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nella sua qualità di delegato pontificio lanciava una tale scomunica con sentenza del 14 dicembre dell'anno 1232.

I miseri Testonesi cercarono allora, ed ebbero un rifugio nei casali dell'ospizio di s. Egidio, ch'era discosto un mezzo miglio dalla loro patria barbaramente distrutta; e frattanto i Torinesi spedirono deputati a Milano, di cui era grande la possa, per averne un pronto e valido soccorso che loro fu conceduto. Ed in vero comparve presto nel Monferrato (1230) un esercito milanese, che tolse al monferrino Principe il luogo di Mombaruzzo e lo diroccò, ed indi traversando l'Astigiana fecevi molti guasti alle campagne: venuto poi agli infelici Testonesi, li soccorse di viveri, e loro fornì gli opportuni mezzi di edificarsi novelle abitazioni presso quel borgo di s. Egidio, ove sorse il paese che pigliò il nome di Moncalieri.

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I Milanesi inoltratisi quindi nel Piemonte, rovinarono le terre del marchese di Saluzzo, atterrarono Pedona, ora borgo s. Dalmazzo, s'impadronirono di Cuneo, e vi edificarono una fortezza contro i tentativi del marchese di SaJuzzo, il quale unitamente ai marchesi di Monferrato, di Ceva e di Busca, erano uniti a Tommaso I, e agli alleati di lui. Le truppe lombarde in queste loro scorrerie furono alfin sorprese dalle soldatesche di Savoja, e da quelle degli anzidetti marchesi, e pienamente sconfitte colla perdita di Uberto da Ozzino, da cui erano esse condotte. L'anno dopo ritornò in Piemonte un nuovo esercito insubre, alla cui testa trovavasi un Arrighetto Marcellino, che devastò l'eporediese contea, e venne a stringere d'assedio la piazza di Chivasso ; ma avendo ivi perduto la vita, i suoi soldati si sbandarono nè più poterono raccozzarsi.

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Dacchè il sabaudo conte Tommaso ebbe vinti i suoi nemici, andò nei proprii stati d'oltremonti; ed ivi aggiustati alcuni affari di giurisdizione coi baroni e coi comuni, si ricondusse in Piemonte, l'anno 1252, e pensò che prima di accostarsi alle altre piazze, e specialmente a Torino, sarebbegli giovato di assalire il novello Moncalieri: incontrovvi per altro quella resistenza che non s'aspettava: giacchè era stato fortificato e munito di buon presidio per cura dei Torinesi e dei loro alleati; ed inoltre i tempieri di

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s. Egidio si erano posti a difendere gagliardamente il ponte sul Po: ciò non di meno l'anzidetto conte venne a capo di cacciarneli e d'impadronirsi della torre che a mezzo il ponte sorgeva. Laonde il presidio della piazza trovandosi stretto da ogni parte, ed essendogli venute meno le vittovaglie, si giudicò dal consiglio che il comune dovesse prontamente sottomettersi al conte Tommaso: il quale tosto che si vide tranquillo possessore di Moncalieri, venne a circondare con le sue numerose truppe Torino; ma durante siffatto assedio fu colto da una malattia, per curare la quale credette che gli fosse utile il recarsi nel vicino Moncalieri, ove cessò di vivere l'anno seguente. La salma di lui venne quindi trasportata alla badia di s. Michele della Chiusa, ove fu sepolta.

