandò suoi legati; ed Arrigo ostinatosi a non comparirvi, fuvvi deposto, ed in sua vece fu eletto Re Rodolfo duca di Svevia. Nacque perciò in Germania la civil guerra, che fu molto atroce, e per cui si sparse molto sangue, finchè vinto ed ucciso in una campale battaglia l'emolo suo, ritornò Arrigo col suo vittorioso esercito in Italia nel 1081, e mosse alla volta di Roma. Per buona sorte la marchesana Adelaide volle accompagnarlo alla capitale dell'orbe cattolico; ella dovette essere testimone dell'iniquo modo, con cui si mise a perseguitare Gregorio; ma infine siccome era riverita e temula da Arrigo non tanto qual suocera, quanto perch'egli

sapeva ch'essa teneva ferme nelle sue mani le chiavi dell'Italia, quantunque perduto avesse i suoi due figliuoli Pietro I nel 1078, ed Amedeo nel 1080, potè finalmente ottenere che quel tristo Re di Germania si pacificasse col Papa e liberasse s. Benedetto abate di s. Michele della Chiusa, e Viberto abate di Fruttuaria, cui egli aveva fatto prigioni e conduceva con seco, perchè avevano sostenuto con tutti i mezzi ch'erano in loro il sommo Pontefice nelle gravi angustie in cui egli s'era trovato.

Nell'anno in cui Amedeo II era tolto ai viventi, Adelaide otteneva che Arrigo investisse della marca di Torino il suo genero Federico di Mombeliard, perchè Umberto Il figlio di Amedeo II trovavasi ancora in tenera età: si fu per ciò che il marchese Federico in quel medesimo anno assistette in Torino ad una solenne sentenza cui pronunciò il Legato pontificio intorno alla giurisdizione, che la Digionese abazia potesse avere su quella di Fruttuaria in Piemonte. A tal sentenza o placito furono eziandio presenti l'illustre Adelaide, la sposa del marchese Federico, cioè Agnese II figliuola di Pietro I.

Durante il tempo, in cui Federico governava la marca di Torino, succedevano le furiose guerre di Arrigo contro la contessa Matilde, grande sostenitrice della causa pontificia, contra Roberto Guiscardo principe de' Normanni, che liberava il Papa da lui assediatò in castel s. Angelo, contro il duca di Svevia, e contro i Sassoni che se gli erano ribellati. Il marchese Federico, ch'era congiunto della contessa Matilde, e come lei sosteneva possentemente le ragioni del romano Pontefice, morì, dopo undici anni di regno, nel dì 29 di giugno del 1091; e gli succedette presto nel governo della marca torinese il figliuolo Pietro, ch'egli ebbe dalla con-sorte Agnese II.

Adelaide che nell'anno precedente aveva riedificato lo scaduto monistero dei ss. Vittore e Costanzo, il quale era stato eretto da principi longobardi, dovette poi nel 1091 far trista prova della sua risoluta volontà di beneficar gli ecclesiastici, di favorirli e proteggerli contro i loro avversarii, o contro quelli ancora a cui i disordini e l'indisciplina dell'uno e dell'altro clero davan motivo di scandalo

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e di sollevazione. Fin dai primi anni del regno di Arrigo IV, sedendo ancora pontefice Alessandro II e parimente ancora vivendo il dotto e santo cardinale Pier Damiano, la contessa di Torino Adelaide avea donato ai monaci nuovamente stabiliti in Asti una chiesa da' suoi maggiori edificata in quella città, assai bella e magnifica per quei tempi, convenientemente dotata, e posta sotto il patrocinio del martire s. Secondo. I privilegi e le ricche entrate concedute a quei monaci eccitarono gelosie e discordie nel clero e nel popolo, per effetto delle quali gli Astesi si sollevarono contro il loro vescovo, ch'era Oddone figliuolo della marchesana Adelaide e lo costrinsero a cercar colla fuga scampo e salvezza. Si credette Adelaide in dovere di pigliarne la protezione, e di vendicarne tosto la gravissima ingiuria. Armati adunque i militi torinesi, e gli altri degli stati suoi, andò piena di mal talento contro gli Astesi, strinse d'assedio la loro città; entrovvi a forza; fece prender la fuga agli abitanti, e ne mandò le case in fiamme, cosa troppo facile allora, essendo per la più parte costrutte di legname e coperte di paglia, come erano quelle di parecchie altre città, ove gli abitanti non erano privilegiati a costrurre le loro magioni solidamente con mattoni, sassi, calcina, o gesso. Questa severissima punizione fu stimata effetto disdegno più donnesco che religioso; ma diede a conoscere quali fossero le disposizioni di quell'illustre marchesana nelle pubbliche emergenze.

Morte di Adelaide.

-

XXII.

Guerre per la successione degli stati di lei.
Sono vinti dal

I Toriuesi, per ottener libertà, si ribellano.

loro marchese, ma non domati. Si riordinano finalmente a go

verno popolare.

Adelaide, oppressa dagli anni e dalle cure incessanti, cessò di vivere alli 19 dicembre dell'anno 1091. Il nostro Denina parlando di quest'inclita principessa dice ch'ella negli ultimi anni suoi, esclusa dalle paterne ed avite possessioni, si rifugiò primieramente in Valperga, castello insigne dei conti del Canavese; poi in ultimo luogo, per tema forse d'essere 21 Dizion. Geogr. ec. Vol. XXII.

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