Dalle cose or dianzi esposte è ben facile il ravvisare la inverosomiglianza di quanto narra il Guichenon wall'anno 1236 relativamente ai Torinesi, cioè ch'eglino in quell'anno si sottrassero dall'obbedienza del conte Tommaso 1, e si diedero a Bonifiacio marchese di Monferrato; che il conte perciò strinse Torino d'assedio, sconfisse gli Astigiani che venivano in soccorso degli assediati; e che quindi bloccata la città ripassò in Savoja; ivi raccolse nuove truppe; poi venne nell'aprirsi della primavera nella valle d'Aosta per ingrossare il suo esercito coi militi di quella vallea, e venire di bel nuovo sotto Torino per costringere gli abitanti alla resa, e che fu sorpreso in Aosta da una malattia gravissima che in pochi giorni lo trasse alla tomba. Ma il Guichenon non seppe pesare il grado di fede ch'egli doveva. ai cronicisti della Savoja sui quali fondavasi. Il Muratori ne' suoi annali d'Italia, l'anno. 1230, già fece le seguenti osservazioni: « Noi già vedemmo, dic'egli all'anno 1226, che Torino siccome città libera entrò nella lega di Lombardia e fu anche posta colle altre al bando dell'impero da Federico II imperatore in tempo che Tommaso conte di Savoja era uno de' suoi più favoriti. Nè può stare che gli Astigiani menassero soccorsi alla città di Torino, quando penavano a difendere se stessi da' Milanesi. Nè sappiam credere, continua il grande annalista, che Torino venisse in potere del marchese di Monferrato; che nulla ne seppe Benvenuto da

s. Giorgio; e se Torino fosse caduta nelle mani del marchese, principe così potente, avrebbe al certo saputo ben custodire così bella preda ».

Il Muratori non pose mente a ciò che diede origine alla falsa narrazione dei cronicisti di Savoja, da cui il Guichenon fu indotto in errore; e quantunque Benvenuto da s. Giorgio non rammenti questo fatto, è tuttavia certo che il marchese di Monferrato occupò Torino; perocchè to afferma lo stesso imperatore Federico II, che in sua lettera (presso Pietro delle Vigne lib. 2, cap. 49) ci fa sapere come avvenne l'occupazione di Torino fatta da quel marchese; & ci narra eziandio che questi nè potè godere della sua breve occupazione, nè il popolo torinese gli si volle arrendere. Che poi il monferrino Principe abbia pagato il fio di questa occupazione fatta per tradimento cel dimostra il medesimo Imperatore in un'altra sua lettera; nella quale ei dice che non mancavano in Torino de' malcontenti; ma che gli stava molto cuore di conservare questa città della quale teneva al governo un suo capitano, cui ordinò poscia di liberare certi prigionieri, perchè il conte di Savoja lo avea di ciò richiesto, perchè tra i medesimi si trovavano alcuni degli uomini suoi.

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Il cielo aveva conceduto al conte Tommaso I quel genere di terrena felicità che i patriarchi riguardavano come una grazia segnalata, vale a dire una famiglia bella, numerosa, bene educata, e teneramente unita. Dalla prima sua moglie, che fu Beatrice di Geneva non avea avuto prole; essendo passato a seconde nozze con Margherita del Fossigni, ebbe da lei nove figli, cioè Amedeo IV, che gli succedette; Umberto, che morì giovane; Tommaso II conte di Fiandra capo del ramo de' principi d'Acaja; Aimone, morto figliuolanza; Guglielmo vescovo di Liège; Amedeo vescovo di Moriana; Pietro conte di Savoja; Filippo, eziandio conte di Savoja; e Bonifacio arcivescovo di Cantorberì, e generale delle armate pontificie. Dalla stessa sua consorte Margherita ebbe Tommaso I sette figliuole, di cui quattro contrassero splendidissimi maritaggi: di esse Beatrice, che diede la mano di sposa a Berengario, conte di Provenza, e tenne in Aix una corte riguardata come l'asilo delle scienze e delle let

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tere. Una delle sue sorelle fu Imperatrice, ed altre si ma-
ritarono a Re.

Prima di compiere questo capo, giova osservare che il
grand'esempio delle città lombarde, le quali strettamente si
collegarono per infrenare l'abborrita possanza dei cesari, e
dei loro ministri facea sì, che in sul finire del secolo XII
non poche famiglie del grosso borgo di Vico, toltesi all'ob-
bedienza del vescovo d'Asti si rifuggiavano sul vicino sel-
Voso monte, ove si conducevano eziandio molti abitatori
de' luoghi circostanti; e vi si mantennero poi contro le forze
del vescovo con tanta vigoria, ch'egli nel 1198 finì per ri-
conoscere la legalità del loro novello comune, che prese
allora il nome di monte di Vico, raccorciato quindi in
quello di Mondovì. Già verso la metà del secolo xu i ca-
stellani di Boves, Borgo s. Dalmazzo, Cervasca, Quaranta,
Caraglio, e di altre circonvicine ville, ne tribolavano con
modi tanto barbari le popolazioni, che queste armavansi
finalmente ed insieme riunite vendicavansi dei loro oppres-
sori, e lasciate quindi le patrie loro si rifuggivano in un
luogo, che formava un'acuta punta colà ove si congiungono
i due fiumi Stura e Gesso: in quel luogo si costrussero
novelle case, e in non molto tempo ivi sorse una città de-
nominata Cuneo dalla figura di sua situazione.

Parimente nella prima metà del secolo xi sorgeva un'altra nuova città, cioè quella di Fossano, per opera di molti cospicui casati della vicina Romanisio, di Villamairana, di Cervere, di Ricrosio, e di altri non distanti paesi.

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Ora le due novelle città di Mondovì e di Fossano non si
erano ancora ben costituite in forze, ed in governo libero
come esse bramavano, quando il marchese di Saluzzo elevò
pretensioni sopra di esse; se non che allora con soccorso e
sostegno furono pronti il comune e il vescovo d'Asti,
spedirono buone soldatesche contro il Saluzzese.
Nel 1230 Mondovì già collegavasi con Cuneo, Savigliano,
Vercelli, Alessandria e colle unite città dell'Insubria contro
i marchesi di Saluzzo, di Ceva, di Busca, del Monferrato, e
contro il conte di Savoja. La guerra desolava gran parte
del Piemonte; ed infine, addì 6 gennajo del 1234, il co-

25 Dizion, Geogr. ec. Vol. XXII.

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mune d'Asti, eletto arbitro, stabilì la pace fra le parti bel

ligeranti.

Sparte d

a di

desse

XXIX.

Amedeo IV; sua indule; fa pace coi Torinesi.

-

Accoglie in Torino Federico II. Ulteriori fatti e vicende di esso Amedeo e dell'imperatore Federico.

Il conte Amedeo IV era in età di trentasei anni, quando succedette al suo genitore Tommaso 1. Egli fu di miti costumi; ed il suo regno ci dimostrerà chiaramente ch'ei seppe far molto per la sua gloria, occupandosi per ogni modo a farsi amare da' suoi sudditi, e rispettare anche dai suoi nemici. Quando prese le redini del governo, i Torinesi continuavano la guerra non senza loro vantaggio: erano con essi Ugone Cagnola vescovo di Torino, che li persuadeva a non prestare omaggio ad Amedeo V, il comune di Pinerolo, l'abate di s. Maria di Pinerolo, Moncalieri che avea acquistata la sua libertà, ed i comuni di Piossasco, Barge, Bagnolo e di altre terre subalpine.

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Varii erano i motivi per cui i Torinesi, il loro vescovo e i loro alleati cercavano di soperchiare il conte Amedeo IV; ma questi possedeva il felice talento di 'convertire i suoi avversarii in altrettanti amici. Intavolò una triplice nego. ziazione. Cominciò togliere il marchece di Saluzzo Manfredo III alla lega torinese, lo fece abbracciare il suo partito e assicurossi della fedeltà di lui, dandogli in moglie lá sua figliuola primogenita Beatrice. I feudi di Busca, di Bernezzo, di Scarnafigi, di Barge formano la dote di Beatrice, e lo sposo ne riceve l'investitura. Il conte Amedeo nello stesso modo si rende benevolo Bonifacio marchese di Monferrato, nel cui appoggio si affidavano molto i Torinesi: gli promette in isposa Margherita sua secondogenita, e ottiene da esso un'assoluta rinunzia a tutte le sue pretensioni sopra Torino. Essendosi così guadagnato l'animo del monferrino Principe, la cui potenza era da lui grandemente temuta, gli riuscì più facile di piegare ad una riconciliazione il torinese vescovo Ugone, che voleva tenere il dominio temporale della sua diocesi, la quale comprendeva in quel tempo la mas

